Regione del Veneto
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Speaker : PRESIDENTE
Colleghi, buongiorno.
Iniziamo la seduta odierna. Registratevi su Concilium perché vedo molti presenti in Aula che non sono ancora registrati.
“Approvazione dei verbali delle sedute precedenti”. Se non c’è nulla in contrario, li do per approvati.
“Comunicazioni del Presidente”: ho il congedo del Presidente Luca Zaia.
Per “Interrogazioni e interpellanze”, abbiamo quattro IRI.
Partiamo con la n. 301, della collega Guarda: “Ateneo Patavino e carenza di alloggi pubblici a favore degli studenti, non un fatto nuovo, ma quasi una triste ricorrenza che si aggrava di anno in anno: quali interventi specifici della Regione a salvaguardia del diritto allo studio degli studenti che scelgono l’Università di Padova?”.
Collega Guarda, prego.
Speaker : Cristina GUARDA (Europa Verde)
Grazie, Presidente.
Questa è un’interrogazione del 6 ottobre 2022, per cui essenzialmente circa undici mesi fa.
Premesso che in sede di risposta all’interrogazione a risposta immediata dell’ottobre 2021 avente oggetto “Università di Padova e alloggi per studenti fuori sede: quali interventi urgenti della Regione del Veneto?”, e n. 208, sempre dell’ottobre 2021, avente a oggetto “Padova: mancanza di alloggi per studenti, cosa intende fare la Regione perché non accada più?”, insieme con le consigliere Baldin, Ostanel, Camani, Bigon e Zottis, e i consiglieri Lorenzoni, Possamai e Montanariello, abbiamo riportato la risposta.
L’ESU di Padova ha comunicato di aver interloquito con i collegi universitari esistenti nel territorio di riferimento per agevolare la ricerca di alloggi da parte da parte degli studenti e, allo scopo, lo studio e la possibilità di attivare un sistema integrato che metta in contatto la domanda e l’offerta di alloggi per fornire agli studenti un servizio che consenta loro di avere un’offerta più ampia di posti letto.
Di omologo tenore, peraltro, sulla medesima questione, la risposta fornita dall’organo esecutivo alle interrogazioni a risposta immediata 203 del 2021, con oggetto: “Caro alloggi Università di Padova.
La Regione intende intervenire e n. 202, di pari data, con oggetto. “Alloggi per studenti universitari. Quali sono le intenzioni della Regione”.
Appreso e constatato che, a distanza di quasi un anno dal deposito dell’interrogazione in premessa, la situazione non è migliorata, anzi è sensibilmente peggiorata, con la presenza di 1.300 idonei non assegnatari dell’alloggio pubblico tra gli studenti che hanno scelto di iscriversi al prestigioso ’Ateneo. Tutto ciò, abbiamo interrogato l’Assessore Regionale all’Istruzione per sapere quali rimedi nell’immediato intende direttamente attivare, a fronte dell’ormai cronica carenza di alloggi da destinare agli studenti dell’Università di Padova.
Speaker : PRESIDENTE
Risponde l’assessora Donazzan.
Speaker : Ass.ra Elena DONAZZAN
Grazie, Presidente.
Allo scopo di incrementare l’offerta del servizio abitativo la Giunta regionale, per il tramite dell’ESU di Padova, ha posto in essere numerose azioni per incrementare il numero di alloggi a favore degli studenti universitari.
Molte di queste azioni si sono realizzate nel corso dell’anno 2022, in corrispondenza con l’emanazione dei diversi avvisi pubblici da parte del Ministero dell’Università. Sostenuti finanziariamente anche con risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Con l’istanza di cofinanziamento del 16 maggio 2022, l’ESU ha partecipato al bando applicativo della legge 14/11/2000, cosiddetta 338, n. 338, recante disposizioni in materia di alloggi e residenze per studenti universitari, approvato con decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca il 30 novembre 2021, n. 1257.
Nello specifico l’ESU ha rivolto domanda per: la realizzazione dei lavori di manutenzione straordinaria, nonché di efficientamento energetico; rinnovo degli arredi per la residenza universitaria Galileo Galilei, di proprietà dell’ESU, sita a Padova, in via Magarotto dal civico 9 al 16.
Il complesso residenziale è composto da 45 appartamenti, distribuiti su tre piani, per un totale di 60 posti letto; la riqualificazione della residenza San Silvestro, a seguito dei danni subiti per il sisma avvenuto nel 2012, in conseguenza dei quali è stata chiusa all’utenza. Un complesso residenziale composto da appartamenti con stanze singole e doppie in grado di garantire complessivamente n. 60 posti letto; l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione edilizia, manutenzione straordinaria e interventi di efficientamento energetico su una porzione dell’immobile del Collegio delle Missioni Africane, sito in via Giovanni da Verdara.
Inoltre l’ESU ha partecipato anche all’avviso pubblico di cui al decreto ministeriale 26 agosto del ’22, modificato con decreto ministeriale successivo, con cui sono state previste specifiche procedure di cofinanziamento con le risorse del PNRR, Misura 4, eccetera, destinate al conseguimento della disponibilità di posti letto per studenti universitari, tramite l’acquisizione del diritto di proprietà o comunque l’instaurazione di un rapporto di locazione a lungo termine oppure per finanziare interventi di adeguamento delle residenze universitarie.
L’ESU ha presentato istanza di cofinanziamento a fronte degli accordi di locazione conclusi a lungo termine per la gestione e il godimento dell’immobile Small Royal Hotel, sito in via Gattamelata a Padova, con una capienza di 40 posti letto; immobile sito in via Minio a Padova, 22 posti letto; immobile sito in Viale 10 giugno, a Vicenza, 62 posti letto.
Con il decreto ministeriale del 28 novembre 2022 è stata approvata la graduatoria relativa agli interventi ammissibili a finanziamento tra i quali sono risultati cofinanziati tutti e tre gli interventi proposti dall’ESU di Padova.
Nel momento in cui si redige la presente risposta, quindi stiamo parlando del 22 agosto, l’ESU è in attesa di conoscere gli esiti dell’avviso scaduto l’11 luglio 2023, di cui al decreto ministeriale n. 469 del 12 maggio, finalizzato a potenziare l’offerta di posti letto a favore degli studenti.
L’ESU, pertanto, ha manifestato l’interesse di incrementare l’offerta di alloggi con adeguati interventi di finanziamento presso i seguenti immobili attualmente non utilizzati a causa della loro vetustà ubicati in prossimità delle sedi universitarie: la residenza Tartaglia, 116 posti letto, a Padova, la residenza Facciolati, 33 posti letto, a Padova.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie, Assessore.
Per la replica, collega Guarda, prego.
Speaker : Cristina GUARDA (Europa Verde)
Ringrazio l’assessore Donazzan per aver esposto questi dati, che sono sicuramente molto interessanti. Si apprezza lo sforzo rispetto a questo obiettivo. C’è una domanda che mi verrebbe spontanea anche confrontandomi con la collega Ostanel. Alla luce del fatto che il Piano nazionale di ripresa e resilienza mi sembra che preveda anche una parte di alloggi anche destinati all’affitto privato, sarebbe magari utile capire e approfondire ulteriormente quanti di questi elencati saranno destinati a una convenzione privata di affitto dallo studente e non alla tariffa agevolata ESU. Giusto per capire un attimino se è possibile avere questo dato.
Inoltre, ovviamente, questi dati, sebbene siano sicuramente interessanti e diano un approccio positivo, d’altra parte, però, rispetto ai 1.300 idonei non assegnatari dell’alloggio pubblico degli studenti che si sono iscritti all’Ateneo Patavino, è evidente che questi numeri, ossia 60 più 60, 22, 62 ed eventualmente, appunto, se l’esito dell’avviso pubblico scaduto l’11 luglio 2023 darà buon esito per i 116 posti e i 33, sono ben distanti dal rispondere ai 1.300 che sono idonei non beneficiari di alloggio. Quindi, questo ci dice come sia necessario, sia nella prossima tornata di bilancio che in una programmazione pluriennale, agire intensamente da un punto di vista economico e di impegno di programmazione politica in questa direzione.
Questa è l’unica osservazione che vorremmo portare – penso di poter parlare a nome anche degli altri sottoscrittori dell’interrogazione – ringraziando per l’impegno messo in atto, insieme a tutti gli uffici e a tutte le persone che sono intervenute, rilevando come questi numeri siano evidentemente in discrasia rispetto, ovviamente, all’alta richiesta di 1.300 studenti.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie.
Siamo ancora con la collega Guarda, IRI n. 368: “Fustelle e farmaci rimborsabili, nel vicentino presunta truffa ai danni del Servizio sanitario nazionale: quali accorgimenti per incrementare la prevenzione?”.
Prego, collega Guarda.
Speaker : Cristina GUARDA (Europa Verde)
Grazie, Presidente.
Il 1° marzo 2023 ho presentato questa interrogazione sulla scorta dei fatti rappresentati nell’ambito di un servizio giornalistico andato in onda il 28 febbraio 2023 nel palinsesto “Le Iene”. Si apprende, infatti, che nelle pertinenze di una farmacia del vicentino, di afferenza dell’ULSS 8 Berica, sarebbero state rinvenute delle confezioni integre di farmaci rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale e, tuttavia, prive delle etichette rimovibili a lettura ottica, o fustella, a indicare, ovviamente in via di ipotesi, che tali farmaci in realtà non siano mai stati consegnati agli assistiti, da ciò conseguendo l’ottenimento del relativo e indebito rimborso a carico del Servizio sanitario nazionale.
Rilevato che secondo la ricostruzione offerta dal menzionato servizio, nel quale si dà, peraltro, conto dell’intervento del Nucleo Antisofisticazione e Sanità dei Carabinieri di Padova, il titolare della farmacia, in relazione ai fatti riportati, è stato denunciato in relazione alla contestata ipotesi di truffa.
Evidenziato che l’intervento di cui in premessa troverebbe origine da una dettagliata comunicazione presentata in forma anonima e considerato che, fatto salvo quanto emergerà dagli approfondimenti giudiziari del caso, i fatti oggetto di contestazione in quanto posti in essere tramite artifici o raggiri per indurre l’Azienda ULSS a erogare il rimborso sono particolarmente gravi perché, oltre al danno patrimoniale e al danno all’immagine, minano alle fondamenta il funzionamento del rimborso erariale delle erogazioni farmaceutiche in quanto fondato sul reciproco affidamento.
Tutto ciò previsto, la sottoscritta Consigliera regionale interroga l’Assessore regionale alla sanità per sapere, rispetto a quanto sopraesposto, quali accorgimenti sono attualmente al vaglio o saranno al vaglio della Giunta regionale per incrementare i meccanismi di controllo al fine di prevenire fatti analoghi.
Grazie.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie.
Risponde l’assessore Lanzarin.
Speaker : Ass.ra Manuela LANZARIN
L’articolo 127 del Testo Unico delle leggi sanitarie approvato con decreto del 27 luglio 1934, stabilisce che nel corso di ciascun biennio tutte le farmacie debbano essere ispezionate dal medico provinciale che può anche compiere ispezioni straordinarie.
L’articolo 16 della legge regionale n. 31 dell’80 (n. 78), nell’attribuire all’ufficio per il Servizio farmaceutica di ciascuna Azienda USL la funzione ispettiva di vigilanza e controllo sulle farmacie pubbliche e private convenzionate, individua, nel responsabile del medesimo ufficio, la figura professionale sostitutiva del medico provinciale e ribadisce, conformemente a quanto stabilito dal citato articolo 127, l’effettuazione biennale delle visite ispettive ordinarie e straordinarie alle farmacie da parte di apposita Commissione costituita dal responsabile dell’Ufficio per il Servizio farmaceutico dell’Unità Sanitaria Locale, da un medico dipendente dell’Unità Sanitaria Locale e da un farmacista designato dall’Ordine dei farmacisti della Provincia.
Tale Commissione è individuata presso ogni azienda USL con propri provvedimenti e ad essa compete la vigilanza sulle farmacie del proprio territorio. L’attività ispettiva è uno strumento di controllo per garantire la qualità delle prestazioni farmaceutiche. Essa mira a verificare la conformità di tutti gli aspetti tecnico-amministrativi dell’attività farmaceutica, tra cui la corretta gestione dei farmaci, inclusa la ricettazione, l’organizzazione e l’idoneità dei locali, il possesso dei requisiti, la salubrità dei locali, la presenza delle apparecchiature e delle sostanze obbligatorie. Peraltro, con delibera di Giunta del 9 gennaio 2013, la Regione ha provveduto ad approvare il nuovo schema di verbale di ispezione presso le farmacie pubbliche e private convenzionate, che tra le altre identifica chiaramente la necessità di verificare da parte della preposta Commissione l’eventuale presenza di medicinali privi di fustella.
Il rapporto tra le farmacie aperte al pubblico e il Servizio sanitario nazionale è regolato dal decreto del Presidente della Repubblica dell’8 luglio 1998, Regolamento recante norme concernenti l’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con farmacie pubbliche e private.
In esso viene sottolineato l’importante ruolo professionale svolto dal farmacista nell’assicurare un servizio pubblico, sociale ed assistenziale. Il rapporto instaurato tra il Servizio sanitario nazionale farmacie non è solo di tipo economico, ma di collaborazione per la migliore utilizzazione delle risorse finanziarie, tecniche e professionali disponibili.
In accordo al sovrano richiamato il Regolamento, al farmacista è consentito asportare il bollino della confezione del medicinale solo al momento della spedizione della ricetta, con la contestuale consegna del farmaco all’assistito.
Tutto ciò premesso, posto che è in capo all’azienda ULSS la vigilanza sull’attività svolta per conto del Sistema sanitario nazionale delle farmacie del territorio, al fine di garantire la corretta gestione tecnico-amministrativa delle farmacie, la Direzione farmaceutica si è attivata per condurre un monitoraggio regionale annuale delle ispezioni effettuate dalle proposte Commissione aziendali sopracitate. Inoltre, è in corso un’azione di sensibilizzazione con gli Ordini professionali e le associazioni di categoria affinché promuovano azioni formative periodiche per la corretta applicazione della normativa vigente.
Speaker : PRESIDENTE
Per la replica, Guarda. Prego.
Speaker : Cristina GUARDA (Europa Verde)
Grazie, Presidente. Ringrazio l’Assessore. Sono soddisfatta della risposta.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie a lei.
Passiamo alla IRI 395 della collega Baldin: “Allarme scarlattina, ma manca l’antibiotico, la Regione intende intervenire?”
La collega Baldin la dà per letta. Risponde l’Assessore Lanzarin.
Prego.
Speaker : Ass.ra Manuela LANZARIN
Premesso che la carenza di antibiotici interessa la maggior parte degli Stati Membri dell’Unione Europea e il fenomeno è attentamente monitorato dall’Agenzia Europea del farmaco EMA, oltre Agenzia Italiana del farmaco AIFA, tramite i tavoli tecnici dedicati.
Le cause sono legate alla recente ondata di infezioni respiratorie la quale ha portato a un aumento della domanda di antibiotici come l’amoxicillina da sola, in combinazione con altri antibiotici, soprattutto nelle formulazioni pediatriche.
Inoltre, il problema è di capacità produttiva e ha generato forte difficoltà di approvvigionamento.
Nello specifico le formulazioni pediatriche di amoxicillina e di altri antibiotici per le quali la ditta titolare di autorizzazione all’immissione in commercio non ha dichiarato ad AIFA lo stato di carenza, ma che non risultano disponibili attraverso la rete distributori intermedi, possono essere richieste alle farmacie convenzionate, come previsto dalla normativa vigente direttamente alla ditta produttrice.
Infatti, vista la scarsa disponibilità del farmaco e per evitare fenomeni di accaparramento, che potrebbero privare alcuni pazienti la terapia, il farmaco è disponibile, ma è in distribuzione contingentata.
La ditta produttrice, pertanto, rende disponibile il farmaco alla farmacia che ne fa richiesta direttamente, ma fornendo le confezioni esattamente necessarie ai loro pazienti.
La problematica è stata portata all’attenzione della Commissione Tecnica Regionale Farmaci che, nella riunione del 18/5/2023 ha analizzato ed approvato la scheda informativa, carenza di terapia antibiotici alternative per le infezioni pediatriche più comune, redatta in collaborazione con la professoressa Tacconelli e la dottoressa Dalla Vecchia, Carraro Elena e Sibani Marcella della U.O.C. Malattie Infettive Tropicali dell’Azienda Ospedaliera, Università integrata di Verona.
Per far fronte alla carenza di antibiotici nella formulazione polvere per sospensione orale e ridurre il rischio di utilizzo inappropriato ad ampio spettro la scheda informativa propone alcune strategie: prescrivere preferibilmente le altre formulazioni di amoxicillina disponibili (come compresse solubili o masticabili) che possono essere utilizzate a dosaggio pediatrico, previa solubilizzazione, divisione e frantumazione.
Considerare la prescrizione di preparazione galeniche a base di amoxicillina, posto che il principio attivo come materia prima attualmente è carente. È possibile per le farmacie convenzionate effettuare una preparazione di sospensione per uso orale a partire da compresse/capsule.
Il prodotto galenico in applicazione alla normativa vigente è però a totale pagamento da parte del cittadino e il costo da sostenere potrebbe costituire un problema.
Prescrive delle alternative terapeutiche per le più comuni infezioni pediatriche. La scheda contiene una tabella con i principi attivi in ordine di preferenza secondo i principi degli antibiotici con dosaggi e stato attuale di presenza o carenza sul mercato.
Tale documento è stato redatto nel rispetto della prevenzione dell’antibiotico resistenza. In continuità con gli anni precedenti, la Regione Veneto segue le indicazioni del presente Piano nazionale di contrasto all’antibiotico resistenza 2022-2025.
Il documento è stato trasmesso alle aziende sanitarie e IRCCS, alle strutture private accreditate, agli Ordini provinciali dei medici, dei farmacisti, alle associazioni di categoria dei farmacisti, con nota alla Direzione farmaceutica in data 23.05.2023 con richiesta di ampia diffusione.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie, Assessore.
Per la replica, collega Baldin, prego.
Speaker : Erika BALDIN (Movimento 5 Stelle)
Ringrazio della risposta l’Assessore. Mi dichiaro soddisfatta. Non ho null’altro da aggiungere. Grazie.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie.
Passiamo alla IRI n. 417 della collega Ostanel: “La Regione condivide che degli studenti garantiscano la sicurezza antincendio all’interno delle residenze ESU di Padova al posto degli addetti al portierato”.
Un attimo solo, collega Ostanel.
Bene. Prego, Ostanel.
Speaker : Elena OSTANEL (Il Veneto che Vogliamo)
Grazie, Presidente. Buongiorno, Assessore.
Questa è un’interrogazione che ho presentato quando ho saputo che su Padova, per quanto riguarda l’ESU e i servizi di portierato, c’era la preoccupazione, anzi la certezza, che sarebbero stati tagliati cinque posti di lavoro del servizio di portierato in ESU, per togliere quindi anche parallelamente un turno di guardiania e quindi sicurezza, tra l’altro in una situazione che avevo già portato in quest’Aula perché, come lei sa, chi lavora nel servizio di guardiania, in particolare attraverso l’appalto CIVIS, prende un salario di 3,96 euro l’ora netti. Chi lavora in questi servizi di portineria oggi prende questo salario che, diciamo, per usare un eufemismo, non è assolutamente minimo, come lei sa.
A partire da questa situazione, la preoccupazione qual era? Era quella di vedere che, siccome ad alcune persone che già prendono questo stipendio assolutamente improponibile, venivano poi addirittura tolti cinque posti di lavoro, parallelamente usciva la notizia che ESU garantiva il 10% di sconto agli studenti che stavano dentro il servizio di ESU per il posto letto, quindi il 10% di sconto annuale se partecipavano ad un corso di antincendio. Allora, facendo due più due, avendo una preoccupazione, quello che si pensava era che si togliessero dei posti di lavoro per dare la sicurezza antincendio, invece, a degli studenti in cambio di uno sconto nel posto letto.
L’interrogazione, allora, chiede se questo è vero, se la Regione intendeva andare avanti a permettere questa cosa, se fosse stata vera, e quindi oggi io spero di avere da lei la conferma che questo non solo non è vero, ma che si sta prendendo un provvedimento sia per garantire il servizio di portineria con persone formate, sia per non mettere gli studenti in difficoltà.
Grazie.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie.
Risponde l’assessore Donazzan.
Speaker : Ass.ra Elena DONAZZAN
Grazie, Presidente.
L’ESU di Padova garantisce il servizio abitativo agli studenti universitari tramite quattordici residenze, all’interno delle quali è operativo il servizio di guardiania, svolto sia da personale posto alle dipendenze dell’ESU, sia da personale dell’associazione temporanea di impresa costituita dalle ditte Sicuritalia e gruppo CIVIS.
L’ESU, con decreto del direttore del 2 luglio 2020, ha aderito alla convenzione del soggetto aggregatore regionale di Azienda Zero, alle condizioni previste dal bando e dall’offerta di gara per l’affidamento dei servizi di vigilanza attiva e attività correlate di guardiania, e ha concluso i contratti dei servizi con le società CIVIS - Centro italiano di vigilanza interna e stradale Spa e Sicuritalia - Servizi fiduciari società cooperativa, a decorrere dal 1° agosto 2020 e fino al 31 luglio 2023.
Considerato che il 31 luglio è scaduto il contratto, nelle more di una nuova gara di appalto, l’ESU ha concluso un nuovo contratto temporaneo con le medesime società e previsto la riorganizzazione del servizio di guardiania con l’avvio del nuovo anno accademico 2023/2024. È stato disposto che il servizio di guardiania sia attivo ventiquattro ore al giorno nelle residenze, con una dotazione di posti letto superiore a duecento unità, Copernico, Cittadella, Colombo e Ceccarelli, e 8-9 ore al giorno, indicativamente sino alle ore 15.30, nelle altre sei strutture di dimensioni più limitate, ma con un numero di posti letto superiore a venticinque, Goito, Carli, Nievo, Cornaro, Gattamelata e San Raffaele. Nelle altre quattro piccole residenze detto servizio non è stato previsto.
Tutte le residenze universitarie saranno, inoltre, dotate di un servizio di videosorveglianza, collegato ad una sala operativa dell’azienda, il cui personale sarà tenuto ad intervenire in caso di necessità. Per garantire la maggiore tempestività e sicurezza degli interventi che si dovessero rendere necessari, il servizio di videosorveglianza sarà collegato anche con una delle residenze nelle quali il servizio di guardiania è operativo ventiquattro ore al giorno.
La nuova organizzazione del servizio consentirà all’ESU di realizzare un risparmio di 400.000 euro l’anno che potranno essere destinati per sostenere i servizi a favore degli studenti.
La sicurezza antincendio all’interno delle residenze universitarie continua ad essere garantita con le figure e con le misure individuate dall’ESU, necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell’evacuazione dei luoghi di lavoro, ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81.
Con il nuovo anno accademico l’ESU ha introdotto la possibilità di selezionare fino a cinque studenti per ogni residenza, i quali svolgono attività di supporto alla portineria e al responsabile della residenza relativamente alla sola gestione degli allarmi antincendio.
La loro collaborazione non sostituisce l’attività che per legge l’ESU è tenuto a garantire ai fini della sicurezza della prevenzione degli incendi, bensì va considerata quale ulteriore attività che rafforza e tutela la sicurezza all’interno delle residenze universitarie.
Per quanto attiene il salario dei lavoratori delle società con le quali l’ESU ha concluso l’appalto per la gestione del servizio, la fonte del trattamento economico è il Contratto collettivo nazionale di lavoro loro applicato, che è quello per dipendenti da istituti, imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari, sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie.
Per la replica, collega Ostanel.
Speaker : Elena OSTANEL (Il Veneto che Vogliamo)
Grazie, Presidente.
Ringrazio per la risposta che mette nero su bianco almeno la parte rispetto al fatto che gli studenti non sono sostitutivi di un servizio che deve essere garantito da chi invece ne ha la competenza.
La questione che però rimane aperta è che la guardiania non viene garantita in tutte le strutture ESU, e soprattutto che permane, lo vediamo nella frase finale di questa risposta, che il salario, che prima citavo, di 3,96 euro netti all’ora, da quanto io qui leggo, rimane semplicemente perché abbiamo deciso di fare in modo che un servizio di guardiania venga appaltato attraverso gare al massimo ribasso.
Ricordo che in quest’Aula abbiamo invece votato un ordine del giorno che avevo proposto, proprio per dire che le gare dei servizi che vengono gestiti su enti a controllo regionale come gli ESU non devono essere sottoposti a gare al massimo ribasso, dove i lavoratori che fanno la guardiania prendono 3 euro – lo ripeto per l’Aula – 3,96 euro l’ora netti.
Io mi chiedo se nei servizi di portierato chi lavora per CIVIS, o Sicuritalia, e tra l’altro abbiamo anche qui vicino degli esempi, debbano e possano, se sia lecito prendere 3 euro e 96 centesimi netti l’ora.
Sinceramente, che questo sia stato anche sottoscritto, credo sia assolutamente sbagliato. Credo che questo debba essere preso in carico da quest’Aula e dalla politica, e non continuare semplicemente a scriverlo nero su bianco come se fosse un dato di fatto.
Se ci sono delle persone che prendono questo salario in questo Paese, devo dire, e in questa Regione, abbiamo un problema grave rispetto alle residenze senza guardiania, quindi senza un servizio di portierato, quindi quelle che vengono definite, in questa risposta, come piccole.
Andremo a verificare e continueremo a verificare che la sicurezza degli studenti venga garantita.
Io credo, tra l’altro, che garantire il 10% di sconto sul posto letto facendo in cambio un servizio di antincendio in ogni caso sia una cosa che porta gli studenti a pensare che facendo un lavoro si possa avere uno sconto sul diritto allo studio quando, in realtà, il diritto allo studio dovrebbe essere garantito per tutto. Già lavorano fuori, Assessore Donazzan, per pagarsi gli studi e non sono tutti studenti ricchi come lei crede.
Speaker : PRESIDENTE
Bene. Passiamo alla parte legislativa della giornata.
Siamo al punto n. 6, PDL 209: “Giudizio di meritevolezza. Istituzione del nuovo Comune denominato Santa Caterina d’Este mediante fusione dei Comuni di Carceri e Vighizzolo d’Este, in provincia di Padova.
Relatore, il collega Corsi.
Prego.
Speaker : Enrico CORSI (Liga Veneta per Salvini Premier)
Buongiorno a tutti. Stiamo parlando di un progetto di legge, n. 209, d’iniziativa della Giunta regionale, relativo all’istituzione di un nuovo Comune denominato Santa Caterina d’Este, mediante fusione dei due Comuni: di Carceri e Vighizzolo d’Este, nella Provincia di Padova.
Preso atto che gli Enti territoriali interessati hanno manifestato parere favorevole alla fusione, prevista nel progetto di legge 209, con i seguenti atti: deliberazione del Consiglio di Carceri, n. 7, del 13/3/2023 e del Comune di Vighizzolo d’Este del 13/3/2023.
Visto il parere favorevole espresso all’unanimità nella seduta del 12 giugno 2023 dal Consiglio delle Autonomie Locali.
Preso atto che nella seduta del 7 giugno la Prima Commissione consiliare ha provveduto a far illustrare le motivazioni a sostegno del progetto di fusione ai Sindaci dei rispettivi Comuni.
Dato atto che nella seduta del 12 luglio 2023 la Prima Commissione consiliare ha provveduto ad audire alcuni Consiglieri di opposizione dei due Comuni, il Sindaco del limitrofo Comune di Ponso nonché rappresentanti di associazioni di cittadini di entrambi i due Comuni, al fine di apprendere le rispettive contrarietà e motivazioni del progetto di fusione, formalizzate con nota in data del 15 e del 16 giugno 2023, atteso che, ai sensi dell’articolo 5, comma 3, della legge regionale 24 dicembre 1992, n. 25, ai fini dell’espressione del giudizio di meritevolezza da parte del Consiglio regionale a competente Commissione consiliare deve acquisire i pareri dei Consigli comunali interessati a svolgere ogni atto istruttorio in base al quale formulare una relazione al Consiglio affinché questo possa decidere circa l’esistenza dei requisiti formali e delle ragioni civiche e di opportunità storico, culturali, sociali, economiche e/o funzionali istituzionali di realizzazione dei servizi che sono fondamento della variazione proposta, considerato che lo studio di fattibilità sulla fusione in esame ha fatto emergere un insieme pur univoco di elementi, fra i quali anche elementi coerenti a sostegno del percorso di unificazione dei Comuni di Carceri e Vighizzolo d’Este.
In particolare, sui seguenti aspetti la nuova struttura organizzativa del Comune unificato comporterà un’ottimizzazione delle gestioni delle risorse umane e la riduzione degli adempimenti degli atti di adozione, senza escludere la istituzione di sportelli decentrati per l’utenza debole.
La riorganizzazione della nuova dotazione organica beneficerà dell’introduzione di figure di diversa specializzazione, tra cui anche un agente di Polizia locale, il miglioramento dell’organizzazione dei servizi per l’infanzia educativi con lo scopo di consolidare l’attuale offerta degli stessi a fronte di possibili riforme statali che devono gestire la riduzione della domanda per la denatalità, la realizzazione di percorsi ciclopedonali per creare un argine di collegamento fra le aree abitative degli attuali Comuni in linea con le esigenze di tutela dell’ambiente.
Ricordato altresì che anche il Piano di riordino territoriale di cui all’articolo 8, commi 8 e 10, della legge regionale n. 18 del 2012 sia quello dello Stato vigente, approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 1.417 del 2013.
Preso atto che nella seduta del 26 luglio 2023 la Prima Commissione consiliare, udite, ovviamente, come ho detto prima, le figure interessate, ha espresso a maggioranza parere favorevole, alla luce della normativa sopraindicata i Sindaci dei Comuni di Carceri e Vighizzolo d’Este in provincia di Padova, in data 29.03, hanno ufficializzato alla Giunta la richiesta di rendersi promotori di una proposta legislativa di fusione dei suddetti Comuni a istituzione di un nuovo Comune denominato Santa Caterina d’Este, trasmettendo i seguenti provvedimenti aventi il medesimo oggetto, deliberazione del Consiglio comunale del 13.03.2023 e deliberazione dell’altro Consiglio comunale del 13.03.2023, tali deliberazione sono state pubblicate sull’Albo pretorio online dei rispettivi Comuni per quindici giorni consecutivi e sono diventate esecutive ai sensi della legge, così come attestato dai certificati di esecutività trasmessi nel periodo di pubblicazione sull’Albo pretorio non sono pervenute osservazioni di opposizione. I Consigli comunali dei due Comuni, valutate le ragioni storiche, geografiche, politiche ed economiche, hanno deciso di avviare tutte le procedure burocratiche ed amministrative per ottenere la fusione in un unico Comune. Al fine di rafforzare tale decisione, hanno fatto redigere uno studio di fattibilità per la fusione, chiedendo nel tempo alla Regione Veneto l’avvio dell’iter previsto dalla richiamata legge n. 25 del 1992, dopo aver sentito il parere delle popolazioni tramite referendum per poter pervenire alla fusione.
Alcuni dati storici: il Comune di Carceri ha 1.404 residenti attualmente e il Comune di Vighizzolo d’Este ne ha 866. L’unificazione dei due Comuni porterebbe a una popolazione di 2.350 abitanti e rientrerebbe, pertanto, nella soglia demografica dei 3.000 abitanti.
Le motivazioni generali che hanno ispirato questo percorso di fusione sono sostanzialmente quelle che ho elencato prima, alle quali ovviamente si unisce il fatto che l’unificazione porterebbe a maggiori risorse per i due Comuni nei dieci anni successivi, pari a quasi 5 milioni di euro. Ovviamente, nell’ambito della riorganizzazione degli uffici è già stato progettato un polisportello, presente in entrambi i Comuni, che garantirebbe i servizi comunali a livello decentrato, evitando possibili disagi alla popolazione. Tale soluzione consentirebbe, tra le altre cose, la tutela della cosiddetta “utenza debole”, che richiede la presenza di uffici quanto più vicini al cittadino.
Passando ad esaminare i benefìci economici della fusione, si osserva innanzitutto che nell’arco di un decennio, come ho detto prima, i due Comuni unificati porterebbero poi a una risorsa di quasi 5 milioni di euro.
Tale attività ha avuto una prima fase nell’estate 2022 con le assemblee pubbliche di presentazione dell’ipotesi di fattibilità della fusione dei Comuni: gli incontri con le popolazioni dei due Comuni sono stati molto partecipati e hanno portato ad un responso pari per quanto riguarda Carceri al 79,7% e per quanto riguarda Vighizzolo d’Este al 77%. Perciò, c’è stata una forte adesione nella costituzione di un nuovo Comune che si chiamerà Santa Caterina d’Este.
Ritenuto quanto sopra, in particolare a fronte del quadro normativo di contesto di una conseguente disciplina regionale orientata a favorire il superamento, anche progressivo, delle situazioni di frazionamento territoriale, in primis ricordando che ai percorsi di fusione si esprime giudizio positivo circa la meritevolezza della prosecuzione dell’iter legislativo – visti gli articoli 117 e 133 della Costituzione; visto l’articolo 15 del decreto legislativo del 18 agosto 2000; visto l’articolo 12 della legge regionale statutaria; visto l’articolo 5, commi 2 e 3 della legge regionale 24 dicembre 1992; visto il piano di riordino territoriale di cui all’articolo 8, comma 8 e 10, della legge regionale – di ritenere, per le ragioni indicate in premessa, e qui recepite quale parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, meritevole di prosecuzione dell’iter legislativo del progetto di legge 209 d’iniziativa della Giunta regionale relativo all’istituzione del nuovo Comune denominato Santa Caterina d’Este mediante la fusione dei Comuni sopracitati, e di esporre la pubblicazione della presente deliberazione nel Bollettino Ufficiale della Regione (BUR) ai sensi della legge regionale del 27 dicembre 2011 n. 29.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie, Consigliere.
Ha chiesto di intervenire la correlatrice, Camani.
Speaker : Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)
Grazie, Presidente, buongiorno colleghi.
Effettivamente, come ha bene illustrato il fine conoscitore della Bassa Padovana, collega Enrico Corsi, quello a cui siamo chiamati oggi non è l’approvazione di un iter di fusione ordinario, in cui la condivisione parte dal territorio e arriva in quest’Aula come una sorta di presa d’atto rispetto ad una volontà univoca e omogenea.
Noi oggi siamo chiamati invece ad esprimere un giudizio di meritevolezza. Dovremmo cioè valutare se effettivamente la richiesta che ci arriva dai Consigli comunali di Vighizzolo e di Carceri sia una richiesta che merita l’attenzione del Consiglio regionale e l’impegno del Consiglio e della Giunta nell’agevolare questo processo di fusione.
Questo avviene perché, molto semplicemente, neppure nei Consigli comunali di Carceri e di Vighizzolo c’è stata l’unanimità, la condivisione piena rispetto a questa proposta di fusione. Quindi oggi siamo chiamati non tanto semplicemente ad accogliere e supportare il processo ordinario di una fusione tra Comuni, ma siamo chiamati a ponderare una scelta a decidere se vogliamo essere un legislatore regionale che vuole governare il territorio, che ha l’onore e l’onere di amministrare.
Siamo chiamati a ponderare. A bilanciare le valutazioni che faremo. Cercando di trovare l’equilibrio tra il favore, che è sempre, diciamo, almeno nelle intenzioni del legislatore regionale, ma anche nazionale, rispetto a processi di fusione e quindi di razionalizzazione della governance territoriale, ma anche con la capacità di costruire una organizzazione territoriale, appunto, che sia coerente con le ambizioni e gli obiettivi che a livello regionale ci vogliamo porre. Dobbiamo cioè ponderare fino a che punto la promozione che la Regione può fare per definire livelli efficienti di governance territoriale si commisura con tentativi strumentali, che dovremmo rigettare, di piegare le istituzioni e i processi democratici agli interessi personali dei singoli amministratori locali o dei singoli territori. Non è una scelta banale, insomma. Mentre quando i Consigli comunali si esprimono all’unanimità, noi, a mio giudizio, abbiamo il dovere di tenere conto della volontà generale emersa dai territori.
In questo caso noi saremmo chiamati ad assumerci una responsabilità, divenendo, da un lato, diciamo responsabili di ciò che accadrà su quel territorio, dopo la nostra decisione, anche perché se prendiamo oggi una decisione sbagliata, scarichiamo su quel territorio un costo che avrà delle conseguenze e degli effetti, poi cercherò di spiegare quali. Lo dico in particolare pensando alla bassa padovana, relatore Corsi, che è un territorio complicato sia dal punto di vista economico e sociale, ma anche dal punto di vista istituzionale. Tantissimi Comuni, tantissimi piccoli Comuni che presentano, in generale, una difficoltà media elevata nell’erogazione di servizi adeguati ai propri cittadini.
Quindi noi stiamo andando a mettere le mani in un territorio già provato da un livello occupazionale ed economico complicato e da un livello istituzionale fortemente frammentato, figlio anche dei personalismi che sulla pelle di quel territorio, in questi anni, hanno contribuito a indebolire ulteriormente quella zona della provincia padovana.
Allora abbiamo scoperto, proprio durante l’importante fase di analisi e istruttoria, che insieme al presidente Sandonà abbia condotto in Prima Commissione, abbiamo compreso le ragioni sulla base delle quali le opposizioni nei Consigli comunali, le minoranze, hanno votato contro a questa proposta di fusione. Le ragioni erano semplicemente il fatto che questa proposta è stata una proposta non condivisa con le Istituzioni, i Consigli comunali, neppure con la cittadinanza; una proposta emersa molto recentemente, costruita tutta dentro le stanze del potere di Carceri e scaricata poi sui Consigli comunali.
Abbiamo scoperto che non solo i Consiglieri di minoranza e la cittadinanza di quei due Comuni erano stati adeguatamente coinvolti, ma abbiamo scoperto anche che i Comuni contermini, gli altri piccoli Comuni che stanno attorno a Vighizzolo e attorno a Carceri, che, a nostro giudizio, in maniera virtuosa, avrebbero potuto essere coinvolti in un processo di fusione più ampio, non sono stati coinvolti.
Abbiamo audito in Commissione il Sindaco di Ponso, un Comune contermine a quelli che chiedono la fusione, che ha ufficialmente testimoniato alla Prima Commissione che sarebbe stato disponibile a partecipare al percorso di fusione proposto, se coinvolto per tempo, e che lo è tuttora, tant’è che abbiamo chiesto come mai anziché sospendere questa richiesta e provare a costruire le condizioni per un processo di fusione più ampio, ci fosse, invece, tutta questa fretta, escludendo un Comune che ha esplicitamente detto che sarebbe stato disponibile, insieme a Carceri e a Vighizzolo, a condurre questa fusione.
Quindi, è un processo allargabile che noi dobbiamo valutare in questa fase e chiederci perché Carceri ha necessità oggi di chiudere velocemente, senza l’unanimità del suo Consiglio comunale, questa richiesta di questo processo di fusione. Poi, cercherò di dirvi perché, secondo me, il Comune di Carceri, il Sindaco di Carceri, ha fretta di farlo.
Questo è il contesto generale in cui noi dovremmo andare a esprimere il nostro giudizio di meritevolezza, cioè se merita l’impegno, l’attenzione del Consiglio regionale questa proposta: opposizioni non coinvolte, cittadinanza non coinvolta, Comuni contermini non coinvolti.
I dati del territorio. Facciamo finta che tutto quello che ho detto finora non esiste. Ha senso la fusione, la proposta di fusione tra Carceri e Vighizzolo? Stiamo parlando di due piccoli Comuni che anche qualora il processo di fusione andasse a buon fine realizzerebbero comunque un Comune ampiamente al di sotto dei 3.000 abitanti.
Ci siamo detti, lo dice il legislatore nazionale, lo dice questo Consiglio regionale in diverse deliberazioni, lo diremo tra poco quando andremo a discutere il Piano di riordino territoriale aggiornato, proposto dall’assessore Calzavara e dalla vostra Amministrazione regionale, che i Comuni con meno di 3.000 abitanti non hanno senso di essere, perché non sono in grado di avere i parametri di efficienza tali da poter garantire servizi adeguati ai cittadini. Allora, io mi chiedo qual è la meritevolezza di agevolare un processo di fusione tra due Comuni che alla fine, anche qualora andasse tutto bene, vanno a costituire un Comune da 2.300 abitanti e quanto, invece, non sarebbe stato più utile costruire le condizioni, verificare le condizioni, testimoniate dal Sindaco di Ponso, di andare a proporre un’aggregazione più ampia che consentisse all’eventuale nuovo Comune almeno di superare la quota dei 3.000 abitanti, che è considerata da tutti gli studi la quota minima per poter costituire un Ente territoriale efficiente. Tanto che, in più, nello studio di fattibilità Carceri e Vighizzolo già ci dicono che sono talmente convinti di questa fusione che prevedono, comunque, di mantenere le due municipalità. Quindi, non solo andiamo a costituire un Comune da 2.300 abitanti, ma già ci dicono che ci sarà il Municipio di Vighizzolo e il Municipio di Carceri. Questo a dimostrazione – è scritto nello studio di fattibilità – di come la necessità di un approfondimento maggiore sia necessario.
Vi è, poi, tutta la discussione, interessante, nello studio di fattibilità sul tema della denatalità e di quanto la curva del calo demografico impatti sul territorio in generale e in particolar modo su territori complicati come la Bassa Padovana. Quindi, i Sindaci di Vighizzolo e di Carceri sostengono che per contrastare la bassa natalità e per offrire migliori servizi alla non autosufficienza un Comune così grande sarà più adeguato. Intanto bisognerebbe spiegare al Sindaco di Carceri e al Sindaco di Vighizzolo che tutti i servizi sociali erogati dal Comune non sono erogati in via unitaria, ma saranno erogati dagli ATS o da quelle Unioni di Comuni che verranno individuate – speriamo quanto prima – dalla Regione del Veneto. Ma è chiaro che un Comune di 2.300 abitanti è impossibile che sia in grado di impattare sulle dinamiche della natalità e della denatalità di un Comune. Addirittura i Sindaci prefigurano che rispetto a questo nuovo grande Comune che andremo a istituire dovrebbe esserci la necessità di affrontare una media di 15-20 nati l’anno.
Tant’è che una serie di milioni di euro di quei 4,2 che arriveranno grazie alla fusione, giustamente su cosa li vogliono investire? Su un nuovo asilo-nido, perché per 15-20 nati l’anno in un Comune da 2.300 abitanti, non vogliamo costruire un asilo nuovo? Sembra geniale come modalità di investire in maniera efficace le risorse nostre, dello Stato e della Regione che andiamo a destinare a quei Comuni.
Attenzione, attenzione a proposito di un uso efficiente delle risorse: persino le pro loco, lo dicono nella relazione, che attualmente sono due, rimarranno distinte. Nel grande Comune di Santa Caterina d’Este ci saranno la pro loco di Vighizzolo e la pro loco di Carceri, a proposito del coinvolgimento. Anche le società sportive, lo dicono già, rimarranno divise: ci sarà la Virtus Vighizzolo e la Pro Calcio Carceri: la fusione.
Anche sull’impatto dell’organico dei dipendenti, dieci in tutto: fra i due Comuni, dieci dipendenti. Quanti dipendenti in più potranno assumere questi due Comuni a seguito del processo di fusione che migliorerà in maniera rilevante la vita dei cittadini? Un vigile urbano; un vigile urbano, non so se vi è chiaro: un vigile urbano.
Ebbene, avranno infatti – a seguito della fusione quantificano – una riduzione delle spese di gestione di 30.000 euro l’anno: 30.000 euro l’anno, a fronte di 4,2 milioni di euro di nuovi trasferimenti, che come spenderanno? 1,3 milioni per fare questa nuova scuola materna, fondamentale servizio per i 15-20 nati all’anno. Si parla, nella fascia 3-6, di 45 bambini massimo che già hanno le loro scuole a Vighizzolo e a Carceri. Ma perché non spendere 1,3 milioni della Regione per farne una nuova, dove ci vanno tutti insieme?
Poi, l’altra grande opera che realizzeranno grazie ai 4,2 milioni di euro che il Veneto, in compartecipazione con lo Stato, gli darà cosa faranno? Una fondamentale pista ciclabile che collega Vighizzolo a Carceri, perché effettivamente cosa può servire alla viabilità della Bassa Padovana per potersi rilanciare? La pista ciclabile che collega Vighizzolo e Carceri tra di loro.
Quindi i bambini potranno andare, di Vighizzolo useranno la pista ciclabile, per andare nella bellissima scuola materna nuova di Carceri, mi sembra. Poi faranno una nuova sala del Consiglio perché, scusate, dopo la scuola materna e la pista ciclabile cosa può servire a un nuovo grande Comune da 2300 abitanti con un Vigile Urbano in più? Una nuova sala del Consiglio, perché adesso si che siamo un Comune importante e serve una sala del Consiglio per 1.000.000 di euro adeguata al nuovo grande Comune di Santa Caterina d’Este.
Ora, io capisco la necessità di valutare con attenzione tutti i processi di fusione che sono sempre meccanismi complicati che hanno, diciamo, un impatto importante, che possono avere un impatto importante. Penso che, però, noi dobbiamo anche assumerci la responsabilità di dire dove vogliamo portare questa Regione. Qual è l’organizzazione che noi vogliamo dare al territorio di questa Regione. Fino a che punto vogliamo continuare ad assecondare le necessità personali che arrivano dal territorio e quando, invece, cominceremo a dire cosa vogliamo che sia la Regione del Veneto e i livelli di governo del territorio in questa Regione, perché, a mio giudizio, sapete perché c’è tutta questa fretta? Perché non si può aspettare di vedere se il processo di fusione può essere allargato a Ponso e anche a chissà cos’altro, perché non si può aspettare di costruire uno studio di fattibilità che abbia una relazione e un impatto più rilevante sul territorio, perché non si può, alla luce del piano di riordino territoriale, che discuteremo tra poco, mettersi intorno a un tavolo e andare a vedere cosa possiamo fare noi,, come Istituzione regionale per l’organizzazione territoriale della bassa padovana.
Non lo si può fare perché il Sindaco di Carceri ha finito il suo mandato, i suoi mandati. Sindaco di Carceri dal 2009, al terzo mandato e adesso ha fretta perché a maggio finisce e ha bisogno di un Comune tutto nuovo per poter continuare a fare il Sindaco. È una figura, è una persona che conoscete molto bene, perché ha avuto diversi incarichi dalla Regione e dal partito della Lega, Busitalia, FINEST, oggi addirittura è Presidente di ATER Padova. Quindi non è proprio un Sindaco qualsiasi. È un Sindaco importante del partito di maggioranza relativa di questa Regione che, dopo 15 anni che fa il Sindaco di Carceri, vuole continuare a fare il Sindaco e malgrado in Commissione in molti avessimo sollevato non tanto delle perplessità generali, ma la necessità di approfondire, di avere il tempo di fare un’istruttoria maggiore, di capire come si poteva coordinare questa richiesta con il nuovo Piano di riordino territoriale, ci sono state forti pressioni politiche e partitiche perché questo progetto di legge arrivasse presto e subito perché il referendum si potesse celebrare subito prima della scadenza del terzo mandato da Sindaco del Sindaco di Carceri.
Quindi, a me va bene tutto, decidete quello che volete, noi non siamo disponibili a trasformare questo Consiglio regionale nell’ufficio di collocamento del Sindaco di Carceri. Quindi, non parteciperemo al voto. Fate quello che volete. Assumetevi la responsabilità di rinunciare al Governo e all’organizzazione del territorio. Poi lo andrete a spiegare voi ai cittadini. Lo andrete a spiegare voi ai cittadini. Noi, invece, siamo convinti che delle volte, so che è faticoso, soprattutto per chi, anziché di politiche, vive di consenso, però delle volte le ragioni dei partiti e della politica andrebbero messe in secondo piano rispetto alle necessità del territorio e delle Istituzioni.
Il giudizio di meritevolezza implica un’assunzione di responsabilità. Siamo davvero molto colpiti dal fatto che neanche in questa occasione ci sia la volontà di assumersi veramente questa responsabilità.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie.
Comunico il congedo (arrivato da poco) della consigliera Cavinato.
Ha chiesto di intervenire la capogruppo Venturini.
Speaker : Elisa VENTURINI (Forza Italia - Berlusconi - Autonomia per il Veneto)
Grazie, Presidente.
Oggi, come Consiglio regionale, siamo chiamati ad esprimere un giudizio di meritevolezza o meno sulla prosecuzione dell’iter del progetto di legge n. 209, che porta alla fusione di due Comuni, Vighizzolo e Carceri, e all’istituzione di un nuovo Comune, Santa Caterina d’Este.
In altre parole, detto in maniera immediata, ci dobbiamo assumere la responsabilità di far proseguire o meno questa procedura che dovrebbe portare alla fusione dei Comuni di Vighizzolo e di Carceri.
Per arrivare ad esprimere un giudizio di meritevolezza, tale giudizio di meritevolezza, vorrei però fare una premessa che nasce dal fatto che confluiscono una serie di riflessioni legate alla mia esperienza personale di amministratore, di Sindaco, che ha istituito anche un unione, l’Unione Pratiarcati, che supera i 40.000 abitanti, e anche la mia esperienza legata ad ANCI Veneto, che io ritengo un osservatorio privilegiato per capire le dinamiche che sono sottese a tutti quei processi di gestione associata di funzioni, di servizi, di unioni e di fusioni, perché ho avuto l’opportunità di vedere in questi anni nel Veneto i vari tentativi di fusione che sono andati a buon fine, alcuni falliti, le unioni, il disfacimento delle unioni, ed è stato estremamente interessante. Allora, sono giunta alla conclusione che per favorire i processi di gestione associata sono necessarie due condizioni. La prima, che ci sia una parte politica e istituzionale che sia estremamente convinta del processo che si vuole portare avanti, perché è un percorso impegnativo e travagliato quello che porta alla gestione associata delle unioni e delle fusioni. Ci vogliono degli amministratori, dei Sindaci, degli Assessori, dei Consiglieri che siano in grado di dialogare tra di loro in modo franco, in cui vengano messi in evidenza nei loro dialoghi gli interessi delle varie comunità, per cercare di trovare un equilibrio. Poi, la seconda condizione è che ci sia una parte tecnica che sia capace di costruire una gestione associata che porti ad una unione o che arrivi addirittura ad una fusione, e questa parte tecnica deve avere delle competenze e delle capacità che non sono scontate, perché bisogna trovare delle soluzioni adeguate che tengano conto delle istanze che provengono dal territorio, che possono anche collidere. Ma è necessario questo lavoro di condivisione che persone con competenza tecnica riescono a raggiungere. Anche perché è necessaria la mediazione, la mediazione con i dipendenti comunali e con le rappresentanze dei sindacati. Ci vuole, in altre parole, un salto culturale, ci vuole una capacità di adattamento.
Sono arrivata poi ad un’altra conclusione in particolare: una fusione non può mai essere improvvisata; anche quando sono evidenti i vantaggi che ne possono derivare, non può mai essere improvvisata. Questo che cosa vuol dire? Che ci deve essere una parte politica e una parte tecnica convinta, competente e pronta, ma ci deve essere anche un’altra parte, che sono i cittadini, che devono essere pronti, e i cittadini possono essere pronti se c’è un lavoro profondo di coinvolgimento da parte degli amministratori, un lavoro che implica il fatto di dover considerare – non voglio utilizzare il termine “ostacolo” – un elemento con il quale ci si deve confrontare. Un primo elemento che sempre gli amministratori incontrano quando decidono di fare una fusione è lo spirito identitario. D’altronde, quando tu hai una storia centenaria o millenaria è evidente che emerge lo spirito identitario, come il sottofondo di campanilismo, che è un tratto tipico culturale dell’italiano del Veneto.
L’altro elemento con il quale ci si deve confrontare è sicuramente il fatto che ci sono delle nuove situazioni che nascono dalla riorganizzazione, dalla razionalizzazione. Queste possono essere percepite come dei disagi dei cittadini, perché magari vengono chiusi degli uffici pubblici, oppure vengono dislocati in altro luogo. Ed è chiaro che anche su questo aspetto della preoccupazione bisogna intervenire. Un altro elemento del quale va tenuto conto è la paura: ogniqualvolta si introduce qualcosa di nuovo in maniera impattante, i cittadini hanno paura. Allora bisogna capire le paure e andare incontro per gestirle, perché c’è qualcuno che potrebbe anche agitare queste paure. Detto tutto questo, quindi, con una parte politica che è convinta e porta avanti il percorso, con una parte tecnica preparata, con i cittadini che sono stati coinvolti e hanno colto il valore della fusione, è evidente che a monte c’è una conditio sine qua non, e cioè che c’è stato un percorso approfondito di valutazione dei vantaggi della fusione, ci deve essere stata una valutazione ponderata.
Meglio allora se prima si è partiti con una convenzione oppure con un’Unione che è prodromica rispetto alla fusione.
Dico tutto questo, che per me è una premessa, ed è però parte integrante del mio ragionamento, perché voglio entrare in medias res, cioè nella questione che affrontiamo oggi, cioè, la richiesta da parte di due Comuni, di poter fondersi.
Premesso che si parte dal 2012, quindi non è da ieri mattina che Vighizzolo e Carceri hanno manifestato la volontà di arrivare a fondersi; e premesso che più del 50% dei cittadini si è espresso nei sondaggi a favore, ci sono le premesse per andare avanti. Quello che nasce da questo segnale che arriva da questi due Comuni è un Comune, Santa Caterina d’Este, di 2.350 abitanti: pochi, vero, magari si fatica ad individuare le economie di scala, ma dei vantaggi ci sono, gli studi l’hanno dimostrato, soprattutto per organizzazione.
Noi allora come amministratori siamo chiamati a cercare l’optimum, cioè il meglio in assoluto. Ma quando il meglio in assoluto non si può realizzare, non è che possiamo dire “beh, allora lasciamo perdere tutto”, il famoso benaltrismo, c’è ben altro da fare. Beh, ma dobbiamo fare i conti con la situazione contingente, perché chi effettivamente conosce quel territorio sa benissimo che è già un risultato se Carceri e Vighizzolo hanno deciso di fondersi per la frammentarietà di quel territorio, per la difficoltà, in alcuni casi, di interazione in quel territorio perché se noi andiamo a guardare bene in quella parte del territorio padovano è vero che si è arrivati ad una fusione: Borgo Veneto, tre Comuni: Saletto, Megliadino San Fidenzio e Santa Margherita d’Adige hanno costituito il Comune di Borgo Veneto, ma erano in quattro. Uno si è sfilato: Megliadino San Vitale. Altre fusioni non sono arrivate alla fine Este, Ospedaletto, Castelbaldo, Masi. Aggiungiamo anche che la Provincia di Padova delle sette Province è quella che ha il maggior numero di unioni di Comuni, con il maggior coinvolgimento anche di Comuni, in termini di numero. Bene, in questa parte del territorio padovano non c’è un’unione. Le unioni che c’erano (la Sculdascia e la Megliadina) sono saltate, non ci sono più. Al massimo abbiamo delle convenzioni.
Allora noi con Comuni come Piacenza d’Adige (1300), Castelbaldo (1400), Masi (1800), Urbana (2000) è evidente che noi dobbiamo intervenire, aspiriamo, come abbiamo detto, all’optimum, ma se non riusciamo ad arrivare lì, perché bisogna coinvolgere e convincere le persone, intanto facciamo dei passaggi intermedi.
Allora, questa realtà, ripeto, va conosciuta e non è vero che le Pro Loco sono due, giusto perché si diano dei dati corretti, c’è un’unica Pro Loco, lì ed è la Pro Loco di Carceri.
Detto questo, poi aggiungiamo anche che la Regione Veneto - e anche questo Assessore è un punto fondamentale - una Regione che nel Piano di riordino individua, nel percorso di fusione dei piccoli Comuni, la somma più compiuta di razionalizzazione, di semplificazione e che, nel suo atto fondamentale, che è lo Statuto, si pone come fine la promozione della gestione associata dei servizi e delle funzioni e in via prioritaria, poi, incentiva le fusioni, ma può permettersi di opporre un diniego a questa richiesta che viene fatta, di andare avanti con la fusione? Sarebbe incoerente rispetto alla politica che si intende fare da parte della Regione del Veneto, in cui si dice: dobbiamo incentivare le fusioni perché diventa fondamentale. Anche perché è evidente i favor della Regione, da questo punto di vista, del legislatore regionale.
Aggiungo di più: questa fusione può essere anche l’innesco per altri processi di riordino territoriale per altre fusioni e lo dico proprio per il Comune di Ponso, perché il Comune di Ponso, anzi è auspicabile che possa unirsi. Tempo addietro non era favorevole. Oggi lo è benissimo, perché i tempi maturano, perché cambiano gli amministratori, cambiano le condizioni. Ben venga.
Non è mica detto perché oggi arriviamo alla fusione di questi due Comuni che andiamo a precludere il coinvolgimento, poi, di altre realtà territoriali vicine. Cerchiamo di farlo magari in tempi relativamente brevi, non nell’ordine dei decenni. Però, ci sono tutte le condizioni per poter coinvolgere anche gli altri Comuni. Scusate, se i cittadini di Carceri, quando gli uffici sono chiusi perché manca il personale perché in ferie, vanno nel Comune di Vighizzolo e viceversa, non sarà già presente un’interazione tra queste due realtà comunali, per cui, a un certo punto, si tratta esclusivamente di arrivare a darsi un’organizzazione più efficiente? Chi conosce quella realtà sa benissimo che questa cosa è possibile. Infatti, nello studio di fattibilità, tra gli elementi fondamentali si mette proprio la riorganizzazione della dotazione organica e la gestione delle risorse.
Vado in chiusura sapendo che la vera partita, ogniqualvolta si procede con una gestione associata, con una unione, con una fusione, è la gestione del personale. Questa è la vera questione ogniqualvolta si decide di mettere insieme dei Comuni, perché il personale ha delle posizioni organizzative, perché ha delle aspettative di carriera, perché ha delle competenze.
Bisogna riuscire a trovare la quadra per continuare e dare al meglio dei servizi ai cittadini. Poi ci saranno le entrate che andranno ad aumentare, i risparmi che comunque saranno evidenti, il diverso peso che avrà il Comune un po’ più grande dei due Comuni precedenti.
Tutti questi elementi contribuiranno a consolidare la fusione. Però, è una partita che deve essere giocata tenendo conto di una serie di elementi a partire dal personale.
Detto tutto questo, ritengo che vada assolutamente manifestato un giudizio, un parere positivo per il giudizio di meritevolezza perché si possa procedere, e di questo ci assumiamo la responsabilità.
Speaker : PRESIDENTE
Ha chiesto di intervenire il consigliere Lorenzoni.
Speaker : Arturo LORENZONI (Gruppo Misto)
Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti i colleghi. È interessante il dibattito che abbiamo oggi, perché è articolato su più passaggi. Questo è il primo, poi ne abbiamo degli altri.
Io credo che vadano valutati tutti insieme, per non essere un po’ schizofrenici e tenere delle linee diverse.
Su questo veramente voglio richiamarvi sulla credibilità che il processo di revisione, di aggregazione, di incremento dell’efficienza dell’Amministrazione regionale che andiamo a portare avanti con il progetto di legge successivo, il n. 185, non venga messo in discussione e renda poco credibile tutto quel procedimento che è importante partendo da un caso specifico in cui andiamo a contraddire in modo palese tutti i princìpi che cerchiamo di sostenere con quel progetto di legge, che è importante.
Allora io dico: non è il caso, forse, di fare un pensiero e di sollecitare le Amministrazioni locali, che, come ha ben detto la collega Camani, non sono peraltro unanimi nel manifestare il sostegno a questo procedimento, e di sollecitare un’aggregazione che vada nella direzione che noi auspichiamo, che è quella della razionalizzazione dei servizi? Io non sono d’accordo, collega Venturini, col dire che in questo caso il meglio è nemico del bene. In questo caso rischiamo il peggio. Se possiamo migliorare con ulteriori aggregazioni – ha fatto riferimento ad altri Comuni che possono cambiare il proprio diniego e accettare – sollecitiamo da subito questo. È meglio attendere qualche giorno in questo momento e assecondare un processo di aggregazione che vada realmente nella direzione di creare valore, di ridurre. Ha detto bene, collega: le unioni, tutte quelle modalità di condividere i servizi, che sono importantissime. Un Comune di 864 abitanti effettivamente ha difficoltà ad essere capace di dare risposte ai propri cittadini. Ma, allora, iniziamo a dare attuazione al progetto di legge n. 185 e chiediamo agli amministratori di fare uno sforzo in più per essere realmente efficienti. Accettare questa aggregazione veramente mette in discussione il nostro lavoro nel piano successivo.
Non solo, in questo modo noi assecondiamo un uso inefficiente delle risorse di tutti. Del resto, non possiamo dire che un Comune che arriva ad avere 2.300 abitanti fa efficienza. Questo non è il bene, non è neanche il meglio, questo è il peggio. Le finalità sono chiaramente diverse da quelle di creare efficienza, e noi non possiamo assecondarle. Ma non perché siamo contro il Sindaco di un Comune, piuttosto che dell’altro, bensì perché mettiamo completamente in discussione quello che giustamente cerchiamo di sostenere per usare bene le risorse di tutti.
Allora la proposta che io faccio all’Aula è questa: respingiamo questa richiesta, richiedendo di raggiungere una dimensione minima, che è quella che noi abbiamo individuato come accettabile; chiediamo di avviare una discussione reale con gli altri Comuni. Conosco bene la zona essendo padovano e le dimensioni dei Comuni sono veramente piccolissime. Carceri è il 527° Comune come dimensioni nel Veneto sui 563. È veramente uno dei più piccoli. Anche Vighizzolo non è molto su nella classifica.
Siccome anche gli altri Comuni contermini sono veramente di dimensioni molto piccole, chiediamo loro di fare uno sforzo in più. Non credo che questo significhi mettere in discussione il processo, anzi, significa dare valore a questo processo di aggregazione, e significa realmente iniziare a mettere in atto quello che nel progetto di legge che andiamo a discutere successivamente cerchiamo di portare come buona amministrazione della nostra Regione.
Qui non c’è un tema di identità. Io credo che le aggregazioni e le condivisioni dei servizi prescindano dalle identità territoriali: quelle rimangono. A Padova, che è un Comune che ho visto che è il più densamente abitato di tutto il Veneto, il doppio quasi del secondo, con una densità incredibile, c’è un’identità fortissima legata ai quartieri. Quella non è messa in discussione dal fatto di partecipare ad un Comune piuttosto che a un altro: ciascuno si sente parte di una comunità, questo resta. Quindi, non si tratta di andare a rispettare una storia o chissà che. La configurazione amministrativa prescinde dalle identità territoriali, quelle restano, per fortuna, perché sono patrimonio di tutti, e tutti siamo gelosi del nostro patrimonio identitario.
Ma l’Amministrazione deve rispondere a dei criteri di efficienza, a dei criteri di razionalità, e noi li contraddiciamo in modo palese, se approviamo questo processo.
Allora, torno a dire, propongo all’Assessore in primis, ma propongo all’Aula, di mettere in atto da subito i princìpi che cerchiamo di portare avanti, di sollecitare le due Amministrazioni e le Amministrazioni contermini a fare una proposta più dignitosa, più coerente con gli indirizzi che andiamo a dare, e di ripresentarla anche in tempi brevi. Quella potremo sostenerla e spingerla. Mi auguro che la maggioranza dell’Aula capisca questo spirito, che è uno spirito costruttivo, uno spirito propositivo e che veramente adotti anziché una logica di squadra, andando a favorire magari qualche amministratore che, come è stato detto bene, ha un interesse personale in questo procedimento, a dare priorità a quelli che sono i princìpi. Sui princìpi dobbiamo lavorare, non sui casi specifici, sennò siamo cattivi amministratori.
Speaker : PRESIDENTE
Ha chiesto di intervenire il capogruppo Pan.
Speaker : Giuseppe PAN (Liga Veneta per Salvini Premier)
Grazie, Presidente.
Su questa vicenda è chiaro che ognuno ha le sue idee, ognuno ha le sue proposte e ognuno ha le sue visioni. Ma io penso che se c’è stato uno sforzo da parte di due Sindaci, di due Consigli comunali che sono i rappresentanti del popolo, e qui siedono tanti colleghi che sono stati Consiglieri, Assessori, Sindaci. Quindi chi è stato votato nel proprio Comune sa benissimo che chi è seduto nel Consiglio comunale, come si è seduti qui, si è rappresentanti del popolo e, quindi, ognuno può dare e può dire e riportare quello che il popolo, chiaramente, vuole fare del proprio destino, come comunità. È evidente che, dopo tanti anni in cui queste fusioni, soprattutto in quella parte della… a me non piace neanche chiamarla bassa Padovana rispetto all’altra, io sono nel Comune più a nord della provincia di Padova, ma io la chiamo la Pianura padovana, perché dire bassa veronese o bassa padovana è un po’ dispregiativo, non solo, anche quando visitavo quei luoghi da Assessore all’agricoltura, mi piaceva più chiamarle: la pianura padovana, la pianura veronese, la pianura di Rovigo.
È chiaro che questi paesi, che hanno avuto una storia molto diversa rispetto alle comunità, magari, che più di qualcuno noi rappresentiamo, vi sono città di 50.000, 200, cioè dobbiamo capire il contesto dove vivono queste comunità, perché noi che veniamo dalla fascia pedemontana, magari, abbiamo Comuni che piccoli li consideriamo intorno agli 8 - 10.000 abitanti.
Lì, comunque ,come nel veronese, come nel padovano, come nel rodigino, le attività agricole hanno fatto sì che le comunità si siano sparse nel territorio, in questi grandi territori, formando piccole comunità che alla fine, poi, si sono spopolate spesso e volentieri per anche crisi economiche, legate all’agricoltura, legate a uno sviluppo che magari non c’è stato, rispetto alle fasce più industrializzate o artigiane, diciamo quelle prettamente della fascia pedemontana che va da Verona fino al Trevigiano.
Quindi queste comunità che sono comunità piccole, ma che hanno una grande storia, ad esempio Carceri, chi non l’ha mai visitata, io vi auguro di andare, andateci. Lì finisce la SR10 famosa, che dovrebbe continuare fin dall’altra parte, che comunque è molto meglio collegata, se prendete, magari, l’autostrada fuori da Monselice, rispetto all’Alta Padovana con la 47, ma qui con il collega Sandonà chiudiamo una triste storia della nostra 47, fino a Bassano, ma è meglio non dire niente, ma comunque, arrivate all’Abbazia di Santa Maria delle Carceri, che è una Abbazia che è lì dall’anno 1000, quindi - fatto i conti - ha una storia che ha, naturalmente, portato questo territorio ad essere una presenza storica e una presenza attualmente agricola, da questi fatti allora camaldolesi fino ad arrivare poi agli agostiniani, eccetera, fino ai giorni nostri, molto importante, di una bellezza che io penso da poche parti si trovi.
Quindi, ritornando all’argomento di oggi, cara collega Camani, lei accusa la Lega e la maggioranza di portare avanti questa fusione per il mero scopo politico di mettere lì un nostro Sindaco. Personalmente ho sempre dichiarato, da tanti anni, che i secondi mandati o i terzi, a qualsiasi livello, li leverei via, perché se i cittadini votano una persona, votano un Sindaco, votano un Presidente fra poco delle Province, votano un Presidente della Regione, che sia Tizio, Caio o Sempronio, anche per quattro, cinque, venti o dieci mandati, se i cittadini lo vogliono, è il popolo che decide, non siamo noi.
Quindi, se c’è stata questa volontà, se c’è questa volontà popolare, noi dobbiamo solo suffragarla, perché c’è stato comunque un sondaggio che ha visto nei due Comuni più del 75% della popolazione favorevole. Sappiamo quanto sia difficile superare…
Vabbè, quelli vanno a votare adesso i referendum. Vedremo come andrà a votare lei i referendum che abbiamo fatto in giro per la nazione. Sono mai arrivati al quorum? Ci sarà un motivo. Vuol dire che chi va a votare ha il diritto di decidere. Chi sta a casa, sta a casa e non dice più nulla, non apre bocca per me e se ne sta zitto. O va a votare, e parla, ma se sta a casa sta zitto e decide chi va a votare. Chiuso. Io la penso così. Non penso di dire una bestialità. Quindi, chi non vuole andare a votare, va al mare, va dove vuole, va a fare le sue cose, però sta zitto, non dice più una parola. Decide chi va a votare, perché chiaramente vuol dire che vuole esprimere la propria opinione, nel bene e nel male.
Noi oggi votiamo la possibilità che queste due comunità si fondano, facciano un referendum – giusto, collega Sandonà? – e quindi decidano la loro sorte.
Guarda caso, in un’ottica di risparmio nella politica – ci dicono sempre che dobbiamo risparmiare sulla politica – eliminiamo un Consiglio comunale. Prenderanno quattro soldi. Evitiamo questa spesa. Poi, è chiaro che quando ci sarà il Sindaco nuovo non è detto che sarà lo stesso Sindaco di Carceri. Mischiando la popolazione non è mica detto. Sa quanti si presenteranno? Come fa a prevedere il futuro di una comunità di quello che vuole fare? Non esiste. Poi le sue decisioni, le decisioni di una comunità, che vogliono farsi un asilo… Abbiamo combattuto in questa Aula sulla natalità, si diceva “facciamo gli asili nido”, la collega Ostanel qui si è strappata le vesti, o “diamo contributi”, questa è una decisione che avranno fatto i due Consigli comunali, se hanno deciso che devono farsi un asilo… Non è che stiamo facendo un hub per gli extracomunitari, facciamo un asilo. Non so se avete presente. Quindi, è qualcosa di molto più importante per le comunità e per questi cittadini.
Chi ha amministrato Comuni, cara collega, sa benissimo che ci sono squadre di calcio di serie B, dove abito io, ad esempio, è l’unica della Provincia di Padova, e poi ci sono le squadre minori, quelle di Padova, quelle magari delle frazioni, quindi è difficile anche eliminare queste competizioni, che fanno parte del tessuto sociale. Come delle Pro Loco: quanti Comuni hanno più di una Pro Loco? Andiamo a vedere. Quindi, che problemi ci sono? Probabilmente sarà nelle manifestazioni e le faranno in Comune.
A me, tra l’altro, risulta che gli altri Comuni… Magari si attaccassero Ponso e Piacenza d’Adige. Guardi, io andrei ad abitare a Barbona. Non so se ha presente dov’è Barbona. Penso che i padovani la conoscano. Non si chiama Barbona perché sono dei barboni, ma si chiama Barbona… Assessore all’agricoltura, se lei va lì, c’è una delle aziende storiche agricole più antiche. Ancora il piazzale è fatto di mattoni, come alla veneziana, dove seccavano il mais, proprio all’entrata. È una cosa meravigliosa, con tutte le arcate. C’è un’azienda biologica di famiglia molto bella. Quindi, è auspicabile che questi si attacchino. Ma se noi non diamo mai il la, se noi non gettiamo mai un sasso nello stagno, questo non succede. Questo è uno stimolo probabilmente anche alle altre comunità di parlarsi, di ragionare ed eventualmente di aggregarsi quando sarà il loro momento. Magari facciamo gli auguri a questo nuovo Comune che sorge, magari un domani altre comunità si attaccheranno, potranno attaccarsi, potranno dire la loro.
Io penso, quindi, che con questo progetto di legge facciamo solo una cosa buona, che naturalmente supera i campanili e supera tutte queste dietrologie di bassa politica che il PD fa sempre.
Speaker : PRESIDENTE
Ha chiesto di intervenire l’assessore Calzavara.
Speaker : Ass.re Francesco CALZAVARA
Grazie, Presidente, buongiorno a tutti.
Ho sentito gli interventi. Chiaramente, condivido quanto detto dal relatore e quanto detto dalla consigliera Venturini e adesso dal capogruppo Pan, perché credo che il percorso che abbiamo iniziato girando il Veneto, cercando di capire come riuscire a far sì che questa Regione possa iniziare un percorso, perché quello che faremo oggi, e che in particolar modo faremo il 29 ottobre è l’inizio di un percorso, di far capire ai Veneti che si può e si deve cercare di migliorare la qualità organizzativa dei propri Comuni, quindi questi 563 Comuni del Veneto devono iniziare un percorso di condivisione, devono ricercare quello che li mette assieme e comprendere come anche in alcuni casi, iniziando parzialmente a mettersi assieme, si può arrivare gradualmente ad avere quelle dimensioni che riteniamo possano essere ottimali per la gestione dei Comuni da qui al 2030. Nel Piano che abbiamo scritto e che torneremo ad affrontare in Prima Commissione, abbiamo proprio questa prospettiva: di un Veneto fatto di 563 Comuni, che nel giro di qualche anno inizi ad arrivare a un numero che riteniamo, ma lo abbiamo messo solo come obiettivo per dare anche uno stimolo a tutti quanti a concorrere a questo risultato, di 500 Comuni, cosa che, vi assicuro, è difficilissima.
Se voi girate un po’ per il Veneto, e io più di qualche riunione, sia nella fase costruttiva che nella fase di restituzione di questo documento l’ho fatto, la grossissima contrarietà nei confronti della proposta che faceva la Regione del Veneto non era nella visione delle Province, non era nella visione futura degli ATS, non era nella visione di quelle che dovevano essere le unioni, le convenzioni o le Conferenze dei Sindaci, ma quando si iniziava a parlare di fusione c’era una rivolta da parte degli amministratori locali.
Di fronte a degli amministratori locali che invece accettano questa sfida e iniziano un percorso che è difficile, perché non è facile ai propri cittadini dire che non si chiameranno più “Carceri”, piuttosto che, ma anche soltanto il nome è una rivoluzione culturale all’interno di un Veneto fatto di identità, fatto di “io sono di quella frazione” – neanche di quel paese – “e non rinuncio ad essere identificato come quello di quella frazione”, iniziare a far sì che il 29 ottobre, quando andremo a celebrare questo primo giorno dopo un po’ di tentativo di riordino dei nostri Comuni, quindi con il referendum per quanto riguarda Setteville, Quero Vas e Alano di Piave, Sovizzo, con Sovizzo e Gambugliano, e se oggi passerà, come spero, la meritevolezza anche per Santa Caterina d’Este, quindi Carceri e Vighizzolo d’Este, credo che il 29 sera potremmo dire che è iniziata una nuova stagione per il Veneto, dove le fusioni sono possibili. Sono possibili perché se poi approveremo, nel pomeriggio, anche questa modifica, saremo coerenti da questo punto di vista, perché daremo effettivamente la possibilità, con il 30% del quorum, a far sì che chi effettivamente crede nelle fusioni vada a votare e non sia l’astensione il motivo per il quale saltano i referendum o saltano le fusioni, così come è successo negli ultimi periodi, perché il 50% è un numero che ormai è fuori dalla realtà di chi va a votare abitualmente.
Quindi, riteniamo che il percorso, tra l’altro, coerente col resto d’Italia, di portare al 30%, inizi questa nuova visione del Veneto, che passa anche attraverso percorsi di piccole aggregazioni che poi potranno,, in futuro essere ulteriormente ampliate. C’è il tema dell’incorporazione. Se Ponso è così convinto che questo sia il percorso giusto inizierà una sua valutazione all’interno del proprio Consiglio comunale, per iniziare a convergere verso quello che sarà il nuovo Comune.
Comuni che in giro per l’Italia, perché sono andato un po’ a vedermi, perché poi andiamo da quelli bravi, quelli bravi sono quelli dell’Emilia Romagna, allora andiamo a imparare da quelli dell’Emilia Romagna; non è che abbiano fatto, in alcuni casi, cose straordinarie, perché poi dal Comune di Alta Valtidone di 3349 abitanti, a quello di Vighizzolo d’Este o Santa Caterina d’Este che sarà di 2350 abitati, non credo che ci sia una grandissima differenza. Anche il Comune di Polesine Zibello di 3348 abitanti, non credo che avrà una pianta organica straordinaria, che permetterà di fare la rivoluzione di Polesine Zibello. Allora si fa quello che è possibile. Poi ne hanno fatte altre. Ne hanno fatte 14. Hanno iniziato un percorso e noi abbiamo guardato anche a questa Regione, perché riteniamo che quella sia la strada. Però in alcuni casi bisogna cercare di portare a casa quello che è possibile, stimolare altri che queste cose si possono fare. Ne abbiamo perse, ad esempio, quattro che erano nella provincia di Treviso, perché per un motivo o per l’altro, poi, sotto data son saltati.
Allora bisogna essere consci della difficoltà del momento in cui viviamo nello stimolare questi Sindaci a iniziare un percorso che in altri casi vede un risultato che poi è quello che, in qualche modo, un po’ tutti quanti cercheremo di portare a casa in futuro, perché il processo di fusione che porterà alla nascita di Setteville, nasce dalla fusione di Quero Vas e Quero Vas erano, quando si sono fusi, 1807 abitanti e 487 abitanti. Si sono fusi. Hanno iniziato a capire che si può lavorare assieme. Hanno iniziato un percorso di condivisione con il Comune di Alano di Piave e adesso andranno a generare un Comune di 5793 abitanti. Non è facile in Veneto far dialogare le Amministrazioni perché son fatte di storie, sono fatte di identità, sono fatte di campanili e sono fatte di amministratori che ci tengono ad essere riconosciuti come tali.
Spero che questo voto favorevole per la meritevolezza della nascita di Santa Caterina d’Este sia la dimostrazione di un Veneto che riesce a dare l’idea di iniziare un percorso, che non si ferma di fronte anche all’opposizione dell’ultimo minuto, perché poi di questo trattasi, per quanto riguarda il Comune di Ponso e qualche altro Comitato che è nato, quando si sono accorti che effettivamente questa idea andava avanti e molto probabilmente poteva avere un suo esito con il referendum di ottobre. Quindi, sono arrivati a lamentarsi di questa iniziativa secondo loro non condivisa e non portata avanti allargando il territorio. Però, abbiamo due Consigli comunali, abbiamo la maggioranza che si è espressa e, come diceva bene il capogruppo Pan, la maggioranza di un Comune è comunque espressione di quel territorio, è quello che quel territorio vuole.
Auspico che questo referendum possa effettivamente svolgersi, iniziare a sistemare anche quelle aree che devono trovare Amministrazioni più ampie, che abbiano poi la capacità… Ad esempio, si guarda la Pro Loco, ma non si legge nella relazione che vogliono fare un PAT. C’è scritto che il Piano di assetto del territorio è lo strumento principe per la trasformazione di un territorio.
Se effettivamente queste due Amministrazioni avranno la capacità di dialogare tra loro e dare prospettive di crescita, vedrete che in futuro molto probabilmente quell’asilo avrà bisogno di essere ampliato, perché si creano attrazioni verso territori. Hanno capito che da soli non possono farcela e, attraverso il mettersi assieme, riusciranno a rendere questo Veneto ancora più attraente e capace di dare delle risposte che naturalmente non sarà solo questa dei 2.350 abitanti, ma si inizia un percorso.
Guardate un po’ più avanti e non guardate alle prossime elezioni. Le vincerà chi ha il consenso sul territorio, perché le elezioni le vince sempre chi ha il consenso sul territorio, non chi va a raccontare delle storie.
Se quel Sindaco ha il consenso, è giusto che trovi uno strumento per misurarsi. Poi, i cittadini, se lo ritengono non adatto alla nascita del nuovo Comune, lo manderanno a casa, così come hanno mandato a casa altri Sindaci in tutto il nostro Veneto. Grazie.
Speaker : PRESIDENTE
Correlatrice Camani, prego.
Speaker : Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)
Grazie, Presidente.
Secondo me, dobbiamo un po’ chiarirci, assessore Calzavara. A me va bene tutto quello che lei ha detto se lei in questo momento ritira il Piano di riordino territoriale che avete approvato in Giunta e ce ne presenta uno nuovo, perché lei ha impegnato la Giunta, e di conseguenza questo Consiglio, proponendoci una lettura della governance territoriale di questa Regione.
Nella lettura che lei ci ha proposto, e che noi in parte condividiamo, io avevo inteso la volontà da parte della Giunta, per la prima volta dopo dieci anni, di voler programmare, governare i processi di cambiamento in atto, di non volersi limitare a dire “prendo quello che mi viene su”, ma di voler dire “questo è un territorio che anche rispetto ad altri più o meno bravi – mi fido di quello che ci dice lei – in questi anni non ha impresso quell’accelerazione che era necessaria non tanto nei processi di fusione tout court, quanto nella pianificazione del territorio”, e noi oggi riprendiamo in mano questo tema, definiamo un ambito ottimale di organizzazione dei servizi per i cittadini e attorno a questo principio a cascata vogliamo esercitare una funzione politica per costruire nella Regione del Veneto un territorio anche dal punto di vista istituzionale e organizzativo competitivo con le altre Regioni. Io avevo capito questo dal Piano di riordino territoriale che abbiamo discusso lungamente in Commissione e che lei ci ha presentato.
Se vale questo, tutto quello che lei ha appena detto non vale. E vi spiego perché. Perché la dimensione ottimale dei Comuni non gliel’ho detta io, me l’ha scritta lei, insieme agli esperti, dentro lo studio del Piano di riordino territoriale, perché l’individuazione dei Comuni ad alta o a medio-alta criticità rispetto alla capacità di offrire servizi ai cittadini l’ha fatta lei, non l’ho fatta io, e in quella lista Vighizzolo non c’è, ad esempio. La necessità di immaginare, soprattutto nei territori particolarmente frammentati dal punto di vista istituzionale, processi di aggregazione che, magari partendo dalle unioni o dalle convenzioni, siano propedeutici alla costruzione di Comuni sia per dimensione che per capacità di offrire servizi al cittadino più efficaci me l’ha detto lei, non l’ho detto io. Allora, se vale quello che lei ha scritto nel Piano di riordino territoriale, che discuteremo tra poco, non può valere il principio per cui se uno me lo domanda io dico di sì, perché allora dovete cambiare la legge regionale che prevede che, nel caso in cui i Consigli comunali non votino all’unanimità, dobbiamo esprimere un giudizio di meritevolezza. Allora diciamo che, a prescindere da come votano i Consigli comunali, unanimità o meno, siccome l’indicazione della Regione è quella di agevolare tutto, senza entrare nel merito, cambiamo l’iter. Ci risparmiamo una discussione in Consiglio. Se il punto è “va bene tutto pur di agevolare la richiesta del territorio, perché chi ha la maggioranza vince e decide”, non fateci perdere tempo con i giudizi di meritevolezza. Andiamo in Commissione, votiamo, come abbiamo fatto con tutte le altre richieste di referendum, che lei giustamente ha citato, che infatti non vengono in quest’Aula perché il processo di condivisione sul territorio non è stato fatto sulla base del braccio di ferro tra maggioranza e minoranza, ma tutti hanno votato convintamente per quel progetto.
A proposito, e qua ha ragione la consigliera Venturini, quando dice che queste cose funzionano non tanto dal punto di vista elettorale, o dell’esito del referendum, ma dal punto di vista amministrativo, se c’è condivisione, se c’è un forte ingaggio della politica e della cittadinanza.
Noi stiamo parlando di Consigli comunali da otto persone, non da 60, in cui non si sono messi d’accordo: in otto! E dove sta la grande condivisione? Il sondaggio a me va benissimo: hanno votato in 700 persone su 2.300; chi vota vince, ha ragione il capogruppo Pan, ma stiam parlando di questa roba.
Ora, la dimensione – lo dice lei nel suo studio del Piano di riordino territoriale – non è quella ottimale; ma non è che si avvicini ai 5-10.000; sta addirittura molto sotto i 3.000 abitanti, che se non c’è un’ulteriore proroga, tra un anno saranno obbligati a unioni e fusioni. Quindi, stiamo proprio sotto ogni soglia. Non sono Comuni indicati nel suo piano di riordino territoriale come Comuni ad alta criticità nell’erogazione dei servizi ai cittadini.
Il Comune di Carceri, e neppure quello di Vighizzolo, non è mai stato protagonista di alcuna unione sul territorio. A proposito di come – diceva sempre la capogruppo Venturini – uno sperimenta le collaborazioni, l’unione, poi magari l’unione matura in una collaborazione ancora più stringente. Mai fatta un’unione. Dal 2009, da quando è Sindaco, il sindaco Businaro non ha mai fatto l’unione con Vighizzolo, con Ponso, o con Piacenza d’Adige.
Io non ho capito quali sono le ragioni di questa fusione, non le ho capite. Se vado a leggere lo studio di fattibilità, le motivazioni indicate, per cui i Comuni ci chiedono di ratificare questo progetto di legge sono numerate (1, 2, 3): prima, la volontà di far contare di più, tra virgolette, queste comunità, mediante il potenziamento della capacità di rappresentanza e promozione del territorio. Effettivamente, un Comune da 2.300 abitanti, soprattutto se guidato da un Sindaco della Lega così importante, conta di più. Seconda motivazione: a fronte della riduzione delle risorse, aumentare i livelli di risposta. Terza motivazione: potenziamento della struttura organizzativa con un vigile urbano in più.
Io contesto le motivazioni, perché a mio giudizio la valutazione di meritevolezza si deve dare sulla base delle motivazioni che loro portano, che non sto portando io, che loro portano.
Secondo me, sulla base di queste tre motivazioni, siccome siamo chiamati ad esprimere un giudizio di meritevolezza e non a dire se me lo chiedono due Comuni anche a maggioranza va ben tutto. Io semplicemente dico che, in questo caso, non ravviso quelle condizioni di meritevolezza, che saremmo obbligati ad esprimere dalla legge regionale, sennò cambiamo la legge regionale e diciamo che, a prescindere dall’unanimità o meno dei Consigli comunali, siccome a noi, al netto delle cose che scriviamo nel piano di riordino, va bene tutto, anche una fusione che se va bene il referendum dà origine a un Comune da 2300 abitanti, con un Vigile Urbano in più e con una pista ciclabile in più. Se ci va bene tutto, risparmiamoci la discussione in Consiglio e facciamo come con gli altri, con gli altri referendum. Dico semplicemente questo. Non mi pare di essere, come dire, fuori dalle argomentazioni.
Chiudo. Se vogliamo davvero essere seri, a mio giudizio, dobbiamo capire se il processo di fusione, al netto del chi vota vince, e io sono d’accordo, al netto che ridurremo il quorum al 30%, quindi, anche se votano pochi, pochi, quei pochi, pochi vincono, se noi vogliamo fare una roba seria, perché, ripeto, questa non è neanche una proposta che nasce dal territorio, da un tempo lungo.
La prima volta che il Sindaco di Carceri parla pubblicamente di fusione è a luglio del 2022, no all’inizio del suo mandato nel 2009. Il primo atto formale è del luglio del 2022, meno di un anno fa è stato fatto il sondaggio. Cioè stiamo parlando di un tema che, magari, se avesse il tempo giusto maturerebbe anche in maniera diversa dentro la società di Vighizzolo e di Carceri.
È vero che chi ha la maggioranza vince, ma noi avremmo la responsabilità di dare rappresentanza a tutti i cittadini che stanno dentro quei Consigli comunali e che non hanno detto: no, siamo contrari alle fusioni di principio. Hanno detto: secondo noi non c’è stata condivisione.
La delibera dei Consigli comunali, sulla richiesta di fusione è arrivata senza che se ne discutesse mai nella Conferenza Capigruppo di quei Comuni.
Non c’è stata discussione. Perché questa richiesta è figlia delle cose che ho sentito oggi. Se ho la maggioranza vinco e faccio quello che voglio e le Istituzioni le gestisco e le organizzo come voglio: se ho la maggioranza. Non è una novità dentro questo Consiglio regionale e non mi stupisce.
Ecco perché io penso che, se vogliamo dare un giudizio di meritevolezza, approfondiamolo, prendiamoci il tempo per approfondirlo, ma non abbiamo il tempo perché abbiamo fretta, e la fretta, ribadisco, è dovuta al fatto che c’è qualcuno che deve ricandidarsi a Sindaco – facciamo una scommessa, capogruppo Pan – e per continuare a svolgere una funzione pubblica che dovrebbe essere un servizio e che invece per qualcuno diventa un mestiere.
Ecco, io credo che noi, se vogliamo, e chiudo, Presidente, svolgere la funzione che la legge regionale ci affida, cioè di esprimere un giudizio di meritevolezza, dovremmo esprimere voto contrario sui contenuti che ho provato a mettere in evidenza.
Siccome abbiamo capito che questa non è l’intenzione di questo Consiglio regionale e della Giunta, ribadisco che non parteciperemo al voto.
Speaker : PRESIDENTE
Relatore Corsi, prego.
Speaker : Enrico CORSI (Liga Veneta per Salvini Premier)
Grazie, Presidente.
Visto che non sono di Padova, ma ho studiato un po’ questa proposta di legge, vorrei contestare alcune affermazioni che sono state fatte dalla collega Camani.
Innanzitutto noi oggi non andiamo ad approvare una fusione, ma andiamo ad approvare un referendum che metterà i cittadini nelle condizioni di potersi esprimere se desiderano o no unificare due piccoli Comuni in un unico Comune un po’ più grande. Poi, sul fatto della fretta, io credo che una cosa che parte dal 2022, non dalla settimana scorsa, non sia esattamente una questione di fretta. Anzi, c’è stata la pubblicazione sull’Albo Pretorio, è stato pubblicato e nessuno si è opposto. Nemmeno quel Comune che vorrebbe adesso aderire ha fatto espressione di voler partecipare. Ci son state due consultazioni nei due Comuni. È vero, non ha partecipato l’unanimità dei cittadini, però c’è stata una forte maggioranza di chi ha deciso e voluto partecipare a quella questione referendaria.
Credo che oggi chi fa un po’ di politica e ha un po’ di esperienza sa benissimo che, più o meno, come ha detto anche prima il capogruppo Pan, è così, non si arriva mai a un quorum del 100%. Addirittura, spesso e volentieri non si raggiunge neanche il 50%.
Credo che poi – visto che continua a ribadire che questa è una strategia per la ricandidatura di uno dei due Sindaci – saranno i cittadini a esprimersi. Non è che domani mattina, votando oggi, abbiamo già deciso che ci sarà l’unificazione di questi due Comuni. Ci sarà un voto popolare dove i cittadini avranno modo sulle questioni e su quello che verrà presentato alla cittadinanza, di dire se vogliono o no proseguire l’iter di unificazione.
Perciò, credo che oggi in Consiglio regionale negare il diritto a due Comuni che hanno espresso, sia a livello comunale e consiliare sia con una consultazione pubblica, il diritto di poter esprimersi su un’unificazione, che certo non porta a un Comune di 10.000 abitanti, porta a un Comune di 2.300 abitanti. Ma sappiamo anche benissimo le difficoltà che ci sono oggi nei vari Comuni piccolini nel poter sostenere i servizi e le attività. Portare un Comune ad una capienza maggiore, avendo anche a disposizione delle risorse, sicuramente darà a queste comunità un’opportunità in più ad avere servizi migliori.
Come ha detto prima l’assessore Calzavara, da qui si parte, poi si andrà avanti. Si auspica addirittura che anche la modifica della legge che andremo a votare porti ad una maggiore consapevolezza nei tanti piccoli Comuni che abbiamo sul territorio veneto a unificarsi e a unire i servizi, altrimenti veramente queste comunità, questi cittadini oggi li priviamo di moltissimi servizi che, invece, hanno le città di una certa dimensione, dal vigile urbano agli sportelli, a tutta una serie di servizi importanti.
Io credo, perciò, che oggi noi dobbiamo assolutamente condividere quello che è arrivato dalla votazione, ripeto, di due Consigli comunali e da un referendum che è stato fatto nella popolazione. Poi decideranno i cittadini in forma finale e si deciderà se questi Comuni si dovranno unificare e arrivare ad un unico Comune di 2.300 abitanti, oppure se la proposta avanzata dai due Consigli comunali verrà bocciata. E questo potrebbe essere anche un boomerang se qualcuno, come sostiene lei, volesse ricandidarsi, perché se ci fosse una bocciatura sicuramente non sarebbe un segnale positivo.
Speaker : PRESIDENTE
Collega Soranzo, è chiusa la discussione generale. È in dichiarazione di voto in questo momento. Per dichiarazione di voto, prego.
Speaker : Enoch SORANZO (Fratelli d’Italia - Giorgia Meloni)
Grazie, Presidente.
Premetto che il Gruppo di Fratelli d’Italia voterà favorevolmente a questa proposta, a questo progetto di legge. Però, io vorrei riportare quest’Aula, questo Consiglio a una riflessione. Collega Camani, non si può portare un impianto di contrarietà annunciando la non partecipazione al voto del suo Gruppo, a mio avviso, a nostro avviso, partendo dal presupposto che il tutto è finalizzato a pensare che questa proposta di legge o, meglio, sembra che la motivazione principale, principe di questa sua o vostra decisione sia il fatto che ci sia un desiderio di un Sindaco appartenente a una forza politica di maggioranza relativa in quest’Aula che ne sia il vero motivo, la principale motivazione, e non ci sia nessun’altra motivazione. Questo è molto riduttivo, ed evito di aggiungere qualsiasi altra definizione, perché credo che non sia corretto.
Voglio, però, portare il ragionamento su un altro piano di riflessione, che è questo. Lei ha portato tutta una serie di motivazioni ritiene che questa proposta sia assolutamente irricevibile perché di fatto non è nella linea del Piano di riordino depositato e presentato dall’assessore Calzavara. Ora, il Piano di riordino sicuramente detta delle linee-guida, detta dei dati messi a disposizione di tutti i Comuni. Ma sicuramente, anche il fatto che ci sia un giudizio di meritevolezza significa che quest’Aula ha sempre la possibilità di verificare eventualmente anche altre situazioni.
Poi ha portato all’attenzione di quest’Aula una cosa che non è di poco conto, l’ha portata nella discussione, citando il relatore e alcuni interventi. Ma la vera domanda… Collega Camani, credo che lei dovrebbe ascoltare l’intervento, come io ho ascoltato tutti i suoi, ben due: in questo momento dovrebbe rispondere a un fatto. Quest’Aula si dovrebbe domandare una cosa: lei dice, che di fatto non si deve fare perché non c’è stato un percorso partecipato, perché alla fine sono otto persone che assumono, tra l’altro a maggioranza, questa decisione nei Comuni. Scusi, collega Camani, lei è stata una persona impegnata anche a livello amministrativo: mi può spiegare perché le due delibere dei Consigli comunali di Vighizzolo d’Este e di Carceri vengano approvate in Consiglio comunale a marzo, vengono pubblicate all’Albo pretorio, e come prevede la legge per 15 giorni chiunque può depositare osservazioni di contrarietà, per le quali non è pervenuta nessuna osservazione?
La verità è che coloro che erano d’accordo e che volevano partecipare hanno partecipato a quella che è stata l’intervista della popolazione. Chi di fatto non ha nessuna contrarietà non si è neanche recato ad esprimersi, perché se qualcuno voleva esprimersi contrariamente, l’avrebbe fatto, eccome. Noi vediamo il sorgere di comitati per il no per tantissime cose, anche molto. Questo non è vero. La politica ha voluto, lei ha portato la politica a dire di no. Ma non può, quest’Aula, pensare di poter discutere una proposta di legge che si basa su valutazioni, o sostanzialmente su posizioni politiche. Neppure l’amico, e ho un grande rispetto del Sindaco di Ponso, che si attiva solo tardivamente perché le note di contrarietà – abbiamo assistito in Commissione – vengano trasmesse alla Regione da marzo, delle delibere dei Consigli comunali di questi due Comuni, solo a giugno.
Solo a giugno cioè pervengono le note, e l’amministrazione pubblica parla per atti pubblici, non per parole e neanche per sentimenti. Aggiungo poi un aspetto importante: non è vero che questi due Comuni non hanno, nello studio fattibilità, poi lei ha elencato tutto ciò quello che non può andar bene e che non conta., ma ci deve essere un profondo rispetto anche della storia. Sono 10 anni che questi Comuni cercano di fondersi, di fare percorsi insieme.
Abbiamo ascoltato che le popolazioni e le comunità di questi due Comuni sono, tra virgolette, fuse, appartengono gli uni agli altri, storicamente in questo senso, per storia, collega Camani. Per storia.
Se lei va a parlare con i cittadini di quei Comuni se ne accorge.
In ultima, se posso dire, le esperienze ci conducono – l’ha riportato l’assessore Calzavara - quella che è l’esperienza di Quero Vas che, di fatto, come si dice: l’appetito vien mangiando, la verità è che molte fusioni sono state fatte a freddo. Io son stato un Presidente della Provincia che ha visto il via libera a due fusioni, quella di Este che è naufragata e c’erano delle motivazioni perché la fusione di Este, che vedeva un Sindaco della sua forza politica a portarla all’attenzione del Consiglio provinciale, ha fallito. Sono scritti negli atti della provincia di Padova e del Consiglio provinciale perché lì c’erano state già delle puntualizzazioni, ma nonostante questo anche in quella sede abbiamo portato avanti, nonostante fosse un Sindaco non del colore politico del Presidente, non del colore politico della maggioranza, l’abbiamo portata avanti perché c’erano assolutamente delle volontà. Anche lì, scusi, vada a vedersi gli atti com’erano le maggioranze, perché lei è stata colei che in quest’Aula ha portato, per tutta la maggioranza, la sua posizione di non partecipare al voto e portando tutti i motivi di contrarietà.
Ma, collega Camani, parlo con lei perché è padovana, parlo con lei perché ha portato a quest’Aula la posizione di tutti i padovani. Sono intervenuti, a parte il collega Corsi che ha fatto grande esercizio e lo ringrazio per la conoscenza del territorio padovano, l’abbiamo fatto da padovani, però magari i nostri colleghi non conoscono certi percorsi che hanno fatto, anche forze politiche. Ebbene, io sono qua a ricordarli io. Sono una persona che ormai ha perso molti capelli, ne ha fatti anche moltissimi di bianchi, ma non ho perso la memoria.
Ultima cosa. Il Sindaco di Carceri - io non sono l’avvocato del Sindaco di Carceri, non è esattamente la mia forza politica, ma non si può certamente dire che il Sindaco di Carceri si sia mosso in ritardo perché propone a luglio 2022, chiede l’attivazione alla Regione, come deve essere fatto, di un percorso per la fusione. Va in Consiglio comunale insieme al Comune di Vighizzolo, deliberano, pubblicano, rimane lì e solo dopo qualcuno si attiva.
Bene. Io penso di dire che, se è vero, come ha detto il collega Corsi, che questo progetto non funziona, collega Camani, lo debba essere sicuramente dei cittadini a dirlo, nella sede, nella opportunità che avranno di esprimersi.
Credo che quest’Aula abbia il dovere, però, di dare loro la possibilità di esprimersi nella loro totalità. Sicuramente, se c’è oggi un percorso da attivare, le esperienze ci dicono che, come Quero Vas aveva iniziato dieci anni fa un percorso e ad oggi c’è qualcun altro che vuole aggregarsi, nel tempo qualcuno ha dovuto ricredersi e magari ha trovato alcune esperienze, alcuni punti qualificanti che magari dieci anni fa non vedeva e adesso vede e intende aggregarsi a questo processo.
Concludo nel dire che il Piano di riordino non porta criticità, Assessore. Sa perché, collega Camani, non ci sono le criticità? Perché ci sono Assessori che vanno a tagliare l’erba al posto dei dipendenti perché non li hanno, perché ci sono servizi che vengono svolti dagli amministratori in silenzio perché non hanno né le risorse né l’organizzazione. Questo non sta scritto sulle carte, ma avviene costantemente.
Il Comune di Barbona che citava il collega Pan, che tra l’altro adoro, ha avuto per dieci anni, per otto anni, di cui gli ultimi cinque, il prestito di un cantoniere della Provincia, perché non aveva nemmeno la possibilità di avere un dipendente per fare le manutenzioni minime delle strade.
Ho fatto per quattro anni io e per cinque anni prima il Presidente precedente questa convenzione. Questa è la situazione di questi Comuni. Questa è la risposta che noi dobbiamo dare, evidentemente, se la richiedono. Grazie.
Speaker : PRESIDENTE
Venturini, per dichiarazione di voto.
Speaker : Elisa VENTURINI (Forza Italia - Berlusconi - Autonomia per il Veneto)
Grazie, Presidente.
Ribadiamo il nostro parere favorevole per la meritevolezza del prosieguo della procedura relativa a questo progetto di legge.
Metto in evidenza che quanto si dice, che si vada a favorire un soggetto perché possa ricandidarsi prossimamente… Guardate, non è neanche della nostra forza politica. In realtà, noi, con la nostra adesione, vogliamo semplicemente sostenere la proposta perché ne rileviamo la bontà. Vogliamo premiare lo sforzo che stanno facendo gli amministratori in quella parte di territorio, dove c’è una grande difficoltà nel riuscire a creare delle interazioni.
Volevo poi, viste alcune inesattezze da parte della consigliera Camani, ricordare che era il 2018 quando il Sindaco di Carceri inviava una nota al Sindaco di Vighizzolo e a quello di Ponso per iniziare a collaborare in vista di finanziamenti che la Regione veniva a stanziare per le fusioni.
Già ora esistono comunque delle convenzioni scritte (e non) tra i Comuni di Vighizzolo e di Carceri di collaborazione.
Come facevo notare prima, quando un Comune non ha i dipendenti perché sono in ferie i cittadini vanno nell’altro Comune.
Evidentemente ci sono già delle interazioni in quel territorio che hanno bisogno di essere, in qualche maniera, possiamo dire, sistemate. Si parte da qui oggi e poi progressivamente, se altri Comuni si aggregano, saremo ben felici nel sostenerli, perché riteniamo che sia fondamentale avviare questo processo di aggregazione del nostro territorio.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie.
Se non ci sono altre dichiarazioni di voto, metto in votazione il giudizio di meritevolezza di cui al PDL n. 209 “Istituzione del nuovo Comune denominato ‘Santa Caterina d’Este’ mediante fusione dei Comuni di Carceri e Vighizzolo d’Este della Provincia di Padova”.
È aperto il voto.
Avete votato tutti? Quelli che vogliono votare.
È chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
Andiamo al PDL n. 219 “Sviluppo e sostenibilità del turismo veneto”.
Relatrice la collega Scatto. Prego, consigliera Scatto.
Speaker : Francesca SCATTO (Zaia Presidente)
Grazie, Presidente.
Questo PDL, molto semplice, consente alle agenzie di viaggio di operare in modalità online. Questo PDL va a modificare la normativa, in particolare l’articolo 37 della legge regionale 14 giugno 2013, n. 11. Secondo il dettato della legge che andiamo a modificare, fino a questo momento l’attività di agenzia di viaggio deve possedere tutti i requisiti previsti all’articolo 37 della legge n. 11 che il titolare è tenuto a dichiarare alla Regione nel modello di SCIA per apertura di agenzia di viaggio o nel modello di comunicazione di trasferimento di sede dell’agenzia di viaggio. Dunque, si precisa che, al fine di consentire l’attività di agenzia di viaggio, allo stato l’articolo 37 della citata legge n. 11 del 2013, fra i requisiti, richiede nel Veneto un ufficio che sia aperto al pubblico con destinazione d’uso direzionale o commerciale. Dunque, ne consegue che allo stato l’attività di agenzia di viaggio non può essere svolta nell’esclusiva modalità online.
Il Veneto ha registrato una diminuzione del numero di agenzie di viaggio iscritte negli elenchi regionali. Questo è successo in particolare durante il periodo dell’emergenza Covid, in cui il numero delle agenzie è sceso drasticamente dal numero di 1.175 alla data del 30 giugno 2020 al numero di 1.064 alla data del 31 dicembre 2021. Cioè, praticamente, in un anno e mezzo ne abbiamo viste sparire 111.
La riduzione del numero di agenzie di viaggio successivamente è stata più contenuta, nel senso che alla data del 31 dicembre 2022 il numero di agenzie di viaggio iscritte negli elenchi regionali è risultato infatti pari a 1.042, cioè comunque sempre 133 in meno.
Negli ultimi anni, alcune Regioni italiane, la Lombardia, la Liguria, l’Emilia-Romagna, il Piemonte, la Toscana, la Puglia e l’Abruzzo hanno disciplinato l’attività delle agenzie di viaggio solo online, escludendo la necessità di un ufficio aperto al pubblico, con conseguente riduzione ovviamente dei costi di esercizio e di investimento per le suddette agenzie. Quindi, stiamo parlando di una proposta legislativa che vuole colmare il vuoto che si è creato e che interessa il fenomeno delle attività delle agenzie di viaggio e turismo svolta nella sola modalità online.
A tal fine, si propongono quindi le modifiche alla legge regionale n. 11 del 2013 per consentire che le agenzie possano in Veneto operare anche esclusivamente nella forma virtuale. Infatti, l’articolo 1 del disegno di legge modifica l’articolo 37 al comma quarto, lettera c) della più volte citata legge regionale n. 11 del 2013, consentendo la modalità di esercizio dell’attività solo online alle agenzie di viaggio, con ciò esonerando dal requisito dell’ufficio aperto al pubblico con destinazione di uso direzionale o commerciale, fermi restando ovviamente tutti gli altri requisiti che sono previsti dall’articolo 37 per prevedere, quanto al caso dell’agenzia di viaggio e turismo operante esclusivamente online, se il Comune in cui questa ha sede legale, a svolgere la vigilanza sulla stessa, accertando le violazioni, applicando le sanzioni ed introitando le somme.
A tal fine, l’articolo 2 della proposta legislativa in esame inserisce, dopo il comma 6 dell’articolo 49 della legge regionale 11 del 2013, il comma 6-bis con cui si dispone che per le agenzie di viaggio e turismo operanti esclusivamente in modalità online l’attività di vigilanza e accertamento delle violazioni, applicazione delle conseguenti sanzioni e acquisizione delle somme sia svolta dal Comune in cui queste abbiano sede legale.
L’articolo 3 propone la clausola di neutralità finanziaria. Mentre l’articolo 4 dispone la sua entrata in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
Grazie.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie a lei, collega.
Do la parola alla correlatrice, consigliere Camani.
Prego.
Speaker : Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)
Grazie, Presidente. Molto brevemente, perché la relatrice, Presidente Scatto, ha già sostanzialmente illustrato i contenuti del progetto di legge.
Solo alcune considerazioni molto veloci.
La prima: questo è un progetto di legge che interviene in un ambito rilevante dal punto di vista economico e che è stato - l’ambito turistico - che è stato oggetto dei cambiamenti profondissimi, ultimi dei quali quelli determinati dalla pandemia, ma che in generale è un settore che è stato coinvolto, in maniera profonda, da tutte le innovazioni, dai cambiamenti che sia dal punto di vista geopolitico e dal punto di vista tecnologico hanno investito tutti i comparti economici. Cambiamenti globali a partire dall’apertura di nuovi mercati. Le innovazioni nell’ambito digitale hanno, infatti, determinato un incremento esponenziale dei flussi turistici che ha coinvolto sostanzialmente tutti i Paesi del mondo. Ovviamente cambiano le destinazioni, cambiano le modalità di trasferimento alle destinazioni. Cambia anche la modalità attraverso la quale i viaggiatori selezionano le loro proposte e le loro possibilità di viaggio.
Dunque mi pare, come dire, opportuno che anche a livello regionale si intervenga sulla possibilità di allargare la funzione delle agenzie di viaggio e dei soggetti che organizzano pacchetti turistici alla modalità online.
Quindi, diciamo, nulla nel merito della proposta, che in effetti è molto semplice nella sua stesura, riguarda pochi articoli.
Consentitemi, però, di fare tre considerazioni di natura più generale.
La prima: visto che siamo la Regione dell’autonomia, io mi chiedo se, secondo voi, è verosimile, possibile, di senso che la materia turistica sia di competenza residuale delle Regioni.
Cioè noi oggi andiamo a cambiare una legge regionale, seguendo la strada intrapresa, a suo tempo, anche da altre Regioni, ma lo scenario che andiamo incontro è che potenzialmente ci possono essere 20 modalità regionali diverse di svolgere la funzione, il lavoro e la professione di agenzia turistica e, quindi, farla in Piemonte segue regole diverse che farla in Veneto.
Questo elemento di riflessione appare ancora più contraddittorio proprio quando discutiamo di agenzie online. Un conto è immaginare l’ufficio fisico, turistico, ubicato in Veneto con regole diverse da quelle ubicate in Campania, ma addirittura online, quindi la medesima agenzia turistica che svolge il medesimo lavoro online, una dichiara di avere la sede legale in Veneto, una in Campania, ma magari lavorano tutte e due da Milano, è sottoposta potenzialmente a due legislazioni diverse, proprio perché la materia turistica è una materia di competenza concorrente.
Lo dico perché, delle volte, presi dall’enfasi dell’autonomia e della volontà di avere qualcosa da dire di diverso da tutti gli altri, perdiamo un po’ di vista l’obiettivo finale, che dovrebbe essere quello di agevolare le professioni e le imprese all’interno di una normativa il più possibile omogenea con un livello di burocrazia il più possibile omogeneo. Invece, per esempio in ambito turistico, questo è uno degli argomenti che, a mio giudizio, dovrebbe anche portarci a fare alcune valutazioni più generali sulla distribuzione delle competenze di materia tra Stato e Regioni.
Non a caso la legge quadro sul turismo, approvata dal Parlamento qualche anno fa, è stata pezzo per pezzo smontata dalle diverse leggi regionali che sono intervenute in questo ambito e che hanno proposto delle cornici legislative differenti l’una dall’altra. Questa è la prima considerazione.
Seconda considerazione. Proprio perché non esiste una legislazione omogenea a livello nazionale, io credo che in questo progetto di legge dovremmo porre maggiore attenzione al tema dei controlli, nel senso che è evidente che la funzione di vigilanza e controllo rispetto ad attività commerciali che hanno luogo fisico è facilmente prefigurabile, immaginabile e costruibile. Altra cosa è disciplinare i controlli nel caso in cui l’agenzia di viaggi sia esclusivamente online.
Questo vale sia in riferimento, ovviamente, alla correttezza della prestazione erogata sia in particolar modo alla garanzia che l’utenza ha di avere un servizio corretto e coerente con le normative.
Terzo tema, più di contorno, di cornice, che sottolineo è l’iter che questo progetto di legge ha avuto durante questo percorso istituzionale.
Sappiamo benissimo che è stato un processo particolarmente accelerato, perché direttamente dal Presidente della Giunta arrivava la necessità e la richiesta di fare in fretta, a dimostrazione che quando si vuole si riesce a fare in fretta, io penso che noi dovremmo, però, avere il tempo di approfondire anche quelle questioni, che ho provato a sollevare, di natura tecnica rispetto a questo PDL per poter fare, pur nella fretta che ci porta a soddisfare le richieste del presidente Zaia, un lavoro preciso e puntuale rispetto a un tema che ci sentiamo nel merito di condividere.
Grazie.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie.
Collega Ostanel, prego.
Speaker : Elena OSTANEL (Il Veneto che Vogliamo)
Grazie, Presidente.
Intervengo su questo provvedimento perché, come ricorda l’Assessore, ma anche la Presidente, quando lo abbiamo visto in Commissione Sesta, avevo sollevato la questione che portare una riforma di questo tipo, molto importante, che anch’io condivido nel merito, in pochissimo tempo, ovviamente perché c’era stata una richiesta, come ha appena detto la collega Camani, senza però avere il tempo di approfondirla, e vi ricordo che quel giorno si è voluto votarla nel giro di poche ore, infatti io era uscita dall’Aula e non l’avevo votata, mi portava a dire che c’era bisogno di fare degli approfondimenti. Allora, da quel momento ad oggi alcuni approfondimenti ho provato a farli e oggi propongo alcuni emendamenti, che sono quelli che, secondo me, porterebbero, per quanto possibile, io, ad esempio, avrei pensato, invece, che un provvedimento di questo tipo avesse bisogno anche di un percorso in Commissione diverso, cioè con delle audizioni almeno di quelle agenzie che oggi si trovano ad operare ancora in presenza, perché magari sono quelle agenzie familiari, fatte dalle famiglie che da tempo fanno questo e che faticano a transitare online nel momento in cui magari non hanno dei figli che hanno voglia di aprire l’agenzia anche online, perché effettivamente quello che accadrà, io credo, è che la concorrenza delle agenzie online sarà abbastanza impari rispetto a quelle magari più tradizionali, più piccoline, che rimarranno ad avere dei locali, dove pagheranno effettivamente un affitto, e staranno lì a ricevere il pubblico. E questo è uno dei temi su cui, ad esempio, ho fatto un emendamento, tra l’altro prendendo esempio da altre Regioni, come diceva la presidente Scatto, che hanno già normato in questo ambito e su cui oggi possiamo già vedere degli effetti. E parto da qui, da uno degli emendamenti forse più importanti, cioè quello di potere o meno vendere il servizio con un incontro fisico. Che cosa significa? Significa che delle agenzie, a cui sarà permesso di lavorare online, che non avranno i costi di un immobile, che potranno aprire più facilmente, in realtà quello che faranno, come normalmente si fa, è ricevere il pubblico eventualmente a casa o in altri luoghi, facendo sostanzialmente quello che fa un’agenzia in presenza, anche quando in realtà non pagherà gli stessi costi di quelle agenzie piccoline che invece basano tutto sulla presenza e che, tra l’altro, nei Comuni più piccoli sappiamo e sapete esistere più che nei Comuni grandi.
Provando allora a prendere esempio da altre Regioni, quello che avevo provato a fare con l’emendamento che trovate è di dire che le agenzie online non potranno vendere i loro prodotti con un ricevimento pubblico, o in un locale pubblico o in un locale privato. Tanto che ad esempio alcune Regioni per normare questa cosa, la Regione Lazio diceva che si può mantenere, ad esempio, la destinazione urbanistica residenziale nel momento in cui uno mette la propria sede dell’agenzia in casa solo se non si ricevono lì i clienti. Capite bene infatti che sarebbe complicato vedere che qui non c’è una concorrenza sleale; oppure Lombardia, Campania, Puglia e Toscana, che non prevedono la necessità di un cambio di destinazione d’uso nel momento in cui si apre un’agenzia online, se l’attività è online, ovviamente, ma poi il Lazio dice, e anche la Campania “non potete però ricevere il pubblico a casa”, che era un po’ quello che io provo a mettere in questo emendamento. L’altra questione, l’altro emendamento è invece relativo ai controlli, su cui anche abbiamo discusso in Commissione, tanto che ricordo ai Consiglieri che la CAL ha espresso parere favorevole, ma identificando alcune raccomandazioni. Leggo testualmente dal loro parere, che dice “di prevedere strumenti di accompagnamento allo svolgimento della nuova attività di controllo cui i Comuni sono tenuti in virtù di questa legge”, e sappiamo bene che la vigilanza e il controllo non sono in capo alla Regione, ma in capo ai Comuni, però la Regione può fare due cose: o chiudere gli occhi e dire “fate voi i Comuni”, sapendo che i Comuni fanno fatica a fare questo tipo di controlli; oppure, può dire di fare un’altra cosa: prevedere di coordinare, o meglio, di aiutare i Comuni, magari con una forma di coordinamento e di supporto, come chiede la CAL, anche facendo della formazione, ad esempio, ai vigili urbani che saranno quelli preposti a questo tipo di controlli sulla nuova norma, perché magari essendo una nuova norma hanno bisogno anche di capire cosa devono verificare e controllare. Questo è quello che chiede la CAL, quindi l’ho messo all’interno di un emendamento dove si dice che ad esempio come fanno altre Regioni, al fine di garantire la trasparenza e anche la possibilità di controllo, si deve indicare nel sito internet delle agenzie online gli stessi dati di autorizzazione che devono esporre nei locali quelle fisiche? Quindi sostanzialmente è più facile poi fare anche per i vigili urbani, il controllo di vedere che un’agenzia che ha aperto online ha la scia, la possibilità, insomma, di essere verificata. L’altra cosa di mettere, invece, in un ordine del giorno, che ho presentato, a firma anche degli altri colleghi, quello che sostanzialmente la CAL richiede, cioè che la Regione del Veneto non si lavi le mani rispetto ai controlli demandati ai Comuni, che supporti i Comuni in questi controlli perché quello che noi dobbiamo evitare, nel merito della norma io posso essere anche d’accordo, ma quello che io sto provando ad evitare, è una forma di concorrenza sleale.
Quello che accadendo nelle altre Regioni che hanno già normato è che tante agenzie, anche estere, mettano una sede legale in uno studio commercialista di qualsiasi tipo, dentro la Regione, in questo caso del Veneto, e operano da fuori.
Allora vogliamo tutelare con - almeno io voglio - questi emendamenti provare un minimo tutelare la capacità delle agenzie, in questo caso nate in Veneto, spesso a conduzione familiare, che nei nostri Comuni hanno tenuto in piedi anche una forma, diciamo, appunto, di presenza nel dare questo tipo di servizi, soprattutto alle popolazioni più anziane che non prenderanno mai un viaggio online e non si fideranno di non vedere il venditore.
Quindi, per riuscire a tutelare questo tipo di agenzie, che nella nostra Regione sono tante, fatte da uno o due o tre persone, genitori e i figli che lavorano in quelle piccole agenzie, io credo serva mettere delle norme rispetto al controllo.
È per questo che quel giorno mi ero tanto arrabbiata che il Presidente Zaia abbia deciso che una norma doveva passare così velocemente, quando in realtà quello che provavo a dire è: fate attenzione, perché la veneticità dei nostri imprenditori, di cui tanto voi parlate, passa anche attraverso queste norme. Cioè che vengano approvate in quattro e quattro otto, non si mettono i controlli e poi succederà che le piccole agenzie a conduzione familiare, nei comuni del Veneto, chiuderanno. Chiuderanno perché avranno la concorrenza sleale, se non controllata, delle agenzie online, aperte non solo da imprenditori veneti, ma aperte da imprenditori ovunque che mettono la sede legale nel nostro territorio.
Allora, siccome questo dovrebbe essere un baluardo della vostra azione politica, almeno così a livello ideale, prendo le vostre parole e dico: iniziamo a fare dei controlli in più, ad avere un ruolo proattivo come Regione per effettuare questo tipo di controllo sulla concorrenza sleale, non perché non possano aprire le agenzie online, figuriamoci, ma perché servono anche quelli in presenza.
Quindi, chiedo davvero all’Assessore di fare un ragionamento rispetto a questi emendamenti di buonsenso che non hanno alcuna, diciamo, voglia di fare ostruzionismo in Aula per un provvedimento ma di mettersi a lavorare per fare quello che, io credo, andava fatto prima; per rafforzare questa proposta di legge con delle norme un po’ più stringenti e che permettano appunto di verificare che le agenzie online facciano il loro lavoro come devono.
Altre Regioni, ripeto, non solo di colore politico di centrosinistra, ma anche di centrodestra, hanno fatto esattamente questo in Italia. Grazie.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie a lei.
Non vedo altre richieste di intervento. Chiudiamo la discussione generale.
Sospendiamo la seduta del Consiglio con ripresa alle ore 14.30.
Invito anche la Commissione a esprimere un parere sugli emendamenti o adesso o dieci minuti prima della ripresa dei lavori. Mettetevi d’accordo, quando volete.
Colleghi, se prendete posto iniziamo la seduta.
Colleghi, siamo sul progetto di legge n. 219. Abbiamo chiuso prima la discussione generale.
Ora iniziamo con l’articolato e con l’esame degli emendamenti. Siamo sull’emendamento n. 5, presentato dalla collega Baldin.
La collega Baldin non c’è, quindi lo diamo per letto. Apriamo la votazione sull’emendamento 5, col parere contrario da parte del relatore.
È aperta la votazione.
È chiusa la votazione.
Siamo adesso sull’articolo 1.
Ci sono dichiarazioni di voto? Interventi. Apriamo la votazione… Collega Ostanel… Ah okay. Apriamo la votazione sull’articolo 1.
È aperta la votazione.
È chiusa la votazione.
L’articolo è approvato.
Abbiamo due articoli aggiuntivi, quindi abbiamo l’emendamento 1 della collega Ostanel.
Prego, collega.
Speaker : Elena OSTANEL (Il Veneto che Vogliamo)
Grazie, Presidente.
L’emendamento ha l’obiettivo di far inserire sul sito delle Agenzie che apriranno online il numero di SCIA. Quindi, come previsto per quanto riguarda i locali aperti al pubblico che devono esporre il numero di SCIA, devono fare la stessa cosa i soggetti che aprono un’agenzia online, mettendolo nel proprio sito. Questo è fatto per favorire, appunto, i controlli da parte dei Comuni e da chi ne è preposto. Quindi presento anche l’emendamento 4, nello stesso intervento, perché, congiuntamente a questo emendamento, poi si interviene per prevedere le sanzioni nel momento in cui un soggetto, un’agenzia online, non mette la SCIA visibile nel proprio sito web.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie, collega.
Non vedo altre richieste di intervento.
Quindi apriamo la votazione sull’emendamento.
Assessore Caner, se si può prenotare, attraverso l’applicazione.
Vada, vada. Alla prossima volta.
Speaker : Ass.re Federico CANER
Mi son dimenticato di registrarmi.
Faccio veloce. Solo per dire che questo emendamento è accoglibile, così come quello successivo che è collegato, che è il numero 4, poi la collega Ostanel lo dirà, è accoglibile semplicemente perché va a chiarire una normativa che, di fatto, esiste già, nel senso che all’articolo 49, quello che fa riferimento alle sanzioni, al comma 3, lettera h), già si parla, di fatto, di SCIA, nel senso che si ritiene che sia già esplicito il fatto che chi ha un’agenzia la debba esporre. Ovviamente nel caso di agenzia online noi ritenevamo logico che l’esposizione fosse online. Quindi l’emendamento della collega Ostanel non fa altro che esplicitare meglio una norma che però, secondo noi, di fatto era già implicita.
Quindi, favorevole.
Speaker : PRESIDENTE
Bene. Quindi apriamo la votazione sull’emendamento 1, con il parere favorevole da parte del relatore.
La votazione è aperta.
Chiusa la votazione.
L’emendamento è approvato.
Siamo sull’emendamento 2, sempre della collega Ostanel.
Prego.
Speaker : Elena OSTANEL (Il Veneto che Vogliamo)
Grazie, Presidente. Questo l’avevo illustrato anche mentre intervenivo prima.
L’obiettivo, come altre Regioni, è quello di fare in modo che le agenzie online non possano ricevere pubblico e quindi vendere direttamente i loro prodotti in locali pubblici o privati.
L’obiettivo di questo emendamento è per fare sì che ci sia, diciamo, una parità di trattamento tra chi ha un’agenzia fisica e chi ce l’ha online, visto che quelle online, proprio perché sono online, non dovrebbero prevedere di avere un luogo dove ricevere i propri clienti.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie.
Non ci sono altre richieste di intervento.
Apriamo la votazione sull’emendamento 2, con il parere contrario da parte del relatore.
La votazione è aperta.
È chiusa la votazione.
L’emendamento è respinto.
Siamo ora sull’emendamento n. 4, sempre della collega Ostanel.
Lo dà per letto.
Apriamo la votazione, con il parere favorevole da parte del relatore.
Votazione aperta.
È chiusa la votazione.
L’emendamento è approvato.
Decade, quindi, l’emendamento n. 3, sempre presentato dalla collega Ostanel.
Siamo sull’articolo 2. Ci sono interventi?
Apriamo la votazione sull’articolo 2.
È chiusa la votazione.
L’articolo è approvato.
Articolo 3.
Non ci sono interventi.
Apriamo la votazione sull’articolo 3.
È chiusa la votazione.
L’articolo 3 è approvato.
Articolo 4.
Non ci sono richieste di intervento.
Apriamo la votazione.
È chiusa la votazione.
L’articolo 4 è approvato.
C’è un ordine del giorno, che è il n. 6, che è stato riformulato, presentato dai colleghi Ostanel, Camani ed altri: “Garantire un coordinamento delle attività di controllo in capo ai Comuni in relazione allo svolgimento dell’attività di agenzia di viaggio che esercita esclusivamente online”.
Lo vuole illustrare, collega? Prego.
Speaker : Elena OSTANEL (Il Veneto che Vogliamo)
Grazie, Presidente.
Questo è un ordine del giorno che prende i commenti che erano stati fatti dal CAL quando aveva dato parere positivo al provvedimento.
In Ufficio di Presidenza abbiamo previsto una modifica, che quindi leggo: “Impegna la Giunta a prevedere strumenti di informazione ai Comuni per lo svolgimento delle attività di controllo ai quali sono tenuti ai sensi di questa normativa”.
quindi questa è la modifica. L’obiettivo è quello di dire sostanzialmente che la Regione non si lava le mani rispetto ai controlli che i Comuni devono fare, ma invierà, farà in modo di inviare delle informazioni, un’informativa ai Comuni per dire come dovranno poi effettuare i controlli tramite la polizia. Penso che questo sia il minimo che una Regione può fare per prevedere e supportare i Comuni nell’attività di controllo per l’apertura delle agenzie online.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie, collega.
Non ci sono altri interventi, quindi apriamo la votazione sull’ordine del giorno n. 6.
È aperta la votazione.
È chiusa la votazione.
L’ordine del giorno è approvato.
Passiamo ora alle dichiarazioni di voto. Se non ci sono dichiarazioni di voto… Assessore, vuole intervenire?
Chi vuole intervenire in dichiarazione di voto sul progetto di legge? Prego, collega Venturini.
Speaker : Elisa VENTURINI (Forza Italia - Berlusconi - Autonomia per il Veneto)
Grazie, Presidente.
È un parere positivo quello che noi esprimiamo per questo progetto di legge, perché ci rendiamo conto che ci dobbiamo mettere al passo con i tempi. Quello che auspichiamo è un po’ in linea con questo emendamento, un’intensificazione dei controlli, perché leggendo dai fatti di cronaca si verificano truffe online. Sicuramente, la presenza fisica è garanzia di maggiore affidabilità, perché è difficile che un’agenzia fisica sparisca nel nulla. Ecco perché sono importanti i controlli e un’azione di sinergia con i Comuni da parte della Regione.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie.
Collega Ostanel, prego.
Speaker : Elena OSTANEL (Il Veneto che Vogliamo)
La dichiarazione di voto è un po’ per ribadire quello che è stato detto anche in discussione generale: abbiamo approvato con degli emendamenti a rendere più facile per i Comuni, come chiedeva la CAL, la possibilità di fare dei controlli.
Io ho ancora dei dubbi rispetto alla norma, nel senso che come dicevo, rispetto all’inizio, bisogna vedere poi effettivamente quello che accadrà quando le agenzie online potranno aprire e se queste avranno un impatto sulle agenzie fisiche. È ancora presto per dirlo chiaramente anche rispetto alle altre Regioni che hanno legiferato in materia. Però, siccome c’è stata una presa in carico almeno di alcune questioni, e secondo me quella più importante è quella di aver detto che la SCIA va esposta, la polizia, per fare dei controlli dovrà e potrà guardare i siti delle agenzie online, invece che andare lì fisicamente. Questa è la cosa più importante, e spero che nell’informativa che la Regione invierà grazie a questo ordine del giorno sarà scritto in maniera molto chiara che questa è l’attività che la Polizia dovrà fare: guardare tutte le nuove agenzie, l’elenco e andare a verificare il loro lavoro, insomma, come devono fare rispetto al lavoro che fanno online e avere la SCIA per permettere di fare, rispetto al controllo di cui abbiamo discusso in Ufficio di Presidenza sulla possibilità di non ricevere le persone io penso sarebbe stato importante, invece, approvarlo. Non è stato fatto, ma credo che andare a mettere in norma il fatto che non si possano ricevere le persone fisicamente, avrebbe permesso di dividere i due mondi. Cioè chi ha un’agenzia fisica e che riceve le persone, chi ha l’agenzia online, che fa un lavoro puramente online, io l’avrei messo in norma. La Giunta ha deciso di non farlo, insomma, immagino di aver capito anche le motivazioni. Io non le condivido, ma le ho comprese.
Allora, il voto in questo caso sarà positivo, perché non sono contraria. Il Gruppo del Veneto che vogliamo non è contraria, diciamo, alla norma di favorire la possibilità di avere un’agenzia online e perché mi sembra che oggi abbiamo raggiunto un minimo, non l’ottimo, ma un minimo di maggioranza di controllo su quello che poi sarà l’attività di un’agenzia online.
Chiedo davvero all’Assessore, però un impegno serio, rispetto al fatto che nei prossimi mesi o anni, quando la norma andrà in vigore e quando si vedrà come opereranno le agenzie online, anche per andare, diciamo così, a controllare che non ci siano né frodi, né concorrenze sleali, perché questo può ancora capitare con la norma anche un po’ messa a posto. Davvero chiedo di fare un lavoro di controllo, perché nel caso quello che accadrà sarà quello che magari io pensavo all’inizio, bisognerà avere l’umiltà di tornare indietro.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie.
Collega Scatto, prego.
Speaker : Francesca SCATTO (Zaia Presidente)
Grazie, Presidente.
Allora io credo che questo così piccolo PDL abbia, in realtà, dimostrato che c’è la volontà, comunque, di adeguarsi ad un mondo che è sempre in fieri, in continuo divenire.
Mi fa piacere apprendere che anche dai banchi dell’opposizione è stata accolta la ratio di questa legge. Non dobbiamo mai dimenticare che, comunque, è solo una pretesa quella che ci porta a dire: non devono esserci sopraffazioni, deve esserci la legalità. È una pretesa legittima. Ma non possiamo pretendere di avere sempre e costantemente un controllo che possa farci dire: no, andrà tutto bene, sempre, perché questo fa parte poi anche della vita.
Quello che ci interessa è che, comunque, tutte le cose che vengono fatte siano comunque condivise, portino ad un qualcosa di aggiuntivo in tema di passo avanti nella gestione dei nostri imprenditori.
L’impegno della Regione per il controllo mi pare l’abbiamo dimostrato, come sempre. Grazie.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie, collega. Ci sono altre richieste di intervento in dichiarazione di voto? Non vedo altre richieste.
Apriamo la votazione sul progetto di legge n. 219.
Votazione aperta.
È chiusa la votazione.
Il progetto di legge è approvato.
Colleghi, passiamo al punto n. 8: “Variazioni delle circoscrizioni territoriali dei Comuni di Arsiero e di Laghi in provincia di Vicenza”, PDL n. 210. Giudizio di meritevolezza.
Collega Cestaro, prego.
Speaker : Silvia CESTARO (Zaia Presidente)
Grazie, Presidente.
Ai sensi degli articoli 117 e 133 della Costituzione, le Regioni possono modificare le circoscrizioni territoriali dei Comuni sentite le popolazioni interessate e le norme previste dalla legge regionale, legge regionale del 1992, n. 25, “Norme in materia di variazioni provinciali e comunali. Disciplina per quanto di competenza regionale delle variazioni delle circoscrizioni dei comuni e delle province nonché il mutamento delle denominazioni dei comuni”.
Le variazioni delle circoscrizioni comunali possono consistere anche nell’aggregazione ad altra parte del territorio di uno o più Comuni. Ai sensi dell’articolo 4, comma 3, della suddetta legge regionale, quando uno o più Comuni, anche nel loro insieme, non acquisiscono titolo all’esercizio del potere di iniziativa legislativa per le variazioni delle circoscrizioni comunali previsto dall’articolo 20 dello Statuto regionale, i relativi Consigli possono presentare le loro richieste di variazione alla Giunta regionale, che, entro sessanta giorni, trasmette al Consiglio regionale il corrispondente disegno di legge o respinge la richiesta dandone comunicazione motivata alla competente Commissione consiliare.
Alla luce della normativa sopraindicata, i Sindaci dei Comuni di Arsiero e di Laghi, in provincia di Vicenza, con PEC rispettivamente del 16 marzo 2023 e in pari data anche per il Comune di Laghi, hanno chiesto alla Giunta regionale di rendersi promotrice di un disegno di legge di variazione delle circoscrizioni comunali, trasmettendo le seguenti deliberazioni: delibera del Consiglio comunale di Arsiero del 23.2.23 ad oggetto “Atto di iniziativa per la variazione delle circoscrizioni comunali dei Comuni di Arsiero e di Laghi” – come da legge regionale citata – e delibera del Consiglio comunale di Laghi (uguale alla precedente).
Le sopra richiamate deliberazioni comunali sono state pubblicate all’Albo pretorio online dei rispettivi Comuni per 15 giorni consecutivi e sono diventate esecutive ai sensi di legge, così come attestato dai certificati di esecutività trasmessi. Nel periodo di pubblicazione all’Albo pretorio sono pervenute osservazioni da parte di quattro Consiglieri del Gruppo consiliare Siamo Arsiero.
I Comuni di Arsiero e di Laghi fanno parte dell’Unione Montana Alto Astico e sono due realtà confinanti all’interno della Val Posina.
La principale attrazione turistica dell’area è rappresentata dalla presenza di due laghi. Il più piccolo ricade in parte nel territorio di Laghi, mentre il lago grande è ubicato interamente nel territorio di Arsiero. I laghetti sono un unicum dal punto di vista ambientale e paesaggistico.
Nel corso degli anni entrambi i Comuni hanno subìto un generale spopolamento dovuto al trasferimento delle famiglie in centri abitativi più attrattivi. Le attività economiche presenti nel territorio di Laghi si riducono a poche strutture ricettive, e il turismo giornaliero non risulta sufficiente a sostenere le poche attività commerciali presenti.
Potenziare la principale attrazione turistica del territorio costituita dai due laghetti darebbe sicuramente impulso all’economia dell’intera vallata, con ricadute positive sul turismo e sul ripopolamento del territorio.
Tuttavia, la realizzazione di questo obiettivo presuppone l’esistenza di una regia comune, ovvero di una omogeneità di intenti che potrebbero aggiungersi ricomprendendo sotto il solo Comune di Laghi entrambe i laghetti.
Si eviterebbero così sovrapposizioni di competenze, e il Comune di Laghi potrebbe continuare insieme all’Unione Montana Alto Astico la programmazione di interventi finalizzati in primis a impermeabilizzare il lago più grande, che subisce periodicamente uno svuotamento per il verificarsi di fenomeni carsici a causa dei quali l’acqua viene inghiottita da alcune cavità, con conseguente riduzione del valore naturalistico della zona.
Inoltre, è prevista la creazione di percorsi pedonali, la realizzazione di un chiosco e di un’area da destinare a spiaggia balneabile.
Il predetto intervento comporterebbe un incremento consistente degli arrivi e delle presenze turistiche a vantaggio di tutta la vallata, e dunque anche nel Comune di Arsiero. Quest’ultimo, infatti, già dotato di banche, poste, supermercati e servizi, compresa l’emergenza 118, diventerebbe punto di riferimento dei servizi essenziali utili al villeggiante.
L’aggregazione della zona dei laghetti del Comune di Arsiero al Comune di Laghi sarebbe compensata dall’aggregazione Comune di Arsiero di un’area boschiva denominata Campoluzzo, attualmente ricompresa nei confini comunali del Comune di Laghi. In quest’ottica lo spostamento dei confini comunali, con le aggregazioni di tutto il lago piccolo e del lago grande nel territorio del Comune di Laghi faciliterebbe gli interventi previsti, in quanto gli stessi sarebbero promossi e coordinati da un’unica regia.
Il trasferimento territoriale si tradurrebbe, pertanto, in un’occasione di compartecipazione alle iniziative di incentivazione di sopravvivenza della vallata, di ripopolamento e di valorizzazione nell’ambiente naturale.
Quanto la individuazione delle popolazioni interessate di cui all’articolo 133, secondo comma della Costituzione occorre ricordare, in via generale, che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 94 del 2000, il legislatore regionale è intervenuto riscrivendo l’intero articolo, indicando nel Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, l’organo competente ad individuare le popolazioni interessate al referendum consultivo sulle singole proposte di legge di modifica territoriale; individuazione che andrà fatta tenendo conto dei principi indicati dalla giurisprudenza costituzionale e dando per acquisito come indirizzo generale il principio che normalmente, per le popolazioni interessate, si intende l’intera popolazione del Comune di origine o di quello di destinazione.
Il legislatore regionale ha tuttavia precisato - anche qui sulla scorta dei princìpi derivanti dalla giurisprudenza - che in casi eccezionali si può prescindere dalla consultazione dell’intera popolazione con riferimento a casi particolari da individuarsi anche con riferimento alla caratterizzazione distintiva dell’area interessata, al mutamento territoriale, nonché alla mancanza di infrastrutture o di funzioni territoriali di particolare rilievo per l’insieme dell’Ente locale.
Pertanto, in base all’attuale quadro normativo, è il Consiglio regionale, su proposta della Giunta a dover individuare in concreto, tenuto conto della modifica territoriale per la quale si richiede l’intervento legislativo, quale sia la popolazione che deve essere necessariamente sentita in ossequio al principio di autodeterminazione delle popolazioni interessate e contenuto nell’articolo 133 della Costituzione e da verificare se ricorrono quei casi particolari che portano ragionevolmente ad escludere la sussistenza dell’interesse qualificato che giustifica l’interpello dell’intera popolazione dei Comuni coinvolti.
Tutto ciò ricordato, occorre evidenziare che il disegno di legge in esame non prevede che l’iter legislativo sia preceduto da alcuna consultazione referendaria, in quanto, nello specifico caso che interessa la variazione delle circoscrizioni dei Comuni di Arsiero e Laghi, è stata individuata in concreto, alla luce della giurisprudenza costituzionale, richiamata l’assenza di una popolazione interessata alla modifica territoriale da sentire necessariamente così da proporre al Consiglio regionale di poter procedere direttamente con legge alla modifica rispettivamente nelle due aree.
Al riguardo, e in più in particolare, l’attestazione di entrambi i Sindaci, relativa al fatto che le porzioni del territorio coinvolte nella variazione circoscrizionale sono inferiori al 10% del territorio comunale e si caratterizzano trattandosi di territorio prettamente montano per la totale mancanza di infrastrutture, di funzioni territoriali di rilievo e di abitazioni depone nel senso di riconoscere la ricorrenza dei casi particolari cui fa riferimento la legge già citata.
Tuttavia, la contestuale attestazione dei rispettivi Sindaci, afferente alla circostanza che sempre nelle stesse attestazioni delle aree interessate alla variazione delle circoscrizioni dei Comuni di Arsiero e Laghi non sono presenti elettori residenti, porta a ritenere che la previa consultazione della popolazione interessata dalla variazione delle circoscrizioni comunali attraverso l’indizione di apposito referendum non sia necessaria.
Pare utile ricordare, infine, che già in un precedente caso di variazione territoriale la Giunta regionale, anche sulla scorta di un parere reso dall’Ufficio legislativo del Consiglio regionale dell’epoca, ha ritenuto determinante l’assenza di popolazione residente nelle aree interessate al fine di proporre al Consiglio regionale la relativa modifica.
Si tratta della variazione delle circoscrizioni territoriali dei Comuni di Arcole e di Zimella in provincia di Verona, attuata con legge regionale nel 2007.
In quel particolare caso si è proceduto con la modifica di alcune aree di entrambi i Comuni interessati, ma la consultazione referendaria ha riguardato i soli elettori residenti nell’area interessata alla variazione circoscrizionale del Comune di Arcole, in tutto ventidue elettori con diritto di voto, in quanto non vi erano elettori residenti nella porzione di territorio interessata dal Comune di Zimella.
Anche in quel caso il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, facendo applicazione dei criteri contenuti nell’articolo 6 e dei principi indicati dalla giurisprudenza nell’individuare la popolazione interessata, tenuto conto della particolarità che caratterizzava l’area in oggetto di variazione territoriale, ha escluso dalla consultazione la popolazione dell’intero Comune.
Questo disegno di legge si articola in quattro articoli, che poi verranno esposti in sede di votazione. Grazie.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie a lei.
Correlatrice è la collega Luisetto. Prego.
Speaker : Chiara LUISETTO (Partito Democratico Veneto)
Grazie, Presidente.
A seguito delle audizioni e dell’esame in Commissione del progetto di legge n. 210 di iniziativa della Giunta, relativo a variazioni delle circoscrizioni territoriali dei Comuni di Arsiero e Laghi in provincia di Vicenza, siamo chiamati oggi a dare un giudizio di meritevolezza su tale provvedimento.
Si legge nella relazione che entrambi i Comuni nel corso degli anni hanno subìto un generale spopolamento dovuto al trasferimento delle famiglie in centri abitativi più attrattivi.
Le attività economiche presenti nel territorio di Laghi sono oggi ridotte a poche strutture ricettive e il turismo giornaliero non risulta sufficiente a sostenere le poche attività commerciali presenti. Da queste considerazioni iniziali, la Giunta deriva la necessità di potenziare la principale attrazione turistica del territorio, ritenendo necessaria allo scopo una regia comune da realizzarsi con l’aggregazione di uno dei due laghi ora ricadente nel territorio di Arsiero, e da spostare nel Comune di Laghi, che per compensazione cederebbe una zona boschiva denominata Campoluzzo, a 1.700 metri di altitudine, con un’area di circa 137.000 metri quadrati, della quale non vengono fornite ulteriori specifiche, se non che la stessa e il laghetto oggetto della variazione, non sono abitati, non vi sorgono infrastrutture né funzioni territoriali di rilievo.
Per tali motivi si ritiene che tali aree ricadano nei casi particolari previsti dall’articolo 6, comma 1 della legge regionale 25 del 1992, per i quali la Giunta valuta non necessaria l’indizione di un referendum che coinvolga la cittadinanza.
Alla luce di queste premesse, è opportuno chiarire alcuni aspetti. Il Comune di Laghi ha oggi 125 abitanti; è inserito nel nuovo piano di riordino territoriale tra i Comuni a media o alta criticità del Progetto Fusioni, obiettivo 500 Comuni, quindi tra i Comuni che la Regione ritiene urgente portare ad aggregazione, e confina con il Comune di Arsiero (3.021 abitanti).
Entrambi fanno parte dell’Unione Montana dell’Alto Astico. Un Comune di 125 abitanti, Laghi, che lo stesso assessore Calzavara durante le audizioni in Commissione ha spiegato come non abbia ragion d’essere, in un’ottica di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, per ragioni demografiche e geografiche, perché un ente di 125 abitanti non può gestire in autonomia i servizi essenziali alla propria comunità. Valutazioni, queste, non soltanto teoriche, ma confermate dallo stato della gestione attuale dei servizi delegati quasi totalmente all’esterno.
Ad oggi, infatti, anagrafe e segreteria sono esercitati già dal Comune di Arsiero. Il servizio finanziario e i tributi, oltre ai servizi sociali, sono esercitati dall’Unione Montana; l’edilizia privata e pubblica da un dipendente in comando del Comune di Zanè.
Il Comune di Laghi ha attualmente in pianta organica un operaio e un impiegato di categoria C che segue alcune pratiche soltanto in fase istruttoria. Il complesso dei servizi e delle funzioni fondamentali è delegato all’esterno.
Secondo il piano di riordino, approvato dalla Giunta regionale lo scorso 7 aprile, l’obiettivo da realizzare è il ridisegno della geografia amministrativa del territorio, per promuovere una riorganizzazione organica e armoniosa che generi una governance virtuosa ai diversi livelli.
Seguendo tale intendimento il Comune di Laghi è l’archetipo perfetto dell’Ente locale destinato a fusione, ha pochissimi abitanti, garantisce i servizi solo ricorrendo a Enti esterni e a realtà sovracomunali. Inoltre è zona montana. Dunque richiede un’attenzione particolare sul tema della prossimità e della risposta ai bisogni di chi sceglie di vivere in questo luogo bellissimo, ma certamente non vicino ai principali servizi e strutture.
Alla luce di queste considerazioni, quando in Commissione ho chiesto al Sindaco di Laghi perché non avesse valutato una fusione con il Comune di Arsiero, data la situazione e la collaborazione stretta già in essere tra le due comunità, la risposta è stata: “Non ci sentiamo pronti”.
Ma veniamo al tema della promozione turistica e alla lotta allo spopolamento, presi in considerazione dalla Giunta regionale e citati nella relazione al PDL 210. Quali ragioni di utilità del provvedimento?
È bene in questo senso chiarire che Laghi gestisce da tempo il proprio patrimonio ambientale e paesaggistico in una dimensione sovracomunale, in continuità con il Comune di Arsiero nel quadro dell’Unione montana. È sempre l’Unione montana ad essere proprietaria, da decenni, dei terreni circostanti il lago. Il solo specchio d’acqua è di proprietà del Comune di Arsiero, compresi i 40 parcheggi adiacenti, della cui gestione e cura si occupa direttamente l’Unione e continuerà ad occuparsene anche se questa variazione dovesse essere malauguratamente approvata.
Dunque è all’Unione che il Comune nel cui territorio ricade il lago dovrà chiedere il permesso e riferirsi per realizzare iniziative e attività di promozione e sviluppo.
Ciò vale oggi per Arsiero e varrebbe domani per Laghi. Non ha il minimo fondamento la valutazione sopracitata, dove la Giunta motiva, con la creazione di una regia comune, la spinta che questo provvedimento dovrebbe dare nel potenziare l’attrattività turistica di Laghi, arrivando addirittura a contrastare, non si capisce in che modo, lo spopolamento e la riduzione demografica.
Il fatto che il terreno in questione ricada nel Comune di Arsiero o di Laghi è assolutamente irrilevante a questo fine. È del tutto evidente che spopolamento e calo demografico non si risolvono con uno scambio di pezzi di territorio tra i due Comuni, ma necessitano di una regia, di una visione programmatica in materia di gestione aggregata dei servizi, di investimenti e politiche lungimiranti. Ma purtroppo oggi di tutto questo noi non stiamo parlando.
Veniamo ora a ciò che il Comune di Laghi ha e il Comune di Arsiero non possiede e cioè la vera ragione di questo provvedimento che non troverete scritta in nessuna pagina del fascicolo.
Laghi è un Comune di prima fascia nell’attribuzione dei fondi di confine. Sapete, tra le altre, quale parte di territorio è confinante con il Trentino? Guarda caso l’area boschiva denominata Campoluzzo a 1700 metri, ricadente in Comune di Laghi e oggetto della compensazione al Comune di Arsiero priva di infrastrutture turistiche, servizi ai visitatori.
Il vero motivo di questo progetto di legge è dunque far ottenere pochi metri di terra confinanti con la Provincia autonoma di Trento al Comune di Arsiero e sperare nell’ottenimento dei fondi, cosa niente affatto scontata.
Se l’Aula, infatti, approverà questo progetto, accetterà di creare un precedente di portata dimensioni tali da generare conseguenze forse non ben ponderate.
Penso alle richieste che arriveranno da subito dall’Altopiano dei Sette Comuni o dal Bellunese, territori dove numerosi Comuni di seconda fascia saranno, giustamente, legittimati a chiedere e ottenere scambi di territori per accedere ai fondi.
Una vera e propria disincentivazione, legittimata per legge alle fusioni e aggregazioni.
L’esatto opposto di quanto scritto e sostenuto dalla Giunta nel Piano di riordino territoriale.
La prova che non esiste un disegno reale finalizzato a supportare la promozione delle gestioni comunali associate e una organizzazione efficace dei servizi e delle funzioni fondamentali, coinvolgendo in un riordino complessivo tutti i livelli di governance.
Qualcuno mi dovrebbe spiegare come - stamattina l’Assessore lo diceva: dobbiamo creare le condizioni ottimali per arrivare al 2030 - come un provvedimento del genere ci porta al 2030.
Questa è una mercificazione che svilisce la fatica di chi le fusioni le ha portate avanti, credendoci e mettendosi in gioco anche elettoralmente pur di dare una prospettiva di garanzia, di servizi e futuro alla propria comunità e che vanifica ogni parola scritta nel Piano di riordino, nel progetto di legge che a breve andremo a discutere.
È la rinuncia dell’Istituzione regionale a svolgere il proprio ruolo di programmazione e governo del territorio, nel senso più pieno di questo compito, senza considerare che l’aprire la strada in questo modo ad analoghe richieste non rimarrà senza effetti anche in termini di accesso ai fondi di confine.
Quale sarà la posizione del Comitato di gestione dei fondi di fronte a questa decisione?
Avete valutato che potrebbe essere uno scambio che non raggiunge il proprio scopo e nel contempo mina dalle fondamenta un’idea di territorio e una prospettiva di coerenza?
Per convincerci su Carceri e Vighizzolo stamattina avete sperticato parole sull’importanza di sostenere le fusioni. Bene, ora siamo davanti a una mercificazione dei territori per non andare a una fusione.
Laghi e Arsiero si devono fondere se vogliono dare un senso alla collaborazione che già c’è, che è già in essere, per costruire politiche che garantiscano servizi attraverso risorse certe, in un quadro di reali passi in avanti verso l’efficientamento della pubblica amministrazione, verso una progettazione dello sviluppo turistico ed economico locale sinergica.
Prestare il fianco ad una logica di scambio, lo ribadisco, di mercificazione dei territori, non è degno di questa Assemblea e non è rispettoso delle cittadine e dei cittadini di Arsiero e Laghi, a cui non vengono proposte oggi soluzioni di prospettiva ai problemi della denatalità, dello spopolamento e della carenza di servizi, ma viene offerta una possibile pezza che creerà strappi ben più grandi.
Chiedo a quest’Aula di esprimersi tenendo a mente le argomentazioni illustrate, consapevoli delle responsabilità che abbiamo nei confronti di tutti gli Enti locali di questa Regione e del peso che una decisione favorevole eserciterebbe su di essi. Grazie.
Speaker : PRESIDENTE
Valdegamberi.
Speaker : Stefano VALDEGAMBERI (Gruppo Misto)
Visto il tema che, ahimè, conosco abbastanza bene, perché parliamo di Comuni di confine, colgo l’occasione per evidenziare alcuni aspetti.
Tutti sappiamo la storia come è andata, come è nata, questi stanziamenti per i Comuni di confine che vanno attorno alle Regioni a Statuto speciale, dalla Lombardia fino al Veneto e per quelle disuguaglianze che si percepivano soprattutto nei territori confinanti rispetto alle Regioni a Statuto speciale.
Oggi cosa abbiamo fatto? Abbiamo spostato la disuguaglianza ai paesi vicini. Francamente, sul fatto di considerare puramente il confine non sempre si fa un atto di equità. Ci sono Comuni, come ad esempio San Mauro di Saline, uno a caso, in Lessinia, il quale è totalmente montano, è un piccolo Comune, ed è circondato da Comuni che non sono neanche loro di confine, ma solo per strisce, per confini strani, per la geografia, per motivi geografici, anche se avrebbe più senso essere di confine questo rispetto ad altri, che vengono neanche in seconda fascia, che non hanno nessuna possibilità, essendo totalmente montani, piccoli, tra i più poveri che c’è, hanno meno possibilità che un Comune a 5 chilometri di distanza che può permettersi di avere milioni di euro per fare magari due palazzetti, tre cose. Ormai hanno soldi in abbondanza e uno fa la penuria e non riesce a rattoppare le buche delle strade.
Allora, questo tema volevo sollevarlo perché va trattato, a mio avviso, a livello anche nazionale, per non creare il confine del confine, i nuovi confini tra quelli che hanno soldi in abbondanza e quelli che non hanno nemmeno i soldi per pagare e le lacrime per piangere, dovremmo a mio avviso avere un criterio più di fascia omogeneo di un territorio attorno ai confini e non guardare letteralmente i confini fisici e geografici, perché questi in molti casi sono fortemente discriminanti di uno rispetto all’altro anche se vivono in realtà omogenee o magari addirittura migliori rispetto ad un altro Comune. E questo fatto si ripete in due o tre situazioni che io conosco personalmente, ma penso si ripeta in tante altre situazioni nel Veneto, magari da Altopiano ad arrivare anche al bellunese. Quindi, partire da una logica puramente del “io tocco un Comune perché tocca con pochi metri il confine e si trova pieno di milioni di euro, l’altro che magari è lì vicino, ma per pochi metri non tocca il confine è fuori gioco” mi pare una cosa veramente fuori da ogni ben di Dio. Al di là del fatto che io dico che la montagna deve essere trattata tutta allo stesso modo e non può esserci una discriminazione all’interno della montagna. Con questo non dico che non vanno bene i fondi ai Comuni di confine, anzi, però dico che secondo me vanno creati criteri più omogenei su aree che tengano presente anche le difficoltà di quei territori. Se c’è un Comune che è particolarmente turistico e ha entrate maggiori, non possiamo addossare ancora soldi a quello e magari quello più vicino che è prettamente più agricolo e un po’ più arretrato non ha nemmeno accesso ai fondi. Dobbiamo trovare un criterio di maggiore eguaglianza, invito che rivolgo ovviamente a chi rappresenta, ma anche a noi che rappresentiamo la voce delle Regioni presso lo Stato, di portare questa voce, perché potrei portarvi esempi che gridano vendetta all’ingiustizia tra un Comune e l’altro, pur confinanti, e uno che non accede neanche alla seconda fascia perché c’è un intreccio di confini fatti in un certo modo, mentre altri che non sanno più dove spendere i soldi o che magari non sono neanche in grado di spenderli. Pensiamo a un Comune al confine con il Lago di Garda – l’ho sentito ieri – che ha rinunciato a milioni e milioni di euro, Malcesine, che è un Comune straricco del Lago di Garda, è di confine, ha avuto milioni e milioni di euro, mi diceva ieri un vecchio amministratore che non è neanche stato in grado di spenderli e ha consegnato 10, 15, 20 milioni di euro per incapacità di gestire questi soldi, e ci sono Comuni che non hanno neanche i soldi per asfaltare le strade, come San Mauro di Saline o altri piccoli Comuni, che non sono neanche di seconda fascia. Quindi, togliere questa ingiustizia per me è una cosa doverosa, sono tutti cittadini italiani, premiando le aree più deboli rispetto a quelle che non hanno bisogno di quei soldi, che non sono neanche in grado di spenderli, ma li sperperano o li usano in cose che non servono.
Facciamo un’azione anche legislativa, magari proposta dalla Regione, ma a livello nazionale, per dare maggiore equità ed evitare che succeda quello che magari legittimamente, io conosco Laghi, è un bellissimo Comune, con questo laghetto, perché se parte questa cosa magari ne partiranno anche degli altri. Non c’è dubbio. Io ne conosco qualcuno che per pochi metri, come Roverè Veronese – ne dico uno a caso che mi viene in mente – non confina, pur essendo al pari di Bosco. Bosco ha una striscia a nord, e per pochi metri Roverè Veronese non entra in territorio trentino non essendoci a contatto.
Basta cambiare, basta una piccola variazione e abbiamo un Comune come Roverè; di conseguenza, San Mauro entrerebbe in seconda fascia e avrebbe beneficio anche quello.
Secondo me la possibilità migliore non è quella di andare a rivedere i confini, ma è quella di vedere il modo di… Se ci sono la Lessinia, il Bellunese, spalmiamo in maniera omogenea, diamo dei parametri in base agli indici di sviluppo, o di sottosviluppo, per cui chi è più fortunato avrà qualcosa in meno, chi è meno fortunato avrà qualcosa in più, ma dividiamo le risorse in maniera più equa; altrimenti, avremo veramente il far west su questo, fra poco.
Ovviamente, non sono neanche convinto che il piccolo per forza debba scomparire. Delle volte, quando tu fai scomparire un piccolo Comune, e lo trasformi, come ho visto, in alcuni casi, in una frazione: prima c’è tutta la partecipazione dei cittadini, degli amministratori, che fanno anche volontariato, succedeva stamattina, c’è gente che si dà da fare, eccetera. Quando hanno tirato via la municipalità, alla fine lo hai trasformato in una semplice frazione, e lo fai morire. Bisogna stare attenti, non è una regola… Le economie di scala delle volte diventano anche diseconomie, dove il più grande mangia il più piccolo e comporta ancora più abbandono del territorio.
Anche se una organizzazione a livello superiore, come regola generale, può andar bene, però non è sempre il modello giusto, ma è come si applica il modello, in che modo viene declinato. Questo volevo dire. Quindi, visto che i temi sollevati oggi per dire: guardate che questo potrebbe porre problemi anche ovunque, perché a questo punto io mi immagino Roverè Veronese che per pochi metri riesca a ricollegarsi con il Trentino, quindi diventerà anche questo Comune di confine, e a sua volta salva anche San Mauro, che oggi non è nemmeno in seconda fascia.
Volevo solo porre il tema all’attenzione, soprattutto anche del legislatore nazionale, perché al di là delle modifiche strumentali si faccia una revisione della politica dei Comuni di confine in maniera più equa e omogenea, perché poi non diamo, ripeto a Malcesine, brava gente, questo Comune più ricco del lago di Garda, straricco di turismo, 15 milioni, 20 milioni che poi nemmeno li spendono, quando magari ce n’è un altro che varrebbe 200.000 euro, magari, per asfaltare le strade e non li ha. Questo è il paradosso.
Speaker : PRESIDENTE
Assessore Calzavara
Speaker : Ass.re Francesco CALZAVARA
Grazie, Presidente.
Riprendendo l’ultimo intervento del collega Valdegamberi, è chiaro che stiamo parlando di una realtà non normale in tutto il Veneto, che vede alcuni Comuni della nostra Regione particolarmente privilegiati, Comuni che sono di destra, di sinistra, di sopra o di sotto, che a seconda dei bisogni utilizzano queste risorse in maniera più o meno adeguata e rispondente a quelli che sono i bisogni del loro territorio.
Per questo che quando abbiamo guardato questo processo di modifica dei confini tra i due Comuni, abbiamo cercato di capire qual era il primo obiettivo senza fare il processo alle intenzioni.
Qui noi non possiamo permetterci di fare il processo alle intenzioni alle due Amministrazioni locali, pensando che sotto ci sia questo obiettivo di andare a portare a casa più soldi. Probabilmente ci riusciranno, ma questo fa parte di una normativa nazionale che è, credo, non più contemporanea rispetto ai bisogni e alla trasformazione e ad altri bisogni che ci sono nel territorio e che oggi vede alcuni territori particolarmente premiati senza esserne necessariamente bisognosi.
Un po’ il discorso, non si capisce perché il Friuli Venezia Giulia debba essere ancora una Regione a statuto speciale o il Trentino Alto Adige deve avere quei privilegi che oggi non si giustificano più rispetto a una Regione come il Veneto, l’Emilia Romagna.
Quindi, si dovrebbe andare a rivedere un po’ l’architettura istituzionale di tutto questo Paese, cercando di comprendere quelli che sono realmente i bisogni di territori che devono rimanere e devono continuare ad essere competitivi e capaci di attrarre nuove opportunità.
Per questo quello che ci sembra più importante di questo progetto è il tentativo di due amministrazioni, di dimensioni diverse; Laghi viene spesso citato, lo cito anch’io quando sono andato in giro per parlare delle fusioni come un Comune che non ha più, nelle sue dimensioni, come dire, non lo si può neanche definire un Comune di 123 abitanti, 25, 187 quelli che sono in alcune parti del nostro Veneto, è un condominio 123 persone! Però ha le sue caratteristiche, la sua tipicità e credo che questo percorso di valorizzazione e mettere assieme i due Comuni, come Arsiero e Laghi, per cercare di valorizzare quella che è la tipicità di quel territorio e quindi fare progetti di attrattiva territoriale e turistica come la valorizzazione di questi due laghi, sia il vero obiettivo di questa Amministrazione.
Il vero obiettivo nel medio periodo; nel breve, spero, medio periodo, ma credo che il percorso poi sarà inevitabilmente quello, come abbiamo visto nel caso prima di Carceri e Vighizzolo, di arrivare a una fusione, perché sarà il tempo, se non sarà la legge. È chiaro che se fosse per me - io ne parlo, così, dal punto di vista esclusivamente personale, queste cose dovrebbero passare attraverso una fusione a freddo. Sono delle scelte. La Francia ha fatto una scelta completamente diversa. Ha lasciato i Comuni e quindi ha lasciato i municipi e gli ha tolto le funzioni, perché questo è successo. Quindi il Sindaco va a tagliare l’erba o va a alzare la bandiera il 4 novembre.
Questa è una scelta che ha fatto un altro Stato. Da noi ancora si mantiene questa forte identità, questa idea che il territorio debba essere rappresentato comunque da amministrazioni, ma credo che il percorso che dimostreremo nel corso dei prossimi anni porterà queste amministrazioni inevitabilmente a creare le condizioni di mettersi assieme, perché nel momento in cui ho già delegato il 90% delle funzioni ad altri non vedo perché non si debba pensare che questo territorio anche attraverso un progetto di marketing territoriale che vede questi due laghi metterli assieme possa trovare una nuova forza e proporsi in maniera assolutamente più contemporanea e capaci di soddisfare i bisogni sia dei clienti ma anche dei cittadini che usano quel paese, che lo vivono e che nella presenza in Commissione dell’Amministrazione di Laghi non li abbiamo visti particolarmente sofferenti. Anzi, erano assolutamente sereni e contenti di fare un paio di manifestazioni che attirano migliaia di persone nella loro città, capaci di essere attrattivi.
Siamo convinti che, attraverso questa sinergia tra questi due Comuni, questa parte del Veneto avrà capacità di essere ancora più forte, ancora più capace di creare condizioni di crescita economica dei loro cittadini nei loro territori.
Speaker : PRESIDENTE
Camani, prego.
Speaker : Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)
Grazie, Presidente. Il problema io non credo siano i fondi di confine, collega Valdegamberi, o meglio lo sono, ma ovviamente non è oggetto, purtroppo o per fortuna, della nostra discussione.
Il problema è, secondo me, cosa siamo disposti ad accettare, per il quieto vivere o per, come dire, accondiscendere alle richieste, quelle più fantasiose che ci arrivano dai territori.
Perché, guardate, io ho già detto cosa pensavo prima rispetto alla fusione Carceri e Vighizzolo e già pensavo che in quel caso avessimo raggiunto un livello rilevante di irresponsabilità.
Poi, arriva questa discussione. Non so, colleghi, se vi è chiara la questione di cui stiamo discutendo e sulla quale siamo chiamati a esprimerci.
Cioè due Comuni, di cui uno praticamente inesistente, di 150 abitanti, che si mettono d’accordo per scambiarsi dei pezzetti di territorio. in modo da poter accedere entrambi ai fondi di confine, Punto, assessore Calzavara. E non confondiamo, per favore, la serietà con l’ingenuità. Non facciamo un processo alle intenzioni, ma non siamo neanche deficienti. Non siamo neanche deficienti. Noi non lo siamo e quindi lo dico pubblicamente nell’Aula. Non siamo né deficienti e né ingenui. Tant’è che il Comune di Arsiero mica chiede chissà quale territorio per farci chissà cosa, chiede un corridoietto stretto e lungo-lungo che arriva proprio al confine, che non ha altre finalità, se non quella.
Anche il Comune di Laghi si prende la superficie del lago perché tutto quello che c’è intorno è già, come ha detto la correlatrice, di gestione e di proprietà dell’Unione montana.
Di cosa stiamo parlando? Se io dico che la gestione dei fondi di confine non va bene e poi avvallo operazioni di questo tipo sono corresponsabile in pieno.
Se l’obiettivo che ho, di riordino territoriale, per avere più risorse è quello di moltiplicare i Comuni che possono accedere ai fondi di confine, prendiamo il Comune più grande che abbiamo, che sta in centro alla Regione, e facciamo tutti i raggi che arrivano ai confini, così ogni Comune può avere il suo pezzettino per accedere ai fondi di confine. È un’idea.
Consigliere Formaggio, stiamo lì. L’idea che voi state portando avanti, accettando questa richiesta, è esattamente in questa direzione. Non lamentiamoci della disciplina dei fondi di confine, perché finché ci sono Regioni che accettano questo livello di confronto e di discussione, mi pare il minimo che possa accadere.
Quando, giustamente, l’assessore Calzavara, non io, ha chiesto al Sindaco di Laghi “Ma perché non fate la fusione” questo ha detto “i miei cittadini non sono pronti”. L’Assessore ha detto: “150 persone. Vengo io due giorni, suono cento campanelli e li convinco”.
Ma non la sto prendendo in giro, Assessore. Non vi sto prendendo in giro. Vi stanno prendendo in giro quelli. La fusione non la fanno perché solo un Comune prende i fondi di confine. Il Comune di Laghi oggi fa fatica a chiudere il bilancio, perché una parte rilevante dei fondi di confine sono in quota capitale.
Ha ammesso lo stesso Sindaco in audizione che non ha i soldi per erogare i servizi ai cittadini con quelle dimensioni. Ha un dipendente. È ovvio che neanche i fondi di confine sono sufficienti per un Comune così piccolo per erogare servizi ai cittadini. Di cosa stiamo parlando? Di cosa stiamo parlando, se anziché non dico imporre, ma fare in modo che in quei territori si sviluppino processi di fusione, noi avalliamo il contrario, perché tutti ricorderemo che il Comune di Arsiero ha tentato un processo di fusione che è andato male per tante delle valutazioni che abbiamo fatto anche a inizio mattina.
Noi ai cittadini di Arsiero stiamo dicendo oggi “Ma chi ve lo fa fare di tentare altri percorsi di fusione, quando i soldi vi arrivano gratis, prendendovi il boschetto che arriva a confine?”.
È la coerenza, Assessore, tra quello che noi scriviamo nella progettazione regionale e i fatti concreti che mettiamo in campo per rendere credibili le parole che usiamo nei documenti e nei piani che ci vendete, come il Piano di riordino territoriale, che in realtà è filosofia, perché poi il vostro riordino territoriale passa attraverso queste operazioni, che servono a cosa? A far contenta la Sindaca di Arsiero, che ci guarda dalla tribuna, a far contento il Sindaco di Laghi, che così si tiene l’amicizia con la Sindaca di Arsiero. E la progettazione di questa Regione dov’è? E quando andiamo dalle altre parti del Paese e ci prendono in giro perché abbiamo un Comune da 150 abitanti cosa rispondiamo? Che non solo non facciamo niente per aumentarne la dimensione, ma che anche avvaliamo, perché dopo questo voto non c’è referendum. Perché per quello di prima mi avete detto: poi decide chi vota. Qua non c’è referendum. Del resto, state anche dicendo che, essendo scambio di porzioni di territorio disabitato, non serve neanche il referendum. Lo decidiamo noi. Votiamo oggi e la Giunta domani mattina fa lo scambio dei territori. Stiamo discutendo di questa roba.
A me va bene tutto, ripeto. Ognuno si assumerà le responsabilità delle cose che fa. Mi chiedo soltanto se avete fatto una valutazione di quanti altri Comuni si trovano nella stessa posizione di Arsiero, che vi assicuro che domani mattina vi avanzeranno la medesima richiesta. Quanti sono, consigliera Luisetto? Asiago… Una decina. Solo nel bellunese sono una decina. E poi c’è il vicentino. E io dopo pretendo che voi votiate a favore di tutti. È un modo di riorganizzare il territorio – perché no? –, assessore Calzavara. Ci abbiamo messo dieci anni a fare il nuovo Piano di riordino territoriale, può essere una nuova soluzione. Dovete votare “sì” a tutti. D’altronde, quando noi ci assumiamo una responsabilità determiniamo anche un precedente, pericoloso! Perché c’è – e guardo il capogruppo Soranzo – un quartiere di Noventa Padovana che forse preferisce andare con Vigonza. Ci sono tante realtà nei territori che iniziano a rizzare le orecchie rispetto a questo tipo di atteggiamento. Attenzione! Il dolo dov’è qua? La cosa grave dov’è qua rispetto anche al referendum precedente? Che qua non è che lo si fa per fare un favore al compagno di partito, qua lo si fa per accedere a dei fondi pubblici, cioè per essere corresponsabili, correi di un meccanismo che non premia la virtuosità. Lo diceva il collega Valdegamberi: il problema dei fondi di confine è che io non vado a decidere o a distinguere qual è il Comune virtuoso a cui assegno il fondo e quello non virtuoso a cui non lo assegno. Qua noi andiamo a premiare con i fondi di confine i Comuni che vanno esattamente nella direzione contraria a quella che lei, Assessore, ci ha detto che dovrebbe essere la direzione di marcia di questa Regione, cioè le fusioni, le Unioni dei Comuni, le aggregazioni territoriali, la dimensione ottimale della governance territoriale.
Questi fanno l’esatto contrario, prendendoci in giro, perché a cosa ci servirà mai il boschetto ad Arsiero, o il laghetto a Laghi? E noi gli diamo anche il premio, cioè, facciamo in modo che arrivi il premio. Guardate, credo che sia un atteggiamento molto pericoloso, rispetto al quale io invito ancora una volta la Giunta e il Consiglio a fare un approfondimento di riflessione. Qua non ci sono scadenze elettorali, Sindaci che terminano il mandato, quindi possiamo anche prenderci il lusso di rimandare il provvedimento in Commissione, valutarlo meglio, costruire insieme ai Sindaci soluzioni decenti, presentabili, non questa mercificazione del proprio territorio. È bruttissimo: è fortissimo che un Sindaco arrivi a mercificare il proprio territorio per 500.000 euro.
Torniamo in Commissione e riparliamone, ripensiamoci, valutiamo meglio, andiamo a fare un’indagine dell’impatto che questa cosa avrà negli altri Comuni che si trovano nella medesima situazione; e poi, se siete convinti, tornate in Aula, ma davvero vi chiedo di evitare di umiliare questo Consiglio regionale con una richiesta che ha a che fare con tantissime cose, tranne che con il governo del territorio.
Speaker : PRESIDENTE
Collega Montanariello.
Speaker : Jonatan MONTANARIELLO (Partito Democratico Veneto)
Grazie, Presidente.
Sarò breve, ma credo che alcune considerazioni sia un peccato non farle. Noi oggi stiamo discutendo di due operazioni, Assessore, che fanno tutto tranne che rispettare la tanto decantata autonomia che a noi piace tanto invocato ogni volta che dobbiamo rivolgerci agli altri, prima per un motivo, per cui diciamo “va bene, anche se non c’è la maggioranza del Consiglio che ha votato, anche se non c’è l’unanimità dei Consigli comunali, anche se al referendum hanno votato solo…” è una cosa sentita.
Prima, Assessore, non ho replicato, però è fortemente contraddittorio sentire che l’operazione di prima era fortemente avvertita dai due Comuni, avere 700 cittadini su 2.000 che votano e avere i Consigli comunali che non si esprimono all’unanimità. Una cosa è dire che c’è una maggioranza; ma dire “fortemente sentita” è un’altra cosa. “Fortemente sentito” poteva essere l’esito referendario che abbiamo avuto in Veneto sull’autonomia, ma quando votano 700 cittadini su 2000 non è fortemente sentita. Qua siamo ancora peggio. Qua utilizziamo il fatto che il terreno non è un terreno abitato per dire che possiamo anche non sentirli.
Intanto c’è un problema, Assessore, culturale, perché anche se il terreno può non essere abitato in maniera attiva ricordiamoci che fa parte di quel patrimonio identitario e culturale che un Comune o una comunità hanno. Perché noi siamo orgogliosi di tanti pezzi dei nostri territori, ma non è che se non sono abitati un pezzo di laguna possiamo portarlo via, tanto non è abitato, possono decidere gli altri per loro.
Quindi, Assessore, questo è il primo elemento.
Secondo, Assessore. È una cosa, anche volendo impegnarsi per spiegarla, difficile da spiegare.
C’è un impegno su uno scambio di territori di due Comuni, dove uno fa 3021 abitanti e uno 125 e questi due Comuni non fanno una fusione. È inspiegabile. Cioè non c’è un metodo per e credo che anche noi su questo, Assessore, dovremmo prendere delle posizioni ben forti.
Guardate, noi, uno dei primi emendamenti che abbiamo fatto e che anche è andato a buon fine all’inizio di questa legislatura è stato un emendamento di Possamai, vicentino, che chiedeva di stanziare, credo, 100.000 euro per chi dovesse fare degli studi sulle fusioni dei Comuni.
Quindi noi crediamo che le fusioni dei Comuni debbano essere, in una Regione come la nostra, un orizzonte semantico da provare a inseguire, pur essendo la Regione dei campanili, pur essendo la Regione delle identità culturali, delle comunità, ma quello è quello che noi dobbiamo in qualche modo cercare di raggiungere come obiettivo ed è quello che, in qualche modo, nel Piano di riordino ci diamo come obiettivo.
Però, se oggi noi avvaliamo queste scelte stiamo facendo, Assessore, il contrario di quello che diciamo, disincentivando la meritocrazia, disincentivando anche lo scopo del legislatore che decide perché i fondi di confine devono essere dati prima fascia; guardi, farei una battuta se non fossimo in un’Aula così importante, mi verrebbe da dire che Chioggia ha una pineta di proprietà in Cansiglio, createci un corridoio per arrivare fin là. Collega, ma non è questo il metodo di ragionamento. È palese che nessuno te lo viene a dire che è per una questione di fondi, ma è altrettanto evidente che è per quello.
Allora, se noi diciamo che stare insieme, che ottimizzare, che costruire, guardate la valorizzazione dei territori arriva dalle politiche condivise. Quando noi facciamo gli OGD, quando noi facciamo le Conferenze dei Sindaci, quando noi facciamo delle Comunità montane è perché dobbiamo creare politiche condivise per valorizzare i territori.
Noi oggi, Assessore, pur con una cosa che apparentemente può passare come un elemento non fortemente dirompente, come Regione Veneto stiamo dicendo: va bene, potete… anche perché, Assessore, se fossero due Comuni da 3000 abitanti l’uno, lei mi dice: “Va beh, Montanariello, devono convivere”.
Stiamo parlando che un Comune di 125 abitanti ha uno scambio di terreno con uno che ha 3021. Capisce, Assessore, che noi stiamo facendo tutto l’opposto di quello che abbiamo detto.
Dopo ce la racconteremo. Dopo ce la canteremo. Dopo diremo: no, non è così. C’è un tema identitario, culturale. Ma non è così. Lo sappiamo anche noi. Ed è pericoloso far vedere che i fondi destinati ad una certa categoria di territori e una certa categoria di Comuni possono diventare accessibili a tutti. Basta fare un pezzo di terra e avere un po’… come quando ero alle politiche coloniali che serviva lo sbocco a mare per poter incidere come potenza, oggi facciamo la stessa cosa. Uno sbocco al confine.
Allora, Assessore, intanto, io credo e me ne assumo la responsabilità, che sia una porcheria andare a fare questo tipo di manovre, semplicemente per attingere un contributo o un penny di più. Non ci dirà mai nessuno che è così. Ma viva Dio, cosa ci devono dire? Che è così?
Ma diteci qual è un altro motivo per cui debba essere il contrario. Noi pensiamo che possa essere questo. Diteci il motivo per cui debba essere il contrario.
È una porcheria, Assessore, è una cosa fatta da mediatori, da sanseri. Scambi di terreni da agenzie immobiliari. Cioè ci siamo ridotti a questo. È una cosa da mediatori. Queste cose si fanno nei campi. Queste cose avvengono nel mondo agricolo, dove ci sono i sanseri che dicono: “Venda sto tocco. Compra sto tocco”.
Noi siamo la Regione del Veneto. Facciamo un Piano di riordino territoriale e ci permettiamo anche il lusso di fare qualcosa che dice il contrario e di volerlo anche difendere.
Non ha una cornice di tenuta logica. Una cornice di tenuta amministrativa. Una cornice di tenuta… cioè non c’è nulla di logico in tutto questo se non l’idea di poter dire: “Va beh, andare più in là vuol dire avere un po’ più di soldi perché loro lo fanno e io no. Su questo, guardate, è anche poco politico e anche poco amministrativo che dei Comuni si prestino a questo. Noi dovremmo impedire queste cose, Assessore. Perché guardate che da domani non è uno scherzo quello che diceva la collega Luisetto: tutti i Comuni che avranno questa capacità sia di relazioni con il Comune vicino, di relazioni con il Comune vicino, che ha disponibilità territoriali per poterlo fare, lo faranno.
Allora vuol dire, Assessore, che per fare un piacere a qualcuno, nel giro di 2-3 anni noi stravolgeremo la geografia del Veneto. Un conto è stravolgerla per dire ottimizziamo, mettiamo insieme, facciamo politiche di sistema, politiche di valorizzazione larga, politiche di condivisione, e allora può avere un senso, ma così noi ci troveremo a stravolgere la geografia veneta, in questo caso. Io non oso immaginare se domani lo chiede Asiago o lo chiede qualcuno con che coraggio in quest’Aula noi diremo di no. Non dirà nessuno di no.
Assessore, io credo che su queste cose qui dovremmo fermarci, dovremmo pensare che fare il piacere all’amico di partito o al Sindaco amico non è sempre una cosa giusta nei confronti della Regione del Veneto e ricordarci che quando decidiamo lo facciamo su un interesse collettivo di una Regione che ha più di 500 Comuni, che ha 5 milioni di abitanti.
Noi oggi stiamo ragionando nel piccolo cabotaggio, Assessore. Nessuno si offenda, ma stiamo ragionando nella nicchia. Stiamo ragionando negli affari specifici di un territorio che non portano nulla di buono alla Regione, nulla di buono alla comunità circostante, nulla di buono ai territori che ne fanno parte. Porteranno di buono due schei di più nelle casse del Comune.
Se il ragionamento è questo, permetteteci di dire che siamo di gran lunga lontani, non perché, Assessore, ci permettiamo di dire che siamo dei fenomeni, no. In questa Regione il fenomeno è uno, ci basta, non ne vogliamo altri. Però, ci permetta di dire che forse una visione un po’ più ampia bisogna averla perché, Assessore, da domani, con questo provvedimento vi state assumendo la responsabilità di aprire il mercato delle vacche.
Tra l’altro, quest’Aula vede anche una presenza di politici vicentini molto influenti, cominciando dalla Presidenza del Consiglio, finendo agli Assessori. Quindi, io sfido che domani non ci sia il Comune di turno che chiamerà i nostri politici per chiedere lo stesso trattamento.
Mi creda, Assessore, io avrei pensato tutto, anche di dover giustificare fusioni che noi vogliamo, ma fusioni che stanno in piedi, fusioni che hanno un pro, fusioni che hanno un senso, ma non avrei mai pensato, Assessore, di trovarmi a fare il certificatore di quelle che sono delle politiche da agenzia immobiliare.
Assessore, diciamolo, oggi la Regione del Veneto, il Consiglio è occupato a fare un’operazione da agenzia immobiliare, dove scambiamo due terreni. Assessore, so che dopo lei replicherà.
Uso, assessore Calzavara, gli ultimi dieci secondi per chiederle, quando replicherà, di dirci per favore l’utilità pubblica di questa operazione. Le chiediamo l’utilità pubblica e l’interesse della Regione Veneto su questa operazione qual è. Ce lo dica perché siamo ignari. Vorremmo condividere con lei questa…
Speaker : PRESIDENTE
Zanoni, prego.
Speaker : Andrea ZANONI (Partito Democratico Veneto)
Grazie, Presidente.
Credo che le criticità di questo atto che andiamo a votare siano ormai chiare. Gli interventi di chi mi ha preceduto hanno sottolineato come andiamo ad avallare nel merito – ricordo che il sottotitolo di questo disegno di legge è “giudizio di meritevolezza” – un’operazione che nelle parole deriva da due deliberazioni dei Consigli comunali di Arsiero e Laghi e l’intento è quello di un incremento consistente degli arrivi e delle presenze turistiche, perché andremmo a unire questi laghi, un trasferimento territoriale che si traduce “in un’occasione di compartecipazione alle iniziative, di incentivazione e di sopravvivenza della vallata, di ripopolamento e di valorizzazione dell’ambiente naturale”, ed è anche una cosa positiva che si pensi all’ambiente, ma sono sempre parole, perché nei fatti andiamo a creare un precedente che è piuttosto pesante, un precedente che vede questo accordo tra due Comuni per scambiarsi dei territori e per far sì che chi non è Comune di confine lo diventi per poter attingere ai fondi di confine. Sembra un po’ una furbata. Quello che preoccupa è il principio. Se viene concessa da quest’Aula un’operazione del genere, questa furbata, perché poi non concederla ad altri? Si è trovato un escamotage. Ci sono tanti Comuni che sono nei pressi… Prima la collega parlava di un Comune centrale ai raggi. Può essere, anche se è un po’ tirata. Ma facciamo i conti di tutti quei Comuni che sono in prossimità delle aree di confine e che con piccole operazioni come queste potrebbero diventare Comuni di confine. Cosa ci troveremmo, la coda dei giudizi di meritevolezza di nuovi progetti di legge per tutti quei Comuni che stanno a qualche chilometro in là e che potrebbero, con degli scambi di favore, ottenere questa nuova geografia per arrivare a questi fondi? Ma chi siamo noi? Che cosa siamo? Cos’è questa Assemblea legislativa che deve recepire queste furbate? Quindi, credo che saggiamente dovreste ripensare a questo atto, rimandarlo in Commissione e rivedere tutto l’impianto.
Hanno bisogno di fondi. Questa è una cosa comprensibile, sicuramente. Piccoli Comuni!
Però troviamo qualche altra forma, non andiamo a forzare una legge e non facciamo la figura di quelli che mettono il timbro su una furbata, che è più che evidente.
Speaker : PRESIDENTE
Lorenzoni.
Speaker : Arturo LORENZONI (Gruppo Misto)
Grazie, Presidente. Sì, intervengo perché, effettivamente, mi sento un po’ così chiamato a esprimere un parere su una cosa che veramente mi colpisce.
Io voglio richiamare alcuni dati, perché forse non è chiara, nell’Aula, ma sicuramente tra i cittadini del Veneto, la partita.
Stiamo parlando di 48 Comuni che confinano con la Regione del Trentino Alto Adige e che hanno a disposizione per il 2023 24.000.000 di euro. Sono 500.000 euro a Comune messi a disposizione per indennizzare il fatto che, insomma, evitare che referendum, come quello di Cortina o di Lamon, portino il nostro territorio ad essere depauperato dal territorio stesso. Come abbiamo visto con Sappada: uno degli insuccessi dell’Amministrazione regionale degli ultimi anni. Credo sia stata l’unica Regione che ha perso territorio. E non è una bella cosa.
Quindi giusto che ci siano dei, diciamo così, degli ammortizzatori. Però, ecco, che questi ammortizzatori poi vengano gestiti in questo modo è abbastanza curioso, nel senso che parliamo di riordino territoriale. Qui parliamo di disordine territoriale. Cioè se vogliamo innescare dei meccanismi di riordino facciamolo, ne abbiamo la potestà e ne abbiamo anche la capacità.
Assessore, Io le voglio richiamare i Comuni di quell’area che hanno accesso ai fondi sono, come è già stato detto, Laghi con i suoi 125 abitanti, Posina: 555 abitanti; Pedemonte: 751 abitanti; Lastebasse: 201 abitanti e Valdastico 1237 abitanti.
Cioè stiamo parlando veramente di un’area che ha una cava che dà delle entrate e, sicuramente, dà la possibilità di gestire il territorio, ma dal punto di vista amministrativo stiamo parlando veramente del disordine territoriale. Se vogliamo innescare dei processi virtuosi lo possiamo fare. Facciamolo. Ma in questo momento andiamo nella direzione opposta.
Forse non è chiaro quali sono le finalità con cui vengono utilizzati questi fondi.
Io voglio richiamare solo una delle cose che sono, tra l’altro, in corso di finanziamento, ma è stato aggiornato il termine per la presentazione del progetto. Il progetto sviluppo turistico fiorentini e guardo il collega Giacomin che so che, come me, frequenta queste zone, sono stati concessi 11,1 milioni su 16,6 milioni del progetto.
È un’area che chi la frequenta sa quanto sia delicata, quanto unico sia questo paesaggio.
Bene, il Comune di Lastebasse ha fatto una proposta per uno sviluppo turistico di Fiorentini da 11 milioni di euro, finanziati con i soldi dei Comuni di confine.
È questa la finalità con cui noi vogliamo gestire il nostro territorio? Io sono veramente sorpreso perché capisco la poca sensibilità ambientale, ma da qui ad andare a favorire un progetto che è antistorico, perché ormai abbiamo capito che il turismo non è lo sviluppo immobiliare. A Fiorentini, tra l’altro, c’è stato tutto un problema con la società degli impianti che è gestita dal Comune di Folgaria e dai trentini che ha creato un sacco di problemi, è fallita la banca. Insomma, è un disastro.
Noi andiamo a innescarci in quel processo che già ha dimostrato tutti i suoi limiti. Non è solo questo. Un altro dei progetti finanziati, che mi ha incuriosito, è la cabinovia da Recoaro e Recoaro Mille. Questo mi piace, perché questo è in una logica di un turismo sostenibile. È solo 1,5 milioni. Non credo che possano fare molto con 1,5 milioni per riattivare la cabinovia, ma l’idea di utilizzare dei mezzi che non hanno emissioni per raggiungere le località turistiche è buona. Però, poi, quando sono andato a vedere come utilizza invece i fondi il Comune di Asiago, che ha avuto a disposizione 3,8 milioni su un progetto da 4,5, attenzione perché è curioso: per il potenziamento del benessere psicofisico della collettività. Sembra un film di quelli all’italiana: potenziamento del benessere psicofisico della collettività.
Credo che ciascuno di noi, in qualche mezz’ora, possa fare dei bei progetti per il potenziamento psicofisico della propria comunità. Vi rendete conto di cosa stiamo parlando? Vogliamo aiutare il territorio a crescere, a stare bene? Facciamolo. Non lo facciamo andando a consentire con i mezzucci di fare una marchetta, facciamolo proponendo delle aggregazioni e soprattutto supportando queste Amministrazioni.
Lo capisco, è difficilissimo amministrare un territorio quando si hanno 200 abitanti, ma aiutiamoli a fare dei progetti che siano credibili e che realmente creino sviluppo per il territorio.
Qui creiamo sottosviluppo. Vi rendete conto che in questo modo creiamo sottosviluppo? Parlo dell’area del vicentino, ma possiamo parlare anche dei progetti nel bellunese o nel veronese, perché non è che si vedano delle proposte di grande spessore.
Secondo me, come prima, cerchiamo di innescare dei processi virtuosi. Restituiamo questa proposta e chiediamo di fare un progetto veramente di aggregazione, perché veramente la Comunità montana possa essere il soggetto intorno a cui costruire delle proposte interessanti.
Vediamo di aiutare queste zone che sono delle zone difficili da amministrare, delle zone difficili da vivere, ma aiutiamole a crescere, ad avere prosperità. Così sicuramente non lo stiamo facendo. Io mi auguro poi che ad Asiago tutti stiano bene, che il benessere psicofisico di tutti gli abitanti cresca moltissimo, però non sono sicuro che quei 3,8 milioni che sono stati dati cambieranno il benessere psicofisico di nessuno.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie, collega.
Consigliere Pan, prego.
Speaker : Giuseppe PAN (Liga Veneta per Salvini Premier)
Volevo solo fare dei pensieri più alti rispetto alla situazione di Laghi, di Posina, Comuni bellissimi, dove ci sono belle cascate, acqua, fonti. C’è il bosco, c’è il laghetto. Si può portare in gita la famiglia a fare il picnic.
Quello che io volevo un po’ sottolineare di questa questione… Tanti discorsi magari mi trovano anche d’accordo su alcune cose. Questi fondi, collega Montanariello, sono stati dati dallo Stato italiano perché quando alcune Regioni sono diventate autonome, la Valle d’Aosta, perché si parlava francese, quindi siamo al confine con la Francia e la Svizzera, Bolzano, perché giustamente si parla tedesco, c’è una popolazione che sappiamo ha avuto l’autonomia per chiaramente motivi territoriali e linguistici; Trento che non si sa perché abbia avuto l’autonomia, probabilmente aveva Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio in quel momento; Friuli Venezia Giulia, dove c’è il confine con la Jugoslavia, adesso Slovenia e l’Austria. Guarda caso il Veneto non ha un confine con l’Austria.
Adesso è un pezzo che non vengono su, ma c’è il confine con l’Austria. Come mai noi non abbiamo avuto, allora, l’autonomia e solo questi fondi, questa mancia dello Stato italiano che ha dato ai poveri Comuni fondi di confine dati ai Comuni e aree svantaggiate confinanti con le Regioni autonome.
La nostra richiesta di autonomia, cari colleghi, al di là degli spiccioli di Roma, perché questi sono gli spiccioli di Roma che i nostri Sindaci magari, poverini, si inventano anche di in qualche maniera trovare delle soluzioni. Magari tutti avessero un corridoio verde per arrivare al confine di Trento. Io voterei tutti. Tutti. Anche Padova. Tutti. Anche Chioggia, c’è il bosco. Andiamo su. Perché allora forse arriviamo ad avere l’autonomia tutti quanti se daranno i confini a tutti i nostri Comuni. Ci daranno i fondi di confine a tutti i nostri Comuni.
Quindi, guardate, al di là di quello che pensiamo o non pensiamo io penso che, comunque, questi fondi che sono stati adoperati per fare gallerie, strade e piste ciclabili, promozione turistica, benessere psicofisico dei cittadini. Ci sarà anche quello; magari è una pista ciclabile dove vanno a passeggiare tra Gallio e Asiago penso.
Quindi questo mi conforta per dire ai nostri colleghi, soprattutto quelli della Lega, in questo caso, che la nostra richiesta di autonomia deve essere ancora più forte, deve essere ancora più marcata, deve essere ancora più incalzata, perché non si può non aspettarsi - perché mi fa arrabbiare questa cosa - perché ci prendono in giro a Roma dandoci le briciole di un fondo che non serve e serve a pochi Comuni. Quindi, invece, dovremmo avere un’autonomia che servirebbe a tutta la nostra popolazione veneta.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie.
Presidente Ciambetti.
Speaker : Roberto CIAMBETTI (Liga Veneta per Salvini Premier)
Allora, sinceramente, non pensavo di dover intervenire oggi su questo provvedimento, ma ho sentito talmente tante imprecisioni, fantasie, anche forse scarsa conoscenza dei luoghi e dei territori su cui si parlava, che mi son permesso di dire qualcosa.
Allora, la prima volta che ho sentito parlare di questo problema territoriale fra Laghi e Arsiero, attorno ai laghetti di Arsiero e con i pascoli di Campoluzzo penso sarà stato 20-22 anni fa e questo mi crea qualche, diciamo così, pensiero, perché mi fa capire quanto vecchio sono dal punto di vista amministrativo.
Ci sono questi terreni attorno ai laghetti di Laghi che sono a 50 metri, a 100 metri dalla chiesa, di Laghi, dal centro di Laghi che per metà sono in Comune di Arsiero. Questa cosa ha comportato da sempre problemi di gestione, di impermeabilizzazione degli invasi, di sfalcio dell’erba, di accessibilità di percorso attorno ai laghi.
Finalmente ci sono due Sindaci, due Amministrazioni, due Consigli comunali che hanno affrontato la cosa e vogliono risolverla e parte, appunto, questa cortina fumogena messa oggi in moto in quest’Aula.
Ad esempio, in questo momento il Comune di Laghi sta utilizzando il fondo comune di confine per impermeabilizzare i laghi e per le autorizzazioni per poter fare i lavori, proprio perché a metà invasi in Comune di Arsiero ha avuto un allungamento dell’iter progettuale incredibile. 20 anni fa, 22 anni fa, quando, ripeto, per la prima volta ho sentito questa storia, non esisteva il fondo comune di confine. Non c’era alcun tipo di, diciamo così, spinta per. Quindi, la cosa, ripeto, non nasce dal 2012, quando nasce il fondo comune di confine. Nasce ben prima, ma soprattutto trova in questo momento due Amministrazioni che sanno parlare, dialogare, collaborare e che vogliono sistemare definitivamente questa cosa, né più e né meno e si dà un pezzo di terreno, di territorio del Comune di Arsiero in cambio di un pezzo di territorio del Comune di Laghi. Riordino di pascoli, riordino di invasi.
Sinceramente, ho sentito parlare molti colleghi in questo momento di fondo comune di confine e tutte le imprecisioni che ho sentito in questo momento in Aula vi assicuro mi fanno sorridere. Vuol dire che chi vi ha preparati lo ha fatto in maniera un po’ superficiale. Anche il - chiamiamolo - razzismo che il collega Arturo Lorenzoni ha nei confronti di Asiago, di Lastebasse sono delibere fatte in Consiglio comunale, dopo una approfondita discussione che possono, magari anche sembrare estemporanee, ma quella che riguarda il Comune di Asiago è una serie di interventi che vanno a riqualificare parte del centro storico, parte di viabilità e di percorsi ciclopedonali che, sinceramente, la sua superficialità mi ha, sinceramente, colto alla sprovvista.
Poi non è che il Comune decide e quel progetto va avanti. Passa attraverso un Comitato Tecnico Segreteria e un comitato, diciamo, esecutivo nel fondo comune di confine che vaglia questi progetti.
Molti progetti, se non sono a posto tornano indietro e se non sbaglio, ad esempio, il progetto che lei ha citato di Asiago, lo ha approvato un Presidente che non era di centrodestra, quando lo ha approvato.
Quindi, sinceramente, le cose che ho sentito dire oggi, vi assicuro hanno perlomeno una superficialità disarmante rispetto all’argomento toccato. Mi è strana anche un po’ questa posizione del PD oggi. Perché oggi la giornata rimarrà agli atti per una posizione del Gruppo del Partito Democratico, in particolare del partito, ma anche forse degli altri colleghi del centrosinistra, che sono contrari a una fusione approvata dai due Consigli comunali, vi siete astenuti appunto dalla votazione, mentre volete imporre una fusione solo perché il Sindaco di Laghi ha detto in Commissione che i tempi non sono maturi.
Se è il Sindaco a dire che i tempi non sono maturi, probabilmente ci sarà un motivo. Non penso che il Sindaco di Laghi – che è una persona, vi assicuro, posata e di buonsenso – venga a dire una cosa per un’altra, capendo o comprendendo la sensibilità dei propri cittadini. Qua non ci sono calcoli elettorali, perché, appunto, 639 abitanti di Laghi sono così pochi, qua non si fa una marchetta elettorale, come ho sentito dire da qualcuno.
È una situazione, ripeto, che nasce da tempo. Nasce per problemi di gestione, gestione di territorio che può servire a uno sviluppo turistico-economico di quella zona e può dare anche dignità paesaggistica a una situazione che vedeva, vi assicuro, dal confine le erbacce che crescevano, le panchine sbilenche rispetto a quello che si faceva dall’altra parte, ma non perché ci fosse una (chiamiamola così) premeditazione nella gestione fatta da Arsiero, ma perché è molto lontano, ripeto, è a 50 metri dalla chiesa di Laghi, mentre è a minimo 10 chilometri di strada da Arsiero.
Quindi, è un riordino territoriale che ha un senso. Posso capire le sensibilità diverse, calcoli della prossima elezione di Arsiero, ma, lo sappiamo, comprendiamo quello che avete potuto ricevere dal territorio vicentino, ma vi assicuro che questa cosa nasce tanto tempo fa, tanto tempo fa, e nasce da esigenze di gestione paesaggistica, turistica, di buon senso del territorio.
Quindi, evitiamo di dire tante imprecisioni che ho sentito qui oggi e che mi hanno costretto ad intervenire.
Speaker : PRESIDENTE
Collega Cestaro, prego.
Speaker : Silvia CESTARO (Zaia Presidente)
Grazie, Presidente.
Chiara è la vostra capacità di giudicare il libro dalla copertina, questo è evidente anche nel giudizio di quanto è stato fatto dal Comune di Asiago riguardo una scelta più che legittima di utilizzo dei fondi di confine.
Quello che probabilmente deve essere anche specificato, visto che sembra ormai un processo alle intenzioni nei confronti dei due Comuni, è che se il Comune di Laghi, con i dipendenti molto scarsi che si trova, vuole effettuare degli interventi che sono necessari, e lo ha ben detto il presidente Ciambetti, per la manutenzione, per la gestione di un territorio che ha una vocazione turistica indiscussa…
Se voi vi prendete la briga di andare a vedere cosa il Comune di Laghi offre come territorio, è un territorio che ricordo ha 22 chilometri quadrati, quindi è più grande del Comune di Abano, questo territorio è un Comune che offre natura, che offre un approccio naturalistico di vita in ambiente incontaminato, ma che deve essere gestito. Se il Comune si deve prendere in carico quello che è un progetto condiviso come Comune di prima fascia anche per la seconda fascia, che è il Comune di Arsiero, quindi è sbagliato dire che sono esclusi dai fondi di confine, perché il Comune di Arsiero è comunque di seconda fascia, non ce la farà mai, perché il capofila deve essere il Comune di prima fascia. Ecco perché è molto meglio che, anziché gestire due Comuni assieme e due progetti che vanno a individuare due aree sovrapposte, sia un unico Comune che gestisce e amministra il progetto. Credo che sia anche questo l’intento del Comune di Laghi nel cercare di prendere in mano la situazione e di avere un unico unicum all’interno di una superficie lacustre da gestire, senza dover andare a parlare con il Comune di Arsiero ogniqualvolta.
L’altra questione è che il Comune di Arsiero mi pare di capire che abbia una vocazione diversa rispetto a quella di Laghi. Comunque, al di là di questo, che è un processo alle intenzioni, mi meraviglia anche sentire la posizione dove secondo voi adesso qualsiasi Comune della Provincia di Belluno o qualsiasi Comune della Provincia di Vicenza potrebbe passare in prima fascia rispetto a Trento e a Bolzano. Allora, vuol dire non conoscere neanche bene la geografia, perché se andate a vedervi le ampiezze e le superfici dei Comuni di confine scoprirete che sono tutti Comuni che, rispetto a quelli di seconda fascia, hanno distanze di chilometri e chilometri, non di poche centinaia di metri, come in questo caso. Significa che per riuscire a fare un ragionamento come quello che fate voi bisognerebbe fare spostamenti di territorio di 10, 20 o 30 chilometri, se va bene, se non di più. Allora, va bene fare il processo alle intenzioni, va bene voler vedere che la cosa è strutturata per riuscire ad arrivare alla prima fascia, ma far passare il messaggio che da oggi in poi ci sarà un’uscita di tutti quanti i nostri territori con una facilità così semplice non è corretto, non è assolutamente corretto. Sappiamo benissimo che l’uscita di Sappada non parte da un principio come questo, ma parte da una volontà che la stessa Regione Friuli ha espresso, volontà che la Provincia di Bolzano, invece, non ha mai espletato.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie.
Collega Giacomin, prego.
Speaker : Stefano GIACOMIN (Zaia Presidente)
Grazie, Presidente.
Ho seguito con attenzione e volevo fare alcune piccole e semplici osservazioni. Il mio Comune è un Comune di cintura di Vicenza e casualmente c’è un pezzetto di territorio – chi conosce la statale che da Vicenza va a Verona sa dov’è, nei pressi di AC Hotel – dove abbiamo addirittura un pezzo di piazzale che è sotto Vicenza, quando l’hotel è sotto Creazzo.
In quel rettangolo, spesso si sviluppano problematiche dovute alla prostituzione, sulla SR11 e dovute all’incidentalità della statale.
Io avevo avviato con il Comune di Vicenza una rettifica di confini cercando all’inizio di trovare un accordo. Le cose sono andate avanti; a un certo punto, visto che poi il percorso non continuava regolarmente, abbiamo portato in Consiglio, dopo aver scritto all’allora sindaco Variati che avremmo proceduto con la missiva; una volta portata in Consiglio questa decisione, il Giornale di Vicenza si appropriò dell’informazione e disse: Creazzo si vuole appropriare di un pezzo di Vicenza, e da lì nacque la polemica che stoppò l’operazione.
Ancora adesso il Sindaco attuale si troverà nottetempo svegliato dalla Polizia o dai Carabinieri, perché ci sono 300 metri di statale, e le forze dell’ordine non sanno di chi è la competenza. Se io trovo allora due Comuni che definiscono in maniera congiunta e pacifica quelle che sono le attribuzioni territoriali rispettivamente, io nei confronti di questa decisione non posso che trovare rispetto. È la singolarità infatti che esprime le proprie esigenze.
Io, purtroppo, a Vicenza questa chiarezza non sono riuscito ad averla, di conseguenza non siamo riusciti a definire quella che era una problematica. Io sono stato svegliato tre volte alle 3 di mattina dai Carabinieri per questo ordine di problemi, ma il problema è rimasto irrisolto, e non arrivavamo al confine con Trento, di conseguenza non c’erano secondi fini.
Per quanto riguarda Lastebasse, io so che c’è un progetto: quello di portare una funivia fino ai Fiorentini. Io sono un amante sciatore e devo dire che quello di Folgaria è il circuito sciistico per me più prossimo.
Siccome so che su questo hanno trovato consenso non il Comune di Lastebasse con i suoi 200 abitanti, ma tutti i Comuni della vallata, per cui è d’accordo anche il sindaco di Tonezza, che è in tutt’altra posizione, di conseguenza, anche in questo caso probabilmente chi è sul posto ha fatto delle valutazioni ed è riuscito a recuperare risorse e io lo dico semplicemente se arrivato a Lastebasse, parcheggio la macchina, prendo la funivia e prendo il circuito, da utente potrei anche ricavarne qualche convenienza.
Poi, immobiliare, voglio dire: se Lastebasse invece di essere un Comune di serie C, perché è solo di transito, raggiungesse un minimo di appetibilità e portasse alla risistemazione, perché lì ci sono tante case abbandonate, insomma, è una realtà, voglio dire, che sicuramente non ha… prima di arrivare alla speculazione edilizia ce ne vuole, voglio dire. Secondo me non sarebbe neanche un male.
Poi credo che sullo sfondo, sullo sfondo ci sono sempre state questioni pecunia e qua io sono perfettamente d’accordo con il mio capogruppo Pan, perché, signori miei, cioè noi dobbiamo porcelo questo problema. Nella seconda metà del 900 in Europa ci sono stati Paesi che hanno affrontato le riforme del proprio Paese in maniera seria. Io penso al referendum della Gran Bretagna; due ne ha fatti: una per la Brexit e una per l’indipendenza della Scozia. Devo dire che la Gran Bretagna ha dimostrato di essere la Patria della democrazia. Ma un’altra realtà, il capoluogo dell’Europa: il Belgio ha promosso una riforma profondamente federale. Noi, invece, a fronte di una previsione costituzionale, siamo ancora lì a fare la melina e di conseguenza, giusto tutte le iniziative che vengano da questi o da altri banchi per buttare un po’ di benzina sul fuoco sul processo, diciamo, che porta all’autonomia.
Pertanto, voglio dire, da una parte l’aspetto economico finanziario deve essere risolto a monte e sono perfettamente d’accordo; dall’altro le realtà locali che esprimono una determinata esigenza e che male non fanno ai terzi e che trovano il proprio, diciamo, punto di equilibrio attraverso le esposizioni e il voto democratico delle proprie assemblee comunali, secondo me, non devono avere nessuna critica e nessuna replica. Grazie.
Speaker : PRESIDENTE
Bene. Non vedo più richieste di intervento sul PDL 210: “Giudizio di meritevolezza”.
Dichiarazioni di voto?
Luisetto, prego.
Speaker : Chiara LUISETTO (Partito Democratico Veneto)
Sì. Allora, ovviamente, il voto del Partito Democratico sarà un voto contrario, ma onestamente speravo, dalla discussione di oggi, di trovare anche qualcun altro che avesse compreso il fondamento del motivo per cui noi stiamo votando contro, perché il presidente Ciambetti prima mi dice che bisogna prendersi la briga (e anche la collega Cestaro) di conoscere le cose, ma bisogna anche conoscerle tutte.
Allora, se il Comune di Laghi già oggi gestisce i propri servizi fondamentali, dai servizi sociali, al territorio, ai lavori pubblici, dando questi servizi fuori e una parte di questi sono gestiti dal Comune di Arsiero, questa collaborazione nei fatti c’è già. Primo elemento.
Non stiamo parlando di due Comuni, perché nella stessa discussione è uscito che sono due Comuni che hanno la difficoltà di parlarsi e quindi di gestire il lago e dall’altra parte della stessa discussione sento dire, invece, che sono già in piena sintonia. Visto che si parlano, riescono a fare questa operazione. Delle due, l’una.
Siccome stiamo parlando di due enti che collaborano nei fatti perché i servizi sono condivisi, già questo è un primo elemento, che non è di criticità, ma è di risoluzione di una criticità, oltre che di spinta verso un processo di fusione che non è il Partito Democratico che vuole imporre. È l’assessore Calzavara in Commissione che ha sottolineato che sarebbe una grande idea, oltre al fatto che c’è un Piano di riordino che dice che è una grande idea fare una fusione di questo genere.
Al netto di una grande idea, altra cosa da conoscere è che lo specchio d’acqua del lago di Arsiero che andrà a Laghi è di Arsiero, ma il territorio circostante è dell’Unione montana. I parcheggi, l’erba alta, Presidente, non sono del Comune di Arsiero, quindi non la risolviamo spostando il Lago da Arsiero a Laghi. Posto anche che la risolvessimo così, cosa che non è, e ribadisco per la promozione turistica, le attività da fare, tutto il terreno circostante al lago è fondamentale e comunque passerà da una richiesta all’Unione montana, ma anche fosse questo, allora, visto che siamo noi tendenziosi e pensiamo che tutta l’operazione serva per fare avere i fondi di confine al Comune di Arsiero, spiegatemi che senso ha dare il boschetto al Comune di Arsiero, perché a quel punto il Comune di Arsiero può semplicemente cedere il lago al Comune di Laghi.
Invece, stiamo parlando di uno scambio di territori. Se dobbiamo essere precisi, dobbiamo essere precisi su tutto. Prima cosa.
La soluzione del problema della denatalità, della riduzione della popolazione, la fatica che fanno queste Amministrazioni perché al netto del disegno che oggi discutiamo è una fatica che faranno anche domani e nei giorni venire e nessuno mette in discussione l’apprezzabilità e il coraggio che hanno le Amministrazioni locali di fare il proprio lavoro su territori come questi, indipendentemente dal colore che hanno, così sgombriamo il campo da illazioni che non mi sono piaciute, credo che, al netto di questo, il tema sia che solo fondendosi riescono a trovare una strada davvero lungimirante per dare risposte ai cittadini, perché non è neanche raggiungere un pezzetto di fondi di confine, ammesso e non concesso che questi fondi vengano dati, perché se cominciamo ad avere una pluralità di richieste… E non lo dico io, collega Cestaro, che ci sarà una pluralità di richieste, lo dicono già i Comuni, che si muoveranno per questo. Ma vedremo, staremo a vedere, vedremo cosa succederà e chi avrà ragione. La fusione è una strada. Ce lo dice il Piano di riordino, ce lo dice un disegno di prospettiva. Se noi, però, scriviamo in un Piano di riordino una cosa e accettiamo una cosa come questa, ci stiamo sconfessando da soli, vi state sconfessando da soli. Quindi, il tema è essere molto chiari e onesti. O ci diciamo la verità e le motivazioni per cui questa operazione viene fatta, che non sono quelle che sono scritte in questo progetto di legge, e nel momento in cui le guardiamo in faccia vediamo anche i rischi, e – lo ripeto – il precedente che stiamo creando oggi non è un precedente da poco, non è un precedente che avrà conseguenze limitate, a mio avviso, spero di sbagliarmi, ma non credo, se mettiamo insieme tutti questi elementi e siamo coerenti con il Piano di riordino e con il tempo che c’è voluto per questo Piano di riordino, dieci anni, per realizzarlo, con gli incentivi e con l’obiettivo di riorganizzare in maniera armoniosa e sensata un territorio, non possiamo considerare questa operazione un’operazione rispettosa e degna di un territorio.
Vi chiedo, quindi, una riflessione in coscienza, perché credo che l’obiettivo di questa Regione sia portare le aggregazioni e la gestione dei territori ad un altro livello, che non è quello della mercificazione e dello scambio di pezzi di terra, che non risolvono il problema turistico, che non risolvono sicuramente il problema della denatalità e che ci riconducono in un orizzonte molto corto, molto stretto, non di prospettiva e lungimirante.
Speaker : PRESIDENTE
Collega Lorenzoni, prego, per dichiarazione di voto.
Speaker : Arturo LORENZONI (Gruppo Misto)
Grazie.
Solo per ribadire il mio voto contrario, perché la discussione, secondo me, non ha messo in luce i limiti del processo di riordino territoriale e di un’operazione di questo tipo. Lo ribadisco, avallando scelte di questo tipo ci allontaniamo dalle scelte virtuose che vogliamo andare a stimolare con il progetto di legge n. 185. Il fatto che questo progetto sia vecchio e che non si sia mai realizzato fintanto che sia vecchio e non si sia mai realizzato fintanto che non c’è stata la possibilità di avere il premio, come c’è oggi, è significativo. Quindi, è possibile che da tempo si discuta di unire due comunità di queste dimensioni, ha un senso logico. Ma farlo adesso, evidentemente, è la prova che le motivazioni non stanno nel cercare soluzioni insieme, ma stanno altrove.
Lo dico con rammarico, con delusione. Qui noi portiamo a perdere fiducia nei processi di aggregazione virtuosi perché se noi diamo risposte puntuali, come in questo caso, senza una visione d’insieme, ebbene, il differenziale tra le Regioni a statuto autonomo e la nostra Regione si accresce invece di ridursi. Avremo sempre più una cultura amministrativa povera rispetto a quella, tutto sommato forte dei meccanismi dell’autonomia, ma forte anche di una gestione più orientata al risultato che abbiamo nelle Regioni vicine.
La mia raccomandazione allora è: aiutiamo questi territori, questi Comuni a selezionare i progetti con maggior attenzione, e le assicuro, Presidente, che ho guardato le schede, più d’una, dei progetti presentati. Devo dire la verità: se fossi stato nella Commissione valutatrice molti di quelli che ho visto li avrei respinti non mandandoli indietro, ma chiedendo una maggiore attenzione, una maggiore cura.
Il fatto che molti dei progetti abbiano fatto fatica ad essere realizzati è la prova che poi tutto sommato, quando i soldi arrivano in modo facile, non vanno spesi molto bene. Per cui, io colgo anche la raccomandazione della collega Luisetto a farci un pensiero. Il pensiero l’ho fatto. Io non ero partito pregiudizialmente contrario all’inizio della discussione, ma la discussione di oggi mi ha portato a rafforzare la mia idea che questa non è la direzione per aiutare il territorio a crescere.
Speaker : PRESIDENTE
Riporteremo all’ex Presidente del Fondo Comuni di confine.
Non vedo altre richieste di intervento.
Metto in votazione il PDL 210, giudizio di meritevolezza: “Variazioni delle circoscrizioni territoriali dei Comuni di Arsiero e di Laghi in provincia di Vicenza”.
È aperta la votazione. Ho capito che poi deve dimostrare a qualcuno cosa ha votato, collega. Ho ben capito. Attendiamo, però non tantissimo, eh. Sennò riporto, eventualmente, all’interessato la sua posizione.
Chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
Passiamo al punto n. 9, PDL 185: “Disposizioni in materia di associazionismo intercomunali, fusioni di Comuni e intese programmatiche di area”.
Allora, sono stati presentati due emendamenti, l’11 e il 12, da parte di Giunta e correlatrice.
20 minuti per eventuali subemendamenti.
Collega Favero, prego.
Speaker : Marzio FAVERO (Liga Veneta per Salvini Premier)
Sì. Intervengo volentieri anche per rassicurare il Consiglio. Il nostro Assessore Calzavara ha fatto un buon lavoro in termini di ripiano, di riordino del territorio e circa le due questioni che ci hanno occupato per, penso, tre o quattro ore. ognuno di noi può decidere che metro utilizzare.
Probabilmente la maggioranza ha scelto di cogliere i segnali positivi delle proposte che sono arrivate per quanto imperfette. La minoranza ha ritenuto di cogliere gli aspetti più critici, ma tutto va bene per una riflessione che però deve partire da un dato di fatto che non è gradevole.
Il dato di fatto è che le Regioni non hanno la potestà di decidere se i Comuni si possono fondere o unire in modo coercitivo. L’unica cosa che può fare la Regione è cercare di favorire questo processo, anche su un piano di cultura politica. È su questo che verte la proposta di legge n. 185, che è frutto di un percorso condotto dall’Assessore, ascoltando le intese programmatiche di area, piuttosto che i Presidenti delle Unioni dei Comuni montane o i Sindaci (223 ne sono stati sentiti) in 21 incontri.
Quindi il metodo utilizzato è stato quello del confronto.
Spetta alla Giunta avanzare questa proposta ai sensi dell’articolo 8, della legge regionale 27 aprile 2012, numero 18.
La proposta che oggi è alla nostra attenzione, è una proposta che è stata concepita al lume del buonsenso, cercando di individuare un nuovo faro per i processi di aggregazione, fusione o di formazione anche delle intese programmatiche d’area.
Questo faro viene individuato negli ATS, gli Ambiti territoriali sociali, perché gli ATS, e credo vi sia una buona ragione di fondo, andando di fatto a sostituire i vecchi distretti sociosanitari, vedono già la presenza di amministratori riuniti in assemblee che sono abituati a parlarsi, a confrontarsi e a condividere problematiche di estrema delicatezza, quali sono quelle sociali abbinate a quelle sanitarie.
L’idea di cercare di avere un magnete per quanto riguarda il processo di aggregazione negli ATS è una proposta che merita attenzione. Vale la pena di richiamare qualche dato che ci è stato fornito in quello studio che è stato elaborato per arrivare a questa proposta, perché è un dato che ci deve imporre qualche riflessione.
A livello italiano il Veneto è al terzo posto per numero di Comuni. Significa che la frammentazione amministrativa è molto elevata. Attualmente ce ne sono 563 di operativi, di cui 291, cioè il 52%, sotto i 5.000 abitanti. Di questi, 181 hanno meno di 3.000 abitanti. Nell’insieme governano un 15% della popolazione, però un 40% del territorio. Quindi, è facilmente immaginabile per chi abbia fatto esperienza a livello di Enti locali di quali possono essere i livelli di difficoltà che incontrano oggi gli amministratori.
Il cosiddetto obbligo associativo introdotto dal DL n. 78 del 2010 in Veneto ha prodotto l’aggregazione di ventiquattro Comuni, che ha portato alla soppressione, mi pare, di ventisei Comuni, portandoci all’attuale cifra di 563 Comuni in Veneto.
Però, ancora più interessante è il dato che attiene il trend delle Unioni dei Comuni. Nel 2013 avevamo ventotto Unioni con 104 Comuni associati. Nel 2023 abbiamo quattordici Unioni con cinquantuno Comuni associati. Il numero di Unioni si è dimezzato.
Attenzione, il dato però va letto in maniera critica perché non corrisponde al numero delle persone amministrate: 494.000 circa erano gli abitanti amministrati nel 2013; 450.000, di fatto, nel 2023.
Questo significa che la scomparsa delle Unioni ha interessato soprattutto le Unioni piccole. Sottolineo questo aspetto perché questo implica che almeno una componente del discorso di oggi è stata viziata dal mancato riferimento a questo aspetto dello studio.
Le piccole Unioni hanno maggiori difficoltà a sopravvivere, a dimostrazione di quanto hanno detto molti studi elaborati in questi anni, ovverosia, che unire due o tre debolezze non genera di per sé un elemento di forza. Questo non significa essere contrari alle Unioni e alle fusioni; significa che bisogna trovare un percorso evidentemente più convincente.
Il trend delle comunità (ex Comunità, adesso Unioni montane) vede la diminuzione di una sola unità dal 2013: erano 19, adesso sono 18. Sono diminuiti i Comuni da 171 a 131. Gli abitanti amministrati erano 741.000; oggi sono 588.000.
La cosa interessante è che le Comunità montane (ex Comunità, adesso Unioni montane) funzionano bene per i servizi associati, meno bene per quelli che dovrebbero essere più propri, per la specificità della montagna.
La proposta di riordino territoriale avanzata dalla Giunta tiene fissi i parametri individuati alcuni anni fa, quindi gli ambiti provinciali metropolitani, gli ambiti delle USL, delle IPA, gli ambiti dei distretti di settore, l’ambito minimo per area omogenea dell’articolo 8 della legge regionale 18/2012, però, come detto prima, introduce come nuovo elemento di riferimento gli ambiti territoriali sociali che in Veneto sono stati in prima battuta individuati con delibera di Giunta regionale 1191 del 18.8. 2020.
I contributi annuali per favorire i processi di associazione sono di circa 1,8 milioni di euro ad annualità, con delle fluttuazioni dal 2013 al 2022, a seconda delle situazioni che si sono create. È interessante notare che chi beneficia di questi contributi tende a usare meno la leva della fiscalità comunale. Quindi, in qualche modo, questi contributi, invece di essere aggiuntivi, sono sostitutivi, e anche questo dovrebbe essere un elemento sul quale aprire qualche discussione.
Ripeto: non dobbiamo dimenticare che il nostro Paese non ha fatto le scelte che hanno compiuto la Francia, come ha ricordato prima l’Assessore, o la Germania.
La scelta francese è stata quella di potenziare il ruolo delle Province che, di fatto, sono una specie di Consorzi che erogano servizi anche ai Comuni più piccoli. Vi ricordo che in Francia vi sono Comuni che hanno 200-300 abitanti, come magari il Sindaco che è la da 30 - 40 anni, però i Municipi sono sportelli che erogano servizi, gestiti da un Ente sovraordinato.
In Germania, negli anni ‘70 e ’80, i Länder, che godono di autonomia e, quindi, hanno una potestà legislativa senz’altro più forte della nostra, si sono messi d’accordo per ridurre il numero dei Comuni in maniera forzosa. Ne hanno ridotto il numero a un terzo. Lo stesso metodo è stato applicato ai Comuni della DDR quando si è disciolta la Germania, si è riunificata.
Questi strumenti non sono nelle nostre disponibilità. Quindi, ciò che può fare la Regione è quello di utilizzare la leva della persuasione.
Il PDL che vi è stato sottoposto è articolato all’interno in cinque capi, che intervengono sulla normativa regionale in materia di associazionismo, fusioni dei Comuni e programmazione decentrata e ha, ovviamente, i suoi riflessi sulla legge regionale n. 18/2012, 40/2012, 25/1992 e 35/2001.
Se mi permettete, il testo lo avete sottomano, mi limito a richiamare quelle trasformazioni che possono avere un significato più prettamente politico.
Parto dal Capo I, che attiene alle modifiche alla legge regionale 27 aprile 2012, n. 18: Disciplina dell’esercizio associato di funzioni e servizi comunali.
All’articolo 1 si va a introdurre, al primo comma, il comma 4 dell’articolo 2, della legge regionale 27 aprile 2018, n. 18, modificato al comma 1, dell’articolo 2, della legge regionale 24 gennaio 2020, n. 2 e sostituito dal seguente: 4) per le finalità di cui al comma 3 i provvedimenti amministrativi adottati dalla Giunta regionale, in attuazione di normative comunitarie, statali o regionali, anche di settore: a) attribuiscono incentivi o contributi, comunque denominati, assegnano un punteggio premiale, oppure una priorità ai Comuni che esercitano tali funzioni fondamentali nelle forme associative disciplinate dalla presente legge. Quindi si ricorre alla leva dell’incentivo.
All’articolo 2 si propone, al primo comma, che nel numero 3 della lettera d) del comma 3 dell’articolo 8 della legge regionale 27 aprile 2012, n. 18, le parole “almeno 8.000 abitanti” siano sostituite dalle seguenti: “almeno 6.000 abitanti”. Questo evidentemente per favorire il processo.
Si introduce, altresì, al comma 2 un richiamo: dopo la lettera d) del comma 3 dell’articolo 8 sempre della legge n. 18 è inserita la seguente dicitura: “d bis) rispetto della dimensione territoriale dell’Ambito Territoriale Sociale (ATS)”. Cioè, si introduce il riferimento a questa nuova realtà come elemento di riferimento per i processi di aggregazione.
Al Capo II, che attiene alle modifiche della legge regionale 28 settembre 2012, n. 40 “Norme in materia di unioni montane”, all’articolo 4, che è l’articolo di modifica dell’articolo 3 della legge regionale summenzionata, al comma 1 si propone: “Dopo il comma 3 dell’articolo 3 della legge regionale 28 settembre 2012, n. 40, come sostituito dal comma 1 dell’articolo 12 della legge regionale 24 gennaio 2020, n. 2, sono inseriti i seguenti: “3 bis. Fermo restando l’obbligo di coerenza con la dimensione ottimale degli ambiti territoriali dell’area geografica omogenea montana e parzialmente montana di cui all’articolo 7, comma 1, lettera a), della legge regionale n. 18 del 2012, su motivata richiesta dei comuni interessati, formulata attraverso conformi deliberazioni dei consigli comunali approvate a maggioranza assoluta e previa accettazione dell’ingresso, deliberata dal consiglio dell’unione montana di successiva aggregazione, gli ambiti territoriali delle unioni montane possono essere rideterminati, nella sola forma dello scorporo e della successiva aggregazione ad altri ambiti territoriali, salva, in ogni caso, l’appartenenza dei comuni interessati alla medesima provincia e al medesimo Ambito Territoriale Sociale (ATS). La richiesta è valutata dalla Giunta”. Si introduce, quindi, un elemento di flessibilità. Però, poi si precisa al comma 3 ter: “Salvo quanto previsto dal comma 3 bis ed in considerazione della specialità delle funzioni esercitate dall’unione montana, non è consentito il recesso di un comune montano dall’unione montana di rispettiva appartenenza”.
Al Capo III abbiamo le modifiche della legge regionale 24 dicembre 1992, n. 25 “Norme in materia di variazioni provinciali e comunali”. Io richiamo la vostra attenzione solo sugli articoli 9 e 10 del provvedimento.
L’articolo 9 va a modificare l’articolo 6 della legge regionale summenzionata, la n. 25, introducendo, con il primo comma, il comma 5-bis dell’articolo 6 della legge regionale 24 dicembre 1992 n. 25, modificato dal comma 4 dell’articolo 4 della legge regionale 30 gennaio 2020 n. 3 è sostituito dal seguente “5 bis. Quando si tratti della variazione delle circoscrizioni comunali per fusione di Comuni ai sensi della lettera d) del comma 1 dell’articolo 3 il referendum è validamente svolto per i soli Comuni nei quali ha partecipato almeno il 30% degli aventi diritto ed è stata raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. La percentuale di partecipazione è ridefinita nella misura del 25% ove gli iscritti all’AIRE siano superiori al 20% degli aventi diritto al voto”.
Sul tema del peso degli iscritti all’AIRE abbiamo già avuto modo di discutere in seno a questo Consiglio in passato. Quindi, abbassare il quorum al 30%, o al 25, a seconda del numero di iscritti all’AIRE serve per facilitare il processo che punta ovviamente alle variazioni delle circoscrizioni comunali.
Se almeno per uno dei Comuni il referendum è validamente svolto ai sensi del presente comma ed è stata raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi, gli esiti del referendum sono comunque sottoposti alla valutazione del legislatore, con riferimento anche ai Comuni per i quali ha partecipato al referendum una percentuale di aventi diritto al voto inferiore di non più di 5 punti percentuali.
Altro elemento di flessibilità, evidentemente, per cercare di favorire questo tipo di procedure. All’articolo 10, inserimento dell’articolo 8-ter nella legge regionale 24 dicembre 1992 n. 25, “Norme in materia di variazioni provinciali e comunali”, si legge “Articolo 8-ter (Misure premiali)”, comma 1: “1. Salvo quanto previsto, eccetera, nei bandi regionali anche di settore che prevedono la concessione di risorse a favore dei Comuni sono stabilite misure premiali per i Comuni istituiti a seguito di fusioni di due o più Comuni secondo la disciplina di cui alla presente legge regionale”.
In altre parole, tanto per le aggregazioni dei Comuni, le Unioni, quanto per le fusioni, si prende la via della premialità nell’accesso ai contributi, nella speranza di sollecitare gli amministratori locali a coltivare una visione diversa.
Al capo quarto, “Modifica della legge regionale 24 novembre 2001 n. 35 ‘Nuove norme sulla programmazione’” all’articolo 12 mi permetto di segnalarvi in modo particolare il comma 1, che dice: “Il comma 3, dell’articolo 25, della legge regionale 29 novembre 2001, n. 35, modificato al comma 1, dell’articolo 22, della legge regionale 24 gennaio 2020 n. 2 è sostituito dal seguente: 3) La Giunta regionale disciplina le modalità di riconoscimento delle IPA, il cui ambito territoriale di riferimento è individuato sulla base dei seguenti criteri”. I primi tre erano già presenti prima: contiguità territoriale, omogeneità economico-sociale, omogeneità delle risorse e delle infrastrutture dei servizi riferiti a una determinata area geografica, si introduce il d) appartenenza alla medesima Provincia e al medesimo ambito territoriale sociale (ATS).
All’articolo 5, la lettera d), del comma 3, dell’articolo 25, della legge regionale 29 novembre 2001, n. 35, come introdotto dal presente articolo, non si applica alle intese programmatiche di area IPA che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano acquisito personalità giuridica di diritto privato ai sensi del Titolo II del libro primo del Codice Civile. Cosa che può costituire un freno a questo processo di riordino.
Io chiudo qua. Però sottolineando una cosa: che una diversa collaborazione fra Stato e Regioni, cosa che dovrebbe portarci anche al superamento della riforma del Capo V della Costituzione, come è stata varata con molti equivoci nel 2001, potrebbe portarci ad avere quegli strumenti che hanno avuto le Regioni tedesche, i Länder, nel momento in cui sono intervenuti per razionalizzare gli Enti locali. Peraltro, la discussione di oggi ha portato in evidenza come vi possa essere una eterogenesi dei fini nei motivi che spingono gli amministratori locali a voler fondere i loro Comuni.
Dovremmo accettarlo come un dato reale. Vi sono amministratori che sono guidati da una visione molto generosa, magari hanno fatto anche un percorso intellettuale che li ha portati a leggere il territorio e le sue trasformazioni in modo diverso. Cioè capire che non viviamo più nel Veneto dei tanti Comuni separati, ma in un unico tessuto urbano reticolare che è difficile da gestire. Vi sono altri Sindaci che possono, invece, essere spinti, sì, perché no, è inutile che ce lo neghiamo, dall’idea che il terzo mandato, che non viene concesso per legge, lo si può guadagnare fondendosi con il Comune vicino. Tenendo conto del fatto che nel 2023 non è che brilliamo per il numero di persone che si avvicinano alla politica.
Guardate che anche la misura di dover ridurre il numero di persone che partecipano ai referendum per continuare a considerarli validi, significa che viviamo nell’epoca che qualche studioso, e qualche giurista chiama della post-democrazia, qualcuno potrebbe anche dire di stanchezza delle logiche della democrazia.
Speaker : PRESIDENTE
Collega, se può concludere. Grazie.
Speaker : Marzio FAVERO (Liga Veneta per Salvini Premier)
Sì, certo. Sono questioni che appaiono in filigrana in questo PDL, ma che ne costituiscono la sostanza, e se ci pensate bene – chiudo qui – anche con le intese programmatiche d’area, e le intese programmatiche d’area mettono assieme attori istituzionali, cioè i Comuni e le Province, con attori privati, cioè le associazioni di categoria. Qualcuno parla di neocorporativismo istituzionale. Punto di domanda. Anche su questi temi noi oggi poniamo un primo punto fisso con una proposta che serve a venire incontro alle esigenze del territorio…
Speaker : PRESIDENTE
Grazie, collega.
Speaker : Marzio FAVERO (Liga Veneta per Salvini Premier)
…ma sappiamo che dobbiamo portare avanti un lavoro che dovrà veder coinvolto in modo particolare il Consiglio per le sue competenze.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie.
Do la parola alla correlatrice, la collega Luisetto. Prego.
Speaker : Chiara LUISETTO (Partito Democratico Veneto)
Grazie, Presidente.
Il progetto di legge che oggi discutiamo in quest’Aula ha lo scopo di adeguare la normativa regionale in materia di associazionismo e programmazione decentrata al nuovo scenario di contesto previsto dal Piano di riordino territoriale, dove, in sostanza, dovrebbero trovare espressione coerente gli obiettivi che il nuovo PRT mira a realizzare dopo dieci anni dal primo piano e dopo un lungo periodo di concertazione con i Sindaci, i Presidenti delle Unioni dei Comuni e Unioni montane, i Presidenti di Provincia e Città metropolitane, attraverso workshop e momenti di confronto, un piano che viene descritto come il mezzo mediante il quale viene raggiunto l’obiettivo di razionalizzazione dei livelli di governance, in un’ottica di semplificazione con l’individuazione della dimensione territoriale adeguata all’esercizio delle funzioni comunali e la conseguente costituzione di forme associative strutturate e stabili, il tutto per rispondere all’esigenza di ridurre la frammentazione dei livelli di governo e di conseguire risparmi di spesa nell’utilizzo delle risorse pubbliche, al fine di assicurare efficienza per gli Enti coinvolti ed efficacia dell’azione amministrativa e di governo in ambito regionale, come descritto dall’articolo 1 della legge regionale n. 18 del 2012, richiamata in premessa nel progetto.
Dunque è una Regione, la nostra, che non si accontenta di realizzare il contenimento delle spese nell’esercizio delle funzioni fondamentali dei Comuni, ma mira a incentivare la promozione delle gestioni comunali associate per assicurare una gestione efficace dei servizi e delle funzioni fondamentali, coinvolgendo in un riordino complessivo tutti i livelli di governance, il tutto ancorato al concetto introdotto nel 2012 di dimensione territoriale ottimale omogenea.
Andiamo per ordine. Nella fotografia fatta dal legislatore regionale nel 2012 è evidenziato come nel Veneto e come nel resto d’Italia – lo diceva adesso il consigliere Favero – sia presente il fenomeno della cosiddetta polverizzazione degli enti di livello comunale.
È evidente, si scriveva nel 2012, che non sussiste la dimensione assieme geografica e demografica, non solo idonea per la realizzazione di politiche pubbliche efficaci, ma che permette anche nel contempo, l’economicità dell’azione amministrativa.
Gli enti locali si stanno attualmente confrontando con le necessità derivanti dalle maggiori funzioni loro attribuite e con le difficoltà derivanti dalle ristrettezze della finanza pubblica; entrambi i fattori che mettono alla prova la loro capacità, sia dal punto di vista tecnico che amministrativo, di rispondere alle aspettative dell’opinione pubblica e della cittadinanza.
Il rischio – si scriveva 10 anni fa – che incombe sulle amministrazioni comunali è che vi sia un’oggettiva impossibilità da parte di molte realtà comunali ad assolvere ai nuovi e maggiori compiti.
Dunque, consapevoli di questa frammentazione organizzativa vasta e di una urgente azione di riordino, si dava vita a un percorso nel quale le gestioni associate venivano considerate lo strumento per superare le problematiche derivanti da ridotte e non adeguate risorse strumentali, economiche e di personale degli enti locali, sottolineando che se la fusione era il vero obiettivo a cui tendere, per buona parte dei Comuni la gestione associata rappresentava la strada più agevolmente praticabile per adempiere all’obbligo dell’esercizio delle funzioni fondamentali.
Per contestualizzare adeguatamente la proposta oggi al voto, è opportuno chiedersi che cosa sia accaduto nei successivi 10 anni che ci separano da quel primo atto di riordino. Discutiamo infatti una proposta che basata su importanti e condivisi presupposti arriva però in grandissimo ritardo e si risolve in cinque capi il cui fondamento viene sancito, pur non essendo ancora formalmente nella sostanza compiutamente definito.
Mi spiego subito: nel nuovo piano ad essere considerato il fulcro, l’ambito adeguato entro il quale creare le associazioni e aggregazioni programmatiche di gestione è l’ATS (l’Ambito Territoriale Sociale) strumento, è bene ricordarlo, rispetto al quale la Regione Veneto sconta un ulteriore enorme ritardo, che risale al mancato recepimento della legge 328 del 2000, e che solo con la DGR 1191 del 2020 viene riconosciuto quale soggetto di programmazione per il comparto sociale, sanitario e delle politiche per il lavoro.
In questo senso sono due le considerazioni da porre all’attenzione di quest’Aula: gli ATS sono strumenti che delimitano geograficamente aree allo scopo di organizzare e gestire le politiche sociali non sociosanitarie (è utile ricordarlo in ogni sede), scopo ben diverso da quello che la legge 18 del 2012 e il piano di riordino si pongono in merito ad una più ampia e articolata ridefinizione degli spazi ottimali entro i quali esercitare con efficienza, efficacia ed economicità, funzioni fondamentali dei Comuni che superano l’ambito sociale, quindi stiamo parlando di ambiti nei quali si intersecano la Polizia locale, il catasto, la pianificazione urbanistica, le attività di Protezione Civile, la gestione dei rifiuti urbani, la riscossione dei tributi, l’organizzazione dei servizi scolastici, per citarne alcuni.
Una pluralità di ambiti per i quali, ad oggi, esiste una sovrapposizione disordinata di confini, Enti e realtà sovracomunali.
Dunque, la prima domanda che viene da fare è: l’ATS è coerente nei suoi scopi, quindi sociali, con questi obiettivi così ampi? Può aderire a questi ambiti con efficacia?
A questi quesiti, in linea di principio è possibile trovare una risposta condivisa se consideriamo l’ambito di attuazione degli ATS quello sociale pervasivo di tutte le politiche che gli Enti locali sono deputati a gestire.
Tuttavia, dobbiamo prendere atto che, dopo 10 anni, un ritardo che non ci possiamo nascondere, oggi sia ancora alla riorganizzazione dell’intero territorio amministrativo ad uno strumento non ancora definito. Costruiamo il tetto su una casa che non ha ancora le fondamenta.
Sappiamo che gli ATS si poggiano su 21 Distretti. Sappiamo che cosa andranno a gestire, ma della forma giuridica attraverso la quale si sostanzieranno, di come si integreranno con gli ambiti socio-sanitari, delle risorse attraverso le quali finiti i fondi del PNRR alimenteremo queste realtà e delle dimensioni ottimali, appunto, per la loro efficace attuazione noi ancora non abbiamo discusso nulla.
Nonostante tali criticità stiamo riferendo l’intero piano - e il PDL oggetto della discussione - agli ambiti territoriali sociali. Ma di quali ambiti discutiamo? Quelli da 40.000 abitanti? Quelli da 300.000 e più? Quelli costituiti in Consorzi, Unioni o quelli verso i quali sembra si voglia andare che dovrebbero diventare aziende speciali? Ci sarà libertà di scelta della forma più aderente al proprio territorio o si dovrà convergere su un unico schema?
Vedete, dunque, come oggi valutiamo una proposta importante senza avere la struttura di base a supportarci e con domande aperte che non si pone solo questa minoranza, bensì sono emerse dalla fase di concertazione svolta dalla Regione.
Nei workshop la ridefinizione dei confini o l’individuazione di subambiti corrispondenti a specificità territoriali sono questioni ricorrenti a cui è necessario dare una risposta.
La sostanza di tutto questo è: quali economie di scala vogliamo creare attraverso gli ambiti territoriali sociali e quali servizi di prossimità e vicinanza gli stessi definiscono se li ancoriamo a 21 Distretti dalle più diverse dimensioni e caratteristiche.
Nel PDL 185 è prevista, ad esempio, all’articolo 3, la possibilità per gli ambiti territoriali montani di essere rideterminati nella sola forma dello scorporo e della successiva aggregazione ad altri ambiti, salva, però, l’appartenenza dei Comuni interessati alla medesima provincia e al medesimo ATS. Arriviamo a prevedere eccezioni che stiamo vincolando ad ambiti non ancora costituiti e che rischiano di non tener conto delle realtà di fatto. Penso, a solo titolo esemplificativo, alla realtà delle Unioni montane Bellunese e Valbelluna, in cui una valutazione in atto su possibili convergenze non sarebbe più possibile a causa dell’appartenenza a due ATS diversi di queste unioni e, dunque, non integrabili.
Parliamo delle Province. Anche qui, il Piano mira ad affrontare il loro ruolo, in attesa di una riforma da parte del legislatore nazionale del Testo unico e della legge n. 56, dando “maggiore enfasi al loro essere – si legge – ente esponenziale di una comunità territoriale intermedia tra Comuni e Regioni, sia con funzioni di supporto ai Comuni, sia come enti di gestori di ulteriori deleghe”. Se consideriamo la Provincia un livello di relazione e congiunzione valido per il supporto ai Comuni, dalla viabilità al trasporto pubblico, ai bandi europei, alle centrali uniche di committenza, gestione risorse PNRR, la domanda è questa: perché in questi anni la Regione, dopo aver assorbito le deleghe provinciali, non ha restituito alle Province praticamente nessuna funzione o poche e parziali, che avrebbero potuto, invece, rafforzare l’Ente e qualificarlo con maggiore chiarezza quale Ente intermedio? Un esempio è quanto accaduto con la Polizia provinciale, che, pure retribuita dalla Regione, rimane in capo alla Provincia, o con la Protezione civile, con personale regionale, ma che svolge azione a livello provinciale, quindi situazioni ibride e di confusione, alle quali non si è mai messo mano e sulle quali si innesta anche il tema nazionale della Provincia elettiva.
Tornare alle urne e rieleggere la Provincia ed eleggere un Presidente e il Consiglio ha senso se si opera un riordino complessivo delle funzioni di questo Ente. È un tema nazionale. Però, è un tema che si innesta nel nostro piano. Pensiamo agli ATO e al trasporto pubblico, funzioni che, se destinate alla dimensione provinciale, potrebbero trovare il giusto spazio di risposta ai bisogni. Altrimenti, rischiamo di votare un Ente che non ha un’identità ancora chiara, con la prospettiva di nuove sovrapposizioni di ruoli e competenze.
Il quadro che emerge, che questo stesso legislatore regionale definiva, dieci anni fa, di polverizzazione, come detto in premessa, non è di molto migliorato, non si è fatto molto per migliorarlo. Guardiamo i numeri. I dati aggiornati al 2021 relativamente ai Comuni della Regione Veneto – li citava in parte anche il consigliere Favero – restituiscono una fotografia ancora disordinata, dove i cambiamenti intervenuti sono partiti e si sono realizzati dal basso per esigenze delle comunità locali o per lungimiranza delle Amministrazioni. Direte: bravi gli amministratori locali che ci han pensato.
Invece, quello che ci dovremmo dire è che è mancato un disegno di programmazione complessiva, un orientare e accompagnare in modo sistemico questi processi che si sono realizzati solo parzialmente. Questa è una precisa responsabilità delle scelte e mancate tali della Giunta regionale. Vale per il numero dei Comuni, ma vale anche per la babele di realtà sovracomunali. Il Veneto, a livello italiano, si diceva prima, è al terzo posto per numero di Comuni: 563 di cui 291 sotto i 5.000 abitanti e 182 con meno di 3.000 abitanti.
Questi Comuni sono chiamati ad amministrare il 15% della popolazione veneta e più del 40% dell’estensione territoriale regionale, con l’aggravante – si legge nel Piano – che il territorio dei piccoli Comuni veneti è spesso caratterizzato da rischio idrogeologico elevato e dalla presenza di tutti i fattori di rischio e criticità tipici dei territori montani e pedemontani.
I referendum per le fusioni sono stati 25 dal 2013 al 2020, con il coinvolgimento di 63 Comuni e l’istituzione di 12 nuovi Comuni, e con la contestuale estinzione di 29 i Comuni, la quasi totalità sotto i 5.000 abitanti, soprattutto a Vicenza e a Belluno.
Accanto ai 563 Comuni ci sono 40 centri per l’impiego, 26 IPA, 19 Unioni montane, 26 Ambiti territoriali scolastici, 49 Distretti di Protezione civile, 82 distretti di Polizia Locale, 9 ULSS, 26 distretti con 21 Comitati dei Sindaci, 21 ATS, 12 ATO Rifiuti e 8 ATO acqua: quando diciamo una babele di realtà sovracomunali.
In questo scenario discutiamo un PDL legato ad un complessivo riordino territoriale, nel quale si ribadisce in premessa la volontà di sostenere le fusioni e associazioni dei Comuni, nei quali si dice come la Regione del Veneto vada oltre l’obiettivo statale di riduzione dei costi, sposando una lungimirante visione di efficienza di insieme – poco fa abbiamo discusso della meritevolezza dello scambio di pezzi di terra tra due Comuni – sostenendo una mercificazione di territori che svilisce la fatica e il lavoro di chi ha operato fusioni, o di chi le ha tentate, fallendo, magari perché non sostenuto a dovere.
Sarebbe interessante capire se l’obiettivo dei 500 Comuni, Assessore, entro il 2030 è ancora in essere. Obiettivo che mi chiedo come si pensi di realizzare se assistiamo a scelte che invece di promuovere le fusioni accettano scambi o baratti. O ancora: votiamo la fusione tra due piccoli Comuni padovani con un terzo lasciato fuori dalla porta, cui si nega il diritto di far parte di un processo, allargando le dimensioni di un percorso che la Regione non solo dovrebbe sposare, ma contribuire a realizzare secondo i propri intendimenti di principio.
Questa pesante incoerenza non può portare lontano un Piano, di conseguenza un PDL che pure ha basi ha basi chiare e recepisce nelle intenzioni le osservazioni di territori che chiedono esattamente l’opposto di quanto deciso questa mattina sulle questioni di Arsiero e Laghi e Carceri e Vighizzolo.
Risultano è che, dopo essere rimasti fermi per anni, rischiamo di fare passi indietro, non avendo costituito le condizioni per spingere, sostenere e promuovere aggregazioni e fusioni.
Con il PDL 185, modifichiamo molto poco. Ancoriamo il riordino alla dimensione dell’ATS, di cui ho detto poco fa quali siano le criticità. Rendiamo quinquennale l’aggiornamento del piano. Sono passati 10 anni, quindi poco cambia. Cancelliamo il registro delle forme associative non perché abbia avuto problemi, ma perché non è mai partito. Riduciamo il quorum per le fusioni, su questo in un’ottica di promozione spinta a queste aggregazioni. Questa è un’azione condivisibile, ma la domanda è poi quale sia la regia della Regione. Quale l’investimento per le fusioni e le unioni. Se è quello di Carceri e Vighizzolo mi sembra lontano da quella funzione di programmazione lungimirante che ci permette di ridisegnare, in modo organico, un intero territorio.
Introduciamo clausole di premialità dei bandi per dare contributi agli Enti che si fondono.
Consideriamo le IPA strumenti di partenariato da valorizzare, ma non investiamo a sufficienza per rendere tutto questo efficace. Un esempio al confronto impietoso tra l’investimento di bilancio della Regione Emilia Romagna per incentivare le unioni e quello del Veneto.
La prima mette a disposizione, per la sola annualità 2023, per le unioni 5.200.000 euro e ulteriori 422.000 euro per le nuove premialità nel PRT 21/23, a cui si aggiungono risorse dedicate alle Unioni montane per 4.200.000 euro. Siamo a 9.000.000 di euro.
In Veneto dal 2013 al 2022 sono stati stanziati complessivamente, tra studi di fattibilità, contributi una tantum e per investimenti, contributi straordinari alle fusioni e ordinari, una cifra di circa 19.808 euro e 86,59 (senza circa).
Una cifra che la Regione Emilia Romagna raggiunge in due anni. Noi l’abbiamo investita in 10 anni. Non vi sembra contraddittorio promuovere a parole processi associativi e fusioni e non agire per superare le frammentazioni nei fatti? Come andare oltre e agire per superare questa stasi? Anche qua non ci inventiamo nulla? È sufficiente dare seguito a quanto gli stessi Sindaci hanno chiesto, stabilendo una chiara definizione giuridica attraverso interventi normativi che facciano ordine, tipo seguendo un criterio per tema, per servizio, per sistemare la sovrapposizione esistente delle realtà sovracomunali, incentivando le fusioni con percorsi di formazione/accompagnamento, ma anche con un lungo intervento di sensibilizzazione da parte della Regione come soggetto imparziale per informare, creare consapevolezza nelle cittadine e cittadini, favorendo le attività di concertazione tra territori, mettendo a disposizione risorse. Bene in questo senso la clausola di premialità. Ma quanti soldi ci mettiamo per costruire un vero sistema di graduale corresponsione dei benefìci ai diversi livelli di integrazione strutturando le Unioni montane perché possano puntare ad erogare tutte le funzioni montane e avere deleghe dirette sulle politiche della montagna, definendo strumenti a supporto delle unioni e di semplificazione, ad esempio, in materia di personale – sono tutti spunti che sono usciti dai workshop –, rafforzando i percorsi di formazione rivolti a tecnici e politici per favorire una cultura aggregativa, potenziare la digitalizzazione, omogeneizzare gli strumenti tecnici e digitali che consentono dialogo e interscambio, adottare una normativa stringente sulle fusioni basata su dati concreti e studi di fattibilità, con supporti di tipo economico, consulenze e percorsi di accompagnamento, con strumenti perequativi e premialità forti, soprattutto dove ci sono situazioni difficili, promuovendo, infine, investimenti in mobilità, viabilità e infrastrutture, con attenzione in ambito montano ai trasporti intervallivi.
Insomma, è necessario programmare, incentivare ed essere coerenti nella scelta della direzione da intraprendere. Questo progetto di legge, che modifica molto poco, è soltanto una ridefinizione di superficie. Ciò che conta è la sostanza a cui si vuol dar gambe con il nuovo Piano, la cornice entro cui operare e le scelte politiche che determinano la forma, insomma le fondamenta della casa a cui oggi si vuol provare a mettere un tetto, fondamenta ancora incerte e che richiedono una visione oggi in quest’Aula ancora non manifesta.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie, collega.
Consigliera Camani, prego.
Speaker : Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)
Grazie, Presidente.
Il progetto di legge che l’assessore Calzavara ci sottopone oggi dovrebbe, nelle intenzioni, tradurre in previsioni normative più specifiche i contenuti più generali di pianificazione territoriale che stanno alla base del nuovo Piano di riordino territoriale, un atto importante che la Giunta ha approvato qualche mese fa, come disciplinato dalla legge n. 18 del 2012, e che dovrebbe appunto essere lo strumento attraverso cui l’Amministrazione regionale prova a definire e a razionalizzare i livelli di governance del territorio. È il secondo Piano di riordino territoriale che vede questa Regione. Il primo risaliva al 2013 e, malgrado la legge, peraltro, prevedesse scadenze triennali, solo oggi, a dieci anni di distanza, quindi dal 2013 primo Piano al 2023 secondo Piano, forse vale la pena fare alcune riflessioni di quanto in questi dieci anni questa Amministrazione regionale è stata capace di tradurre le intenzioni di allora in fatti concreti.
Essendo sostanzialmente la medesima Giunta, col medesimo Presidente, con i medesimi contenuti del Piano di riordino territoriale, possiamo trarre alcune indicazioni sull’affidabilità degli impegni che vi state prendendo anche oggi.
Un Piano quindi, dicevo, che arriva a 10 anni di distanza dal primo, quindi con un ritardo molto significativo, ma siamo abituati ai ritardi con cui la Regione produce i propri piani di pianificazione, e sono però stati questi 10 anni non 10 anni neutri dal punto di vista della politica territoriale, ma sono stati 10 anni in cui in particolar modo gli enti locali sono stati coinvolti, e in parte anche travolti da alcuni cambiamenti significativi. Penso sicuramente alla legge 56, ma anche al decreto legislativo 78, quello che dal livello nazionale ha imposto agli enti locali un’accelerazione rispetto alle forme associative.
Sono stati 10 anni in cui molti territori hanno corso lungo una strada di cambiamento anche rispetto ad altre Regioni a noi più o meno vicine, in cui effettivamente una politica territoriale convinta, di riduzione della frammentarietà del territorio, ha prodotto dei risultati significativi.
Mi pare incredibile che non si dica una parola, lo dico in particolar modo al relatore, Favero, rispetto all’incapacità che nei 10 anni appena trascorsi l’Amministrazione regionale ha dimostrato di incidere nei processi di riorganizzazione in corso. La politica avrebbe potuto fare di più, in questi 10 anni, la politica della nostra Regione. E forse oggi non ci troveremmo, come anche lei ha evidenziato nella sua relazione, ad essere una delle Regioni con il maggior numero di Comuni, ad essere una delle Regioni con una dimensione media dei Comuni così piccola, non ci troveremmo oggi a dover rincorrere proposte di fusioni alquanto fantasiose.
Dal 2013, quindi, in 10 anni – e dovremmo metterla in premessa, a questa discussione, questa cosa – soltanto 29 Comuni sono spariti dall’elenco degli enti locali della nostra regione. Ne rimangono 563, la stragrande maggioranza dei quali con una dimensione per abitante assolutamente inferiore ai limiti ottimali individuati da qualsiasi studio. Anche le Unioni, questa cosa per cui tutti gli amministratori locali che oggi si trovano a fare i Consiglieri regionali mi spiegano che bisogna investire, anche le Unioni in questi 10 anni si sono fortemente ridotte, anche Unioni che rappresentavano realtà strutturate sul territorio, in questi 10 anni si sono indebolite.
Lo studio mette in evidenza anche alcune motivazioni che hanno portato all’indebolimento di queste Unioni. Ma è la fotografia che noi abbiamo, a 10 anni di distanza, dopo che voi avete amministrato la Regione per 10 anni, è una fotografia da questo punto di vista, cioè sotto il profilo della capacità che si è avuta di incidere nelle dinamiche della governance territoriale, una fotografia abbastanza impietosa e lo studio che voi commissionate alcune spiegazioni rispetto a questa incapacità che la nostra Regione ha avuto di governare i processi di riorganizzazione territoriale, alcune ragioni sono anche abbastanza evidenti. La prima fra tutte è un’eccessiva frammentazione delle zonizzazioni a cui avete sottoposto, voi Regione, gli Enti locali del nostro territorio; perché se era la Protezione civile c’erano dei Distretti, se era la Polizia locale ce n’erano degli altri, se erano i servizi sociosanitari delle altre ancora, se erano dell’Unione per altre funzioni, altre zonizzazioni ancora. I rifiuti vanno per una strada. L’acqua va per un’altra strada.
Il Sindaco - guardo il capogruppo Soranzo, perché l’ha fatto per tanti anni - per dover gestire i servizi e le funzioni del proprio Comune deve andare in 10 tavoli diversi, con interlocutori diversi ad ogni tavolo, a seconda che va a discutere: della gestione dei rifiuti, della gestione delle acque, dell’opera pubblica di bacino, dei servizi sociali o dei servizi sanitari.
È questa la fotografia e il quadro che ha prodotto i 20 anni dell’Amministrazione Zaia rispetto all’organizzazione territoriale del Veneto e potete dirmi quello che volete, ma è così.
Allora oggi andiamo a una nuova stesura, attraverso la quale avete l’ambizione, legittima, di riordinare le Istituzioni territoriali della nostra Regione, attraverso la promozione di una gestione associata, che però non può prescindere dall’altra gamba, cioè io assumo come priorità una gestione più organica e organizzata delle funzioni comunali e, dunque, devo mettere in campo delle azioni incisive perché questo intendimento diventi concreto, cioè quello che non avete fatto in questi 10 anni.
Faccio alcuni esempi di ciò che avete detto, ambite a fare in questo Piano di riordino territoriale, per la verità anche in quello di 10 anni fa e che poi oggettivamente non avete fatto.
È chiaro che se la normativa nazionale, al di là delle diverse proroghe, ci dà un’indicazione di massima che incentiva le unioni e le fusioni tra Comuni, in particolar modo tra quelli piccoli, mettendo addirittura un termine perentorio entro il quale i Comuni con meno di 5.000 abitanti, meno di 3.000 se montani, devono unificare la gestione di alcune funzioni, al netto di quello che dice il legislatore nazionale, patria dell’autonomia, ci vorrebbe un’azione più incisiva della Regione per rendere quell’obbligo cogente a livello territoriale. L’Emilia-Romagna non si è inventata tantissime cose, ha semplicemente preso l’indicazione del legislatore nazionale e l’ha resa più cogente, anticipandola a livello locale. Non è che ci voglia il mago. Basta dire, se quella è l’indicazione, facciamola.
Capisco che è antipatico dire di no ai Comuni che sono figli di quei campanilismi che noi conosciamo bene e che abbiamo visto anche proprio nelle discussioni di queste ore. Ma che differenza c’è tra essere un amministratore passivo che registra i sentimenti e i mal di pancia dei territori ed essere un amministratore che prova significativamente a modificare gli assetti del territorio che ha il compito di amministrare? Semplicemente questa. Oppure, ha fatto un’altra cosa l’Emilia-Romagna, ha aumentato i limiti della popolazione: non solo fino a 5.000 abitanti per l’obbligo a svolgere le funzioni in maniera unificata. 10.000 abitanti. Quindi, teniamo il principio nazionale ma, siccome ci crediamo in questo principio, aumentiamo il vincolo del limite di abitanti. D’altronde, lo sapete meglio di me, perché ve lo dice lo studio che avete pagato per dirvelo, che la dimensione ottimale dei Comuni per poter erogare in maniera efficiente i servizi ai cittadini è almeno 10.000 abitanti. Allora, se dite che ci credete in questa cosa, mettiamo che il vincolo al di sotto del quale c’è l’obbligo all’esercizio in forma di unione di alcune funzioni è 10.000 abitanti? Obblighiamoli, i Comuni. Ma poi diventate antipatici, assessore Calzavara. Perché quando convochiamo i Sindaci per fare workshop, dove devono scrivere sui post-it attaccati alla lavagna le loro opinioni, siamo simpatici perché li ascoltiamo, quando li obblighiamo a fare i conti con le loro inefficienze rischiamo di diventare antipatici.
Faccio un altro esempio, anche se l’ha già spiegato molto bene la correlatrice Luisetto. Io sono d’accordo nell’individuare gli ATS, in teoria, come dimensione ottimale per definire la delimitazione geografica di un territorio. Perfetto. Del resto, qual è la funzione prioritaria dei Comuni, se non quella di garantire i servizi sociali dei propri cittadini? Perfetto. Ma quali ATS? A proposito di ritardi decennali, a cui ci avete abituato: quali ATS? Quelli della delibera di Giunta? Quelli del progetto di legge in discussione in Commissione? Quelli che chiedono alcuni Sindaci, che sono diversi dai 21 che ci proponete? Dove sta la valutazione puntuale che vi porta a dire gli ATS? Perché così come sono, lo sa benissimo l’assessore Lanzarin, oggi gli ATS sono ancora un principio sulla carta.
Come poi quegli ATS diventeranno calati sul territorio, lo vedremo alla fine di un percorso di condivisione con i territori che anche la stessa assessore Lanzarin è impegnata a fare. Ma non è la stessa cosa dire che l’ATS di cui state parlando è quello che va da Abano Terme a Piove di Sacco, che va dal Comune di Padova a Limena, e invece è l’ATS Terme Colli e l’ATS Piovese.
Perché io dico che se sono due, faccio l’esempio del mio territorio, ha senso che il territorio Terme Colli discuta dei servizi sociali, dell’acqua, dei rifiuti, della pianificazione urbanistica con i Comuni di Terme Colli. Se lei però mi chiede di farlo insieme a Correzzola, fatico a immaginare la pianificazione territoriale di Abano coerente con quella di Correzzola: banalità, che però trasformano un principio (gli di ATS) come bacino omogeneo non solo per i servizi sociali, ma per consentire a un Sindaco di trovare sempre quei 20 colleghi con cui discutere di tutto. In base a come lei mi definisce gli ATS, io posso dire se sono d’accordo o no concretamente sulla cosa che mi state proponendo?
Le Unioni dei Comuni – faccio un altro esempio molto semplice, sempre sugli ATS e sull’Unione dei Comuni – come si incrociano con gli ATS? Se io vado a vedere quello che ci propone l’assessora Lanzarin, legittimamente, l’ATS dell’Alta Padovana, comprende il Camposampierese e il Cittadellese – mi spiace che il collega Pan sia uscito –; ma il Camposampierese ha già la sua Unione molto consolidata e rafforzata, quindi cosa faccio? Il Cittadellese cosa fa? Va a fare cosa, quali funzioni, insieme al Camposampierese, che vive già di un’organizzazione molto strutturata, non solo in ambito sociale, ma anche in tutti gli altri ambiti?
Faccio questi esempi che riguardano, per carità, il mio territorio, per dimostrare come un documento scritto da una società esterna a cui affidiamo lo studio funziona benissimo dal punto di vista teorico, ma io lo posso misurare soltanto nel momento in cui quel Piano generale si traduce in scelte concrete sul territorio.
Faccio un altro esempio e chiudo, giusto per dire cosa non c’è.
A me va benissimo dire che i Comuni sono incentivati a fare convenzioni o unioni, ma perché non scriviamo per legge quali sono le funzioni rispetto alle quali noi obblighiamo i Comuni ad esercitarle in modo condiviso. Abbiamo detto prima, giusto per stare nei temi di Carceri e Vighizzolo, che questi qua avranno un Vigile Urbano in più, ma perché io già non parto obbligandoli a mettere insieme la funzione della Polizia locale. Per esempio: tutti i Comuni con meno di 5000 abitanti devono aderire a un distretto di Polizia locale e risolve un po’ del problema sulle assunzioni e sulla carenza di personale che ormai riguarda i piccolissimi Comuni, i medi Comuni, i grandi Comuni. I grandi Comuni.
Ecco cosa manca. Ecco qual è il pezzetto che, a livello teorico, è raccontato nel Piano di riordino e che io non vedo nel progetto di legge che affiancate al Piano di riordino territoriale, perché, al netto delle contraddizioni che sono emerse tra il Piano di riordino territoriale e i giudizi di meritevolezza che abbiamo dato nel corso di questo Consiglio, su cui non torno, che cosa rimane tra ciò che è scritto nel Piano di riordino territoriale, in teoria, e come voi pensate oggi di trasformare quelle teorie in azione concreta, in politica concreta.
C’è l’indicazione per gli ATS perché una serie di modifiche che il relatore Favero ha citato, riguarda semplicemente l’inserimento della parolina ATS in tutte le leggi che presuppongono un riferimento all’ambito omogeneo, ma questo non risolve neanche in questa legge quali ATS, con quali confini, con quale dimensionamento. Mi verrebbe anche da dire con quali risorse economiche, ma questo ce lo dirà la Lanzarin in un’altra fase. Quindi? Basta scrivere dentro le leggi di riordino che i servizi devono essere strutturati attorno agli ATS senza sapere quali saranno questi ATS e quale sarà l’omogeneità garantita a questi ATS quando ci sono ambiti territoriali da 63.000 abitanti (quello di Chioggia) e ambiti territoriali da 450.000 abitanti. Ma voi davvero mi volete far credere che sia uguale organizzare i servizi per 60.000 persone o per 450.000 e che le valutazioni siano le medesime soltanto perché esiste una roba che si chiama ATS? Due, poi cosa c’è in questo progetto di legge? Spostate il vincolo temporale per la revisione del Piano da tre a cinque anni. Non cambia niente, tanto c’era il vincolo triennale e lo rinnovate dopo dieci. Mettete direttamente il Piano decennale, così almeno non vi dovete sorbire la solfa dei Consiglieri di minoranza che vi dicono: siete in ritardo con il riordino del Piano. Era triennale, mettete cinque, lo fate dopo dieci.
Cos’altro c’è? Cancellate la previsione della costituzione del registro regionale per le forme di gestione associata, che era previsto nella legge del 2012. E io mi sono chiesta: ma perché cancellano questa previsione? Forse questo registro non è utile? Magari avere un sito della Regione dove è scritto quali sono i Comuni associati potrebbe essere utile? Invece no, la cancellate, perché era una previsione che voi avevate messo e che non avete realizzato in questi dieci anni. E non vi ponete il problema di farla o di chiedervi se è utile o meno. Togliamo l’obbligo di legge, così non abbiamo lo sbatti di doverla fare.
Cos’altro c’è? C’è un capitolo intero del Piano di riordino territoriale che mi spiega quanto siano importanti le intese programmatiche d’area come strumento attraverso cui le Amministrazioni, in sinergia con le organizzazioni del territorio che rappresentano parti sociali e imprese, pianificano. Quindi, mi aspetto di trovare un intervento di valorizzazioni delle IPA nel progetto di legge rilevante. Invece non c’è niente. Anche lì aggiungete la parolina “ATS” nella definizione del confine delle IPA. Ma non ci mettete nulla.
L’unica cosa veramente significativa che c’è in questo progetto di legge, che è la ragione per cui arriva qui, perché altrimenti sarebbe rimasto nel cassetto della Giunta per altri dieci anni, è il quorum sulle fusioni, che viene sensibilmente ridotto. Perché una proposta di fusione vada a buon fine basta un cittadino su tre che partecipi per il raggiungimento del quorum. Io non sono pregiudizialmente contraria a questa previsione. L’ho detto prima, ha ragione il collega Pan: chi vota decide anche per chi non vota. Si toglie un argomento forte ai detrattori delle fusioni, nel senso che l’astensione non è più un’opzione in campo per far fallire un referendum. Ma è evidente che questa è una proposta che incide sul versante della quantità e non della qualità. Cioè, noi diciamo: non occupiamoci di quali fusioni, perché quelle fusioni, non sforziamoci di incentivare dall’alto un processo di condivisione e di accorpamento attraverso azioni di moral suasion dall’alto verso il basso. Lasciamo che facciano i territori, e per portare a casa un risultato che è numerico e non qualitativo, facciamo in modo che vada in porto il maggior numero di referendum possibili. Ma dove sta la valutazione? La mia domanda è retorica, perché abbiamo già visto poche ore fa dove sta la valutazione: dove sta la valutazione dell’Amministrazione regionale rispetto a quali referendum, o meglio, a quali processi di aggregazione vanno valorizzati in maniera particolare? Dove sta la valutazione dell’Amministrazione regionale per indicare quei territori dove davvero è prioritario ed è strategico intervenire per ridurre la dimensione media?
Speaker : PRESIDENTE
Concluda, collega.
Speaker : Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)
Vado a concludere.
Ovviamente, in tutto questo aleggia sulla relazione il grande spettro delle risorse che sono sempre le stesse, delle Province che dovrebbero avere funzioni delegate e che non vengono delegate, in virginale attesa che si compia il processo dell’autonomia.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie, collega.
Con il suo intervento chiudiamo la discussione generale. Ci sono degli emendamenti, quindi diamo 20 minuti di tempo alla Commissione. Quindi, ripresa dei lavori alle 18.15.
Subito, a seguire, la Capigruppo in Sala del Leone. Capigruppo in sala Giunta, subito.
Ripresa alle ore 18.15. Bene, colleghi, se ci accomodiamo partiamo con l’articolato.
Verificate i vostri Concilium.
Bene. Siamo sull’articolo 1. C’è un emendamento: l’emendamento 2 della collega Guarda.
Non vedo richieste di intervento. Lo metto in votazione. Parere del relatore favorevole.
È aperta la votazione.
Chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
Quindi andiamo a votare l’articolo 1, così come modificato.
È aperta la votazione.
Siamo sull’articolo, colleghi.
Chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
Andiamo all’articolo 2. Emendamento 9 della collega Camani, di pagina 2.
Non vedo richieste di intervento. Lo metto in votazione. Relatore contrario.
È aperta la votazione sull’emendamento 9.
Chiusa la votazione.
Il Consiglio non approva.
Quindi metto in votazione l’articolo 2.
È aperta la votazione sull’articolo 2.
Ricordo, articolo.
È chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
C’è un emendamento aggiuntivo, il B01, della Giunta regionale, pagina 3.
Non vedo richieste di intervento.
Lo metto in votazione. Il relatore è favorevole.
È aperta la votazione.
È chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
Metto in votazione l’articolo 3.
È aperta la votazione.
È chiusa la votazione.
È approvato.
Passiamo all’articolo 4.
Emendamento 3 di pagina 16 della collega Guarda.
Non vedo richieste di intervento.
Lo metto in votazione. Il relatore è favorevole.
È aperta la votazione.
È chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
Siamo sempre sull’articolo 4, emendamento 11 della correlatrice, pagina 16 bis.
Non vedo richieste di intervento.
Parere favorevole del relatore.
È aperta la votazione.
È chiusa la votazione.
È approvato.
Ancora sull’articolo 4, emendamento 10, collega Luisetto.
Non vedo richieste di intervento. No, deve essere ritirato, mi pare.
Speaker : Chiara LUISETTO (Partito Democratico Veneto)
Lo ritiro.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie. Perfetto.
Metto in votazione l’articolo 4, così come modificato.
È aperta la votazione.
È chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
L’articolo 5 non ha emendamenti, quindi lo metto in votazione.
È aperta la votazione.
È chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
L’articolo 6 invece ha un emendamento: l’emendamento 4 della collega Guarda. Non vedo richieste di intervento.
Lo metto in votazione. Il relatore è favorevole.
È aperta la votazione sull’emendamento 4.
È chiusa la votazione.
È approvato.
Votiamo quindi l’articolo 6, così come modificato.
È aperta la votazione.
È chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
Andiamo all’articolo 7.
Non ci sono emendamenti.
È aperta la votazione sull’articolo 7.
È chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
Passiamo all’articolo 8.
Metto in votazione l’articolo 8.
È chiusa la votazione.
È approvato.
Siamo sull’articolo 9.
C’è un emendamento: l’emendamento 6 della collega Baldin. Lo dà per letto. Relatore contrario.
È aperta la votazione. Siamo sull’emendamento 6, ripeto, relatore contrario.
È aperta la votazione.
Per modificare il voto potete rientrare.
È chiusa la votazione.
Il Consiglio non approva.
Collega Guarda, sull’articolo 6.
Speaker : Cristina GUARDA (Europa Verde)
Sull’articolo 6, ringrazio.
Volevo fare un po’ di storia rispetto alla votazione di questo articolo, perché la modifica che è stata prevista all’interno di questo progetto di legge è in realtà figlia di una proposta, di un emendamento che avevo presentato insieme al collega Ruzzante e alla collega Bartelle proprio nella scorsa legislatura, bocciato dalla maggioranza e non accolto, quindi.
Oggi sono quindi felice che la Giunta abbia ritenuto, a distanza di tre anni, come buona l’idea già formalizzata nel 2020, tesa ad agevolare la fusione mediante la riduzione del quorum. Per cui, ringrazio di questa attenzione. A posteriori, magari, se le prossime volte riusciamo a ragionare bene sugli argomenti e sull’essenza degli emendamenti che proponiamo sicuramente è un vantaggio per tutti.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie. Metto in votazione l’articolo 9.
È aperta la votazione sull’articolo 9.
Chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
Andiamo all’articolo 10. Non ci sono emendamenti.
È aperta la votazione sul 10.
Articolo ricordo.
Chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
Articolo 11.
È aperta la votazione sull’articolo 11.
Chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
Passiamo all’articolo 12. Emendamento n. 7, della collega Baldin, che lo dà per letto.
Metto in votazione l’emendamento 7. Relatore contrario.
È aperta la votazione sull’emendamento 7.
Relatore contrario.
Chiusa la votazione.
Il Consiglio non approva.
Emendamento 5 della collega Guarda, sempre sull’articolo 12.
Non vedo richieste di intervento. Parere del relatore è contrario.
È aperta la votazione sull’emendamento 5.
Chiusa la votazione.
Il Consiglio non approva.
Siamo ancora sul 12. Emendamento 8 del collega Razzolini. Emendamento 12… 8 scusa.
Speaker : Tommaso RAZZOLINI (Fratelli d’Italia - Giorgia Meloni)
Presidente, allora, l’emendamento viene ritirato perché - ringrazio l’assessore Calzavara - è stato recepito comunque la richiesta di questo emendamento, che andava un po’ a discapito dell’IPA, invece con la formulazione della Giunta va a completare ancora meglio la richiesta che era stata fatta con questo emendamento. Quindi, comunque, l’IPA riesce lo stesso andare a comprendere un’area che non corrisponde solo, appunto, all’ATS, ma anche un’area che, a livello economico e sociale, viene inclusa.
Quindi con questo ritiro e ringrazio l’Assessore.
Speaker : PRESIDENTE
Bene. Quindi viene ritirato l’emendamento 8.
Siamo sempre sull’articolo 12. Emendamento 12 della Giunta regionale.
Non vedo richieste di intervento. Lo metto in votazione. Parere… Non vedo. Assessore, parli. No, no, prego, Assessore.
Speaker : Ass.re Francesco CALZAVARA
Grazie, Presidente. Intervengo dopo perché ci sono le dichiarazioni di voto che spetteranno ai Capigruppo.
Ho sentito molti interventi oggi, tutti interessanti, e conoscendo il grado di autocritica del Partito Democratico non mi aspettavo che qualcuno facesse riferimento al disastro della riforma Delrio, perché è troppo facile non dire le cose che si sono fatte e i danni che si sono provocati in questo Paese con la riforma Delrio. Allora, è meglio attaccare i tre anni, i cinque anni, la mancanza di programmazione, la non visione. Se quella è la vostra visione e i danni che avete provocato a questo Paese con la vostra visione, ben venga la mancanza di visione. Ben venga la mancanza di visione! Perché la vostra visione ha distrutto gli Enti locali in questo Paese. Molto probabilmente lei, che era anche lì a seguire questi lavori, dovrebbe avere ben conto di cosa ha prodotto in questo territorio e in tutta Italia. E non è un caso che in questo momento, dove magari c’è consapevolezza dei danni che avete fatto, in maniera bipartisan si sta correndo per ripristinare le Province, perché le Province sono un elemento fondamentale nel governo del territorio, perché si è capito come la distanza tra le Regioni e i Comuni ha bisogno di un Ente intermedio. Ripristinare le Province probabilmente darà molte di quelle risposte che nel corso di questi anni i territori non hanno avuto. Si cercherà di trovare le risorse e si cercherà di dare quelle nuove deleghe, che io spero questa Regione nel corso dei prossimi anni potrà avere dal Governo e dare ulteriormente al territorio, nell’ottica della sussidiarietà. L’autonomia è portare a casa deleghe e darle più vicine possibili ai territori. Quindi, quello che porterà a casa il Veneto in futuro darà ulteriore forza ai territori, cercando di dare ai propri cittadini e ai propri veneti la possibilità di interagire il più vicino possibile ai centri decisionali, che molto probabilmente è quello che non volevate voi. Tra l’altro, la riforma Renzi, che meno male con il referendum non è andata in porto così com’era sognato dall’Amministrazione Renzi, vedeva l’eliminazione probabilmente progressivamente anche delle Regioni, perché quella era l’idea di quel referendum. Fortunatamente i cittadini qualche volta ci vedono bene e hanno giustamente bocciato quel referendum, bocciando la riforma e bocciando la vostra visione dello Stato.
Oggi parliamo di un progetto di legge che arriva oggi, e non come era nelle nostre intenzioni dopo aver approvato gli Ambiti territoriali sociali e dopo aver approvato in Commissione il Piano di riordino territoriale, e arriva oggi semplicemente perché? Perché riteniamo che sia il caso di dare una forza, una spinta a quelli che riteniamo per noi possano essere uno strumento di innovazione all’interno dell’architettura istituzionale del Veneto, che sono le fusioni.
Oggi quindi facciamo questa accelerazione, portando questa legge per permettere a quei tre che sono poi sei Comuni che andranno a confrontarsi con i propri cittadini per quanto riguarda la fusione, con una norma, che poi si ritrova in tutta Italia, una norma di buonsenso che dice: non facciamo sì che i fautori del “no al referendum” si appoggino sull’astensione, perché quello è successo negli ultimi anni.
Chi era contrario sapeva che più del 50% ormai non va più a votare per nessun motivo, quindi si appoggiava sull’astensione. Io son convinto, invece, che a portare al 30% farà sì che ci sarà sempre più del 50%, perché chi è veramente contrario si attiverà per portare i propri cittadini e dimostrare che la mancata fusione è un successo per il proprio territorio, e ci saranno i cittadini, invece, che crederanno che la fusione possa essere uno strumento di crescita del territorio.
Ecco perché oggi arriviamo non per mancanza di visione, non perché non c’è coraggio nel fare le norme, ma perché siamo consapevoli che un territorio come questo, che è estremamente complesso dal punto di vista dell’identità, deve essere progressivamente guidato verso quella che crediamo possa essere una prospettiva, che è quella del 2030, del 2040.
Leggevo che sempre nella magnifica Emilia-Romagna, dal 2014 a oggi sono state fatte 13 fusioni. Siccome l’Eldorado è sempre di là del Po, qui stiamo parlando di 13 fusioni su 33 Comuni fusi. Questo è l’Eldorado, questa è la fantastica terra da ammirare e da cercare di imitare. Quindi, cerchiamo di essere anche consci di quelle che sono le difficoltà di ogni territorio. Cerchiamo da questo punto di vista, e lo faremo in futuro, di mettere anche delle risorse adeguate, sia per quanto riguarda le IPA, sia per quanto riguarda gli ATS, sia per quanto riguarda tutte quelle forme di incentivazione, affinché i Comuni comprendano che nel suo percorso di fusione avranno sicuramente dei benefici per il proprio territorio.
È qualcosa di complicato, di non particolarmente sentito da parte degli amministratori locali, ma sempre più sentito dai cittadini. La norma che abbiamo inserito per cercare di dare dei contributi anche alle associazioni che si occupano di queste cose è perché quello che abbiamo capito nei tanti incontri che abbiamo fatto in giro per il Veneto, a parlare di fusioni, se parliamo di fusioni all’interno della politica diventa un gioco del sì, del no, della destra, della sinistra.
La fusione non è questo, la fusione è qualcosa che dà una prospettiva completamente diversa di organizzazione dei servizi ai cittadini, che non può prescindere dalla prossima… che non può vedere come obiettivo la prossima elezione, ma deve avere una visione un po’ più lunga e speriamo poi di riuscire, ecco non sarà probabilmente questa legislatura, per questo anche all’interno del Piano, quella visione di un Piano di riordino territoriale, con una scadenza triennale, è probabilmente - chi l’ha pensato al tempo – sbagliato. Semplicemente sbagliato. Perché i tempi di un riordino di un’architettura istituzionale dei rapporti tra gli Enti ogni tre anni è semplicemente impossibile da realizzare.
Quindi, riteniamo che i cinque anni possono essere un percorso adeguato per verificare se quello che è scritto all’interno del Piano inizia a dare dei risultati. Ci sono tutte le possibilità, attraverso i collegati e gli ordinamentali di andare a modificare anche le leggi, via via che si prenda forma a questa nuova volontà da parte dei veneti, che però deve essere confermata dalla volontà dei cittadini, dalla volontà delle Amministrazioni comunali, di iniziare un percorso di aggregazione e di riordino di quelli che riteniamo siano dei servizi fondamentali per i cittadini del futuro, che una Amministrazione, con visione come quella della Regione del Veneto, ha al proprio interno del Piano di riordino territoriale.
Su questo, ma giusto per darvi un’idea della complessità, stiamo approvando il Piano di riordino territoriale e, come dicevo prima, il Governo sta decidendo sulle nuove province.
Quindi noi rischiamo, anche da questo punto di vista, di arrivare con un Piano di riordino territoriale che magari è vecchio, perché quello che stileranno all’interno delle Province non lo sa ancora nessuno.
Quindi credo con anche attenzione, rispetto all’evoluzione di un tema delicato, come quello delle Province e del riordino del TUEL (degli Enti locali), oggi intanto diamo questa possibilità a quei Comuni che hanno creduto in processi di fusione di andare con una norma più aderente alla realtà e al risultato che speriamo di poter conseguire. Poi, naturalmente, siamo qui ad ascoltare tutti e cercare di migliorare il più possibile anche il Piano di riordino territoriale e la forma degli ATS che, insieme con l’assessore Lanzarin stiamo, anzi lei e io per quanto riguarda la parte finanziaria, stiamo cercando di portare all’attenzione del Consiglio regionale che fra qualche settimana inizierà il suo percorso definitivo di approvazione. Grazie.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie a lei.
Siamo ancora sull’emendamento 12 della Giunta regionale.
Non ci sono altre richieste di intervento. Quindi lo metto in votazione. Parere favorevole del relatore.
È aperta la votazione.
Chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
Metto in votazione l’articolo 12, così come modificato.
È aperta la votazione.
È chiusa la votazione.
Il Consiglio approva.
Articolo 13.
È aperta la votazione.
È chiusa la votazione.
È approvato l’articolo 13.
Siamo all’articolo 14.
È aperta la votazione.
È chiusa la votazione.
È approvato.
C’è un ordine del giorno, il n. 13, della collega Camani ed altri: “Rivedere la delimitazione geografica e il numero degli ATS”.
Collega Camani, prego.
Speaker : Vanessa CAMANI (Partito Democratico Veneto)
Grazie, Presidente. Molto rapidamente. Abbiamo cercato di mettere in evidenza, nel corso del dibattito, quanto a nostro giudizio, proprio perché il Piano abbia coerenza, abbia capacità di impattare, abbia efficacia anche nella costruzione di ambiti che non siano solo teorici, ma siano anche concreti, la dimostrazione di avere una volontà di calare realmente sul territorio e la definizione di questi ATS, che al netto delle indicazioni di massima date nella proposta della Giunta, e cioè di farle coincidere con l’ex ULSS, è importante poi verificare se e come quel dimensionamento corrisponda oggi alle necessità concrete di quei territori. Quindi, con questo ordine del giorno chiediamo alla Giunta un impegno formale per rivedere la delimitazione geografica attuale degli ATS nel rispetto dell’omogeneità territoriale dimensionale, tenendo nella dovuta considerazione le richieste che da molti territori stanno emergendo e valutando anche la possibilità, qualora ne emergano le opportunità, di incrementare il numero degli ATS previsti.
Questa è una richiesta che noi facciamo, sapendo perfettamente che dalla definizione degli ATS passerà non soltanto la definizione delle nuove politiche sociali, ma anche, a nostro giudizio, potrebbero diventare l’ambito omogeneo per la definizione di una serie di funzioni che i Comuni dovranno necessariamente essere indirizzati a svolgere quanto più possibile in forma associata. Proprio per questo riteniamo strategica la definizione precisa territoriale delle ATS e chiediamo alla Giunta un impegno in questa direzione.
Speaker : PRESIDENTE
Per la Giunta interviene l’assessore Lanzarin.
Speaker : Ass.ra Manuela LANZARIN
Molto velocemente. L’ordine del giorno, anche confrontandomi con il collega Calzavara, sarà accettato perché è proprio la direzione su cui ci stiamo muovendo e che è emersa anche nelle discussioni che ci sono state e anche nelle interlocuzioni che noi abbiamo avuto sia in fase di audizione sia dopo.
È chiaro che voi sapete perché oggi siamo partiti da 21 ambiti, qual è stata la ratio dei 21 ambiti che ci ha accompagnati dal primo Piano povertà 2018 in poi, che è stata ed è oggi la dimensione su cui si è appoggiata tutta la Missione 5 del PNRR. È chiaro, ed è